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TRADIZIONI ARBĖRESHE

I caratteri di usanze e tradizioni, come la Gjitonia, i riti del Battesimo, del Matrimonio, della Commemorazione dei defunti, della Settimana Santa, della Vallja esprimono l'identitą arbėreshe.


La gjitonia, č il vicinato, non solo lo spiazzo, lo spazio fisico antistante le abitazioni in cui si snodano i rapporti comunitari, con le loro valenze di aggregazione e solidarietą, fortemente espressive: i riti religiosi della Settimana Santa, le usanze legate a nascite, matrimoni e funerali, le feste del Carnevale, con i suoi rituali culturali ancora intrisi di simbologie pagane. La gjitonia, come piazzetta, spazio di partecipazione e incontro tra culture, metafora di dialogo. Č l’elemento di raccordo tra famiglia e comunitą.

Ed insieme alla “vatra”, il focolare domestico, alla "mikpritia", l'ospitalitą, alla "besa", il rispetto della parola data, ed alla “vėllamja” il legame di fratellanza che va al di lą della stessa consanguineitą, rappresenta gli elementi fondanti dell’identitą arbėreshe.

Il rito della vellamja richiama il tradizionale pranzo consumato tutti insieme il Lunedģ dopo Pasqua, portando con sč un importante significato etnico.

Spezzano anni '50

  

Frascineto 1965 - gjitonia - via Pollino

 

 

Si lavora al telaio nello spiazzo (ka Rahji) a Frascineto (1965)

 

 

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I Sacramenti dell’iniziazione, Battesimo, Cresima ed Eucaristia, vengono somministrati nello stesso giorno, come avveniva nelle prime comunitą cristiane.

Il rito del Battesimo si apre con i canti dell'iniziazione: "Ndrikulla-kumbari o Ndrikulla-Nuni", mentre il papąs, dopo aver introdotto i genitori ("prindet") e tutti i parenti ("gjirit") alla liturgia bizantina con le litanie diaconali, benedice l'acqua e l'olio, con tre segni di croce sulla "Kolinvithra" e con una triplice alitazione. Poi il papas invita i testimoni a porgergli il bambino, completamente nudo, perché possa immergerlo per tre volte nel bagno "di purificazione" dal peccato originale.

  

Un battesimo in rito bizantino

Il rito del Matrimonio nella tradizione bizantina comprende due parti: Il Fidanzamento e l'Incoronazione, che anticamente venivano celebrati anche separati. L'ufficiatura del Fidanzamento "Akoluthģa tu Arrąvonos" č caratterizzata dalla promessa di matrimonio che si fa all'ingresso della chiesa dinanzi al sacerdote.

Il rito dell' Incoronazione "Akoluthģa tu Stefanņmatos" prevede che i due sposi vengano incoronati prima dal sacerdote e poi dai testimoni, incrociando sulle loro teste le corone di fiori.

 

 

 

Un matrimonio celebrato a Frascineto nel 2004 con rito bizantino

 

Dopo l'incoronazione il sacerdote offre agli sposi da bere del vino e da mangiare un biscotto. Il calice dal quale gli sposi hanno bevuto viene infranto, simboleggiando cosi che nessuno puņ interferire nella loro unione matrimoniale. Poi girano insieme per tre volte intorno all'altare.

  

 

 

 

 

 

   

La commemorazione dei defunti per gli arbėreshė č legata al calendario liturgico bizantino e si celebra nella giornata del sabato precedente la prima domenica di Carnevale. In questa giornata la collettivitą sente forte il legame con i morti ed esprime momenti di aggregazione sociale con l’offerta del cibo.

Secondo la tradizione, i defunti ottengono dal redentore il privilegio di tornare tra i vivi e di restarvi per otto giorni; al termine di questo periodo, al triste suono delle campane, ritornano nell'oltretomba, consolati dal banchetto funebre, per la perdita dei congiunti.  

Banchetto tra le tombe a San Demetrio C.

 

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I riti della Settimana Santa

“Java e Madhe” arbėreshe, la grande e santa settimana inizia la domenica delle palme e si distingue per la solennitą delle funzioni liturgiche.

Dal lunedģ al mercoledģ si celebra la funzione del Cristo Sposo (akoluthģa tł Ninfiou).

Il Giovedģ santo al mattino si celebra la Liturgia di S. Basilio il Grande ed alla sera ha luogo l’Ufficiatura della Passione, costituita da dodici letture tratte dai quattro Vangeli. Al termine della funzione viene allestito il Tąfos (Sepolcro).

Il Sepolcro tradizionalmente veniva preparato, mettendo in un piatto con terra umida chicchi di grano e ceci, gią quaranta giorni prima di Pasqua. Le piantine, rinchiuse al buio nel comodino, germogliavano color paglierino, fino al Giovedģ Santo quando venivano portate in chiesa con gioia e devozione.

Sa tė pres se Krishti ngjallet Sumburkun e bėn vet. Vė koqe grur e qiqra me qoqe krokomelj te njė taljur e i ljagėn njera ēė ēilj delj. Kat shtie ku nėng ė drit pa ngjir e jo si bar pse nėn ė Krishti i vdekur, ė Zoti Krisht i vrar. Kur e sillnjėn mbė qish e bėnjėn me ngulli e kush ka divucjon e bėn i madhė si di.  

L'Epitafios nella Chiesa dell'Assunta a Frascineto

 

 

Un piatto portato dai fedeli nella Chiesa dell'Assunta a Civita

 

Il Venerdģ santo c’č la recita delle Grandi Ore e il canto degli "Enkņmia", le lamentazioni davanti all'Epitąfios, la di Gesł, ossia la vita nel Sepolcro.

Inizia il canto delle Kalimere che accompagna la processione per le strade del paese.

La Kaljimera, che in greco significa “Buon Giorno”, č una poesia sacra della tradizione orale arbėreshe che racconta l’avvenimento festivo che si celebra. I canti corali in greco della Settimana Santa, secondo il rito bizantino, narrano la passione di Cristo, coinvolgono tutta la comunitą.

 

Un gruppo di fedeli canta gli Enkomia, il lamento funebre alla tomba di Cristo

 

Durante la terza stąsis degli Enkņmia, si ha l'aspersione del profumo sui fedeli da parte del sacerdote, come le Donne Mirofņre cosparsero il Corpo di Cristo.

 

 

 

Frascineto Chiesa dell'Assunta 2006

Al termine della funzione, si esce in processione con il Tąfos, dopo essere passati sotto l'Epitafios, per indicare il coinvolgimento pieno alla morte e resurrezione di Cristo.

 

I fedeli passano sotto l'Epitafios

Il Sabato Santo il sacerdote sparge per la chiesa foglie d’alloro, preannunciando la vittoria sulla morte e la Resurrezione, che viene proclamata nel giorno di Pasqua, al canto di “Kristņs ančsti” (Cristo č risorto).

 

  

Il pavimento della Chiesa dell'Assunta a Civita cosparso di alloro 

 

La funzione: “ąrate pģlas” (si aprano le porte).

Il sacerdote scuote la porta principale della chiesa con la Croce processionale, per tre volte, intimandone l'apertura, ostacolata dal diavolo (djalli), ripetendo in greco: ąrate pģlas; e quando la porta si spalanca vi entra maestosamente al canto del Kristņs ančsti, indicando il passaggio dall'Ade al Paradiso. La forza del male scompare al suono delle campane, particolarmente toccante, che annuncia la Resurrezione.

Frascineto notte del Sabato santo 2008

 

Il papąs Antonio Bellusci, attorniato dai fedeli

 

scuote con la croce la porta della Chiesa

 

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La vallja

La vallja č una danza popolare, cadenzata, che si esegue cantando in coro un'antica canzone tradizionale arbėreshe, di origini balcaniche. “Valle” (o vagha, altrimenti shoka) in lingua italo-albanese significa danza.

La danza popolare arbėreshe con gli anni č diventata una manifestazione di massa del martedģ di Pasqua per i paesi di rito greco-bizantino e di Carnevale per i paesi di rito latino. E col passare dei secoli in alcune aree si č trasformata a contatto con elementi della danza popolare calabrese, la tarantella.

 A Lungro, a Castroregio ed a Plataci si notano maggiormente i legami con la Tarantella. Gli strumenti musicali usati sono zampogne (surdulina a Lungro e a chiave a Plataci) ed organetti.

Lungro ha un ricco patrimonio vocale e strumentale che manifesta in varie occasioni festive, ancora oggi. L’anima musicale di questo paese si esprime nei “vjershe”, in cui traspare uno stato d’animo malinconico e nostalgico: il sentimento della patria abbandonata, fortemente interiorizzato e divenuto mitico.

 La vallja (il ballo circolare) vede gruppi di donne, negli splendidi e fastosi costumi di gala, disporsi in semicerchio con alle estremitą due cavalieri, corifei, (flamurtarė) con funzione di guida. Procedono, con un’andatura lenta a serpentina, a gruppi di sei o dodici persone, tenendosi legati tra loro da fazzoletti.

La danza termina quando il capofila chiude il cerchio per catturare nel mezzo una persona non appartenente alla comunitą arbėreshe (lėtinijtė), alla quale viene lasciato sul volto un segno con la fuliggine, cosģ viene costretta a pagare da bere a tutto il gruppo.

 In passato questo rituale simboleggiava lo storico conflitto tra le popolazioni albanesi e quelle locali.

L'appassionata e poetica ridda pasquale vuole forse ricordare un'importante vittoria ottenuta dall’eroe albanese Skanderbeg, proprio nell'imminenza di questa festa, sui Turchi il 27 aprile 1467.

 Nella vallja le donne cantano varie rapsodie albanesi, come quella di “Costantino e Jeruntina”; mentre durante la vallja maschile si canta “Skanderbeg una mattina”. 

 La vallja per le popolazioni albanofone, consapevoli della loro dimensione umana, rappresenta qualcosa di pił del semplice folklore o della rievocazione storica; assume il significato di rivendicazione culturale, identitą etnica, in cui le donne, soprattutto, sono le protagoniste.

 Oggi, in alcuni paesi arbėreshė le vallie sono un'occasione per le donne, soprattutto giovani, di indossare i bellissimi vestiti di gala (llambadhor) e per gli uomini il copricapo di lana a forma conica.

gruppo in costume di Civita

 

gruppo in costume di San Benetto Ullano

il costume maschile (fustanella) di S. Benedetto U.

gruppo in costume di Santa Sofia d'Epiro

 

gruppo in costume di Caraffa (CZ)

 

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© pubblicato a luglio 2008

 

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