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PERCORSI MEDITERRANEI
ARBERESHE
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SAN DEMETRIO CORONE
San Demetrio Corone Shėn Mitri.
Gli albanesi vi arrivarono
nel 1471 al seguito del Duca Teodoro Lopez. Č ritenuto
il pił importante centro culturale degli Italo-Albanesi.
Sede del collegio italo albanese "Sant'Adriano", ha rito
greco-bizantino. La lingua č l'albanese.
La sua Frazione:
Macchia Albanese (Maqi).
BENI
CULTURALI:
Il Monastero
di S. Adriano fu fondato intorno al 955 da San
Nilo di Rossano. Il cenobio basiliano alla fine
dell'XI° sec. era stato ceduto dal duca normanno
Ruggero Borsa all'abbazia benedettina di Cava dei
Tirreni, insieme ai suoi ricchi possedimenti. La
popolazione fortemente grecizzata si oppose
all'occupazione benedettina. Poi il normanno nel
1106 tolse ai benedettini di Cava il Sant'Adriano
insieme al S. Antonio di Stridolo di Spezzano, in
cambio di un Casale in Puglia, per riorganizzare le
chiese greche.
Nel 1794, dopo 8
secoli di vita, Ferdinando IV° di Borbone ne decreta
la soppressione e affida i beni del monastero al
Collegio italo-albanese di S. Benedetto Ullano.
Nel tempo fu pił
volte rimaneggiato con restauri privi di organicitą.
Conserva un portale ogivale sormontato da
archetti romanici.
Il campanile
č del XIX secolo.
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L'interno
č affrescato con figure di Santi venerati dalla
Chiesa bizantina, tra cui S. Basilio da Cesarea, S.
Nicola di Mira e S. Gregorio di Nissa. |
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Il pavimento
č magnificamente decorato in "opus sectile", un
disegno realizzato con tasselli di marmo, di forme
svariate (per lo pił romboidale), su 4 lastre di
marmo che rappresentano un serpente a forma
di otto, un leone, un altro
serpente avvolto a spirale ed un altro leone
in lotta con un serpente. Le figure, dal
suggestivo cromatismo, sono resti dell'opera
di esperti di arte "musivaria" dell'XI° sec. |
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TRADIZIONI:
Il rito del
rubare l'acqua (o "passare" l'acqua) si svolgeva
al Sabato Santo, giornata di festa per lannunciata
Resurrezione, dopo la mezzanotte. Secondo la
tradizione, che sopravvive a San Demetrio Corone,
gruppi di donne in silenzio si recano alla fontana
dei monaci del Collegio di S. Adriano a prendere
lacqua (che simboleggia la catarsi liberatrice)
insediate dagli uomini che le pungono con forconi
per spingerle a rompere il silenzio. E dopo aver
rubato lacqua, si rompe il silenzio e si raggiunge
il sagrato della Chiesa Madre dove comincia ad
ardere un grande falņ "Qeradonulla". Acqua e fuoco,
simboli di purificazione, caratterizzano questi
antichi riti che, tra sacro e profano, evidenziano
lidentitą arbėreshe.
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La
commemorazione dei defunti
A San Demetrio
ancora oggi č viva la tradizione di recarsi in
processione al cimitero e, dopo la benedizione
(Trisaghion), consumare cibi e bevande sulle tombe.
Un gruppo di uomini, di solito, si dispone in
cerchio intorno alla tomba e, dopo aver versato un
bicchiere di vino su di essa, dicendo: pėr shpirtin
e tij, beve e mangia, in memoria del defunto. Nelle
case si usa ancora tenere una candela accesa
(simbolo dellimmortalitą dellanima) sulla tavola
imbandita con due pani, un piatto di grano bollito
ed una bottiglia di vino che, dopo la benedizione
del sacerdote, vengono offerti per lanima dei
morti. La tradizione dellelemosina per i morti,
come i banchetti tra le tombe e le (panaghje) mense
apparecchiate con piatti di grano bollito, vino e
pane, richiama le Antesterie in onore di Dioniso.
Nei tempi
passati in tutti i paesi albanesi i ragazzi giravano
di casa in casa per chiedere lelemosina per le
anime del Purgatorio. Nonostante i tempi di
crisi e di povertą, ognuno offriva ciņ che aveva:
fichi secchi, pane, salame, formaggio, noci e olive;
ed i ragazzi erano contenti.
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Ljimozėna e bėnė pėr shpirtin: nga katund arbėresh
kish kėt tradita. Cik e cik u buar ka shumė mot.
Fėrmozė e bėjėn ēė kur me kungullin i mbrazėt si
bėhet sot ktu e ktje Hallowen me kungullin, aq gaze
e pjot harė.
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Il Carnevale arbėresh
conserva i caratteri delle antiche feste primaverili
pagane (i Saturnali) e delle tradizioni della
societą rurale del passato. In questa festivitą
agraria di espiazione e rinnovamento č rimasta la
tradizione del funerale di re carnevale e del falņ
del fantoccio che si porta via tutti i mali. Era la
festa che consacrava l'uguaglianza, il contatto
libero tra le persone, senza differenza di
condizioni sociali, economiche e familiari. Cosģ, il
povero diventava ricco, il contadino era il nobile,
gli uomini si travestivano da donne, i giovani da
vecchi e nel ribaltare i ruoli stava il maggiore
divertimento. Il martedģ grasso la festa culminava
con la notte dei diavoli, maschere coperte di pelli
di capra e campanacci che incutevano paura e
facevano razzģe di salumi e vino, con cui si
abbuffavano prima della Quaresima. |
Carnevale di zu Nicola
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La tradizione
dei diavoli di S. Demetrio č molto antica.
Giovani con il volto tinto di nero, con in testa
corna di bue e vestiti di pelli di capra, girano per
le strade del paese facendo fracasso con campanacci.
Bussano alle case ed entrano allimprovviso, facendo
razzie di salumi e vino. Sono temuti da tutti nella
serata del martedģ grasso. Il mercoledģ delle
ceneri, finiti i bagordi, si celebra il funerale di
zu Nicola, che porta con sč tutti i mali.
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Kanė faqen
e pitartur e kuqe e e zezė, sipėr kocės sillnjėn di
bri kau e ngrah kanė pėr mandjel ljkurėn e dhisė. I
viret kten e atej nj katinė e gjatė ēė bėn ēiromė
me kėmborėn ēė sillnjėn ngrah. Shtrėmbonjėn vet ti
ruaē ata djel pisje e ven tue gjetur vet tė ngrėn e
verė. ēė marrnjėn ku do hinjėn pa ēi thėrret.
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