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PERCORSI MEDITERRANEI
ARBERESHE
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LUNGRO
Ungra
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Il borgo, menzionato nel
1272 col nome di Lugrium, era già noto nel Medioevo per le
sue miniere di salgemma, un giacimento antichissimo,
sfruttato sin dall’epoca romana. Il Casale fu popolato
sin dal 1486 da
albanesi, che per secoli
difesero la loro
etnia e principalmente la loro religiosità.
Oggi è considerata la
capitale religiosa degli
italo-albanesi ed è sede dell'Eparchia, il
Vescovado di rito
greco-bizantino,
con giurisdizione su tutte le parrocchie albanesi
dell'Italia meridionale. La
diocesi, come
circoscrizione ecclesiastica autonoma,
fu creata nel 1911 dal
Papa Benedetto XV. Il rito è greco-bizantino-albanese,
la lingua parlata è l'albanese.
BENI CULTURALI:
La chiesa di San
Nicola di Mira,
in stile romanico-barocco, fu eretta nel 1721 su una
precedente costruzione medioevale. Ultimata nel
1825, è stata elevata a cattedrale nel 1919. La
facciata è stata completata in forme neoclassiche
nel 1922, con gruppi di lesene. Al suo interno si
ammira la splendida iconostasi, eseguita da Conti
nel 1840. Sulla volta sono dipinte scene dell’Antico
Testamento, opera di pittori napoletani
dell’Ottocento.
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Sullo sfondo
dell'altare, nella calotta centrale dell'abside, vi
è un mosaico di stile bizantino, in oro, di 80 mq,
eseguito dal prof. Augusto Ranocchi nel 1982, e
raffigurante la Madonna col Bambino;
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nella volta della
cupola centrale, è rappresentato il Cristo
Pantocrator di mq 126.
Ai lati del Cristo
Onnipotente è raffigurata la Madonna col Bambino e
San Giovanni Battista, sul lato sinistro.
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Pitture sulla vita
di Gesù si trovano sulle pareti della navata
laterale destra, e sulla vita di S. Nicola sulle
pareti della navata laterale sinistra. La chiesa
custodisce una statua di San Nicola del ‘600;
in sagrestia un
affresco di stile bizantino del 1547, la “Parasceve”
(dal greco "preparazione"), ed una tavola
ottocentesca raffigurante Santa Maria dell’Alto
tra due angeli.
La Cappella
della Concezione o della Madonna di
Costantinopoli conserva i resti di un
affresco della fine del XVI secolo, raffigurante la
Madonna in trono, e un soffitto a cassettoni in
legno dorato.
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La miniera di
salgemma negli anni '40
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I minatori alla
fine dell'Ottocento
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TRADIZIONI:
La festa di
San Nicola è molto sentita dal popolo, che
conserva i suoi riti radicati ed inattaccabili.
Anticamente si svolgeva per tre giorni, con messe
solenni in cui venivano dispensati pani benedetti e
accendendo enormi falò. In ogni quartiere si faceva
la questua della legna per preparare il fuoco
devozionale intorno a cui si riuniva molta gente; e
quando la legna finiva di ardere ognuno prendeva un
pugnetto di cenere da portare a casa e conservare,
come segno bene augurale.
Kjo festë
bëhet nga vit e tek e ljurtmja mbrëma gjithparu
shihet dritë. Është drita çë bën fanòi te më se një
gjitoni me drunjet çë mbjodh kush vate tue i ljipur
shpi e shpi. Ma ka fanoj kur shuhet ti e di se nga
njeri ka të marr për divucjon një grushtariq me hi.
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Il rito del
falò (fanòi) - La festa di S. Nicola a Lungro
affonda le radici in tempi molto antichi in cui le
credenze popolari legate al fuoco, all’acqua, agli
elementi naturali, derivate da riti pagani, si
fondono con la tradizione religiosa cristiana. È
l’espressione del sentire religioso del popolo nel
quale, attraverso i secoli, la fede, molto radicata,
è il risultato di un miscuglio di credenze pagane,
di rituali paleocristiani, di riti di propiziazione,
che testimoniano, soprattutto nei tempi passati, la
necessità di affidarsi al trascendente per poter
affrontare le difficoltà della vita. La funzione
purificatrice e beneaugurale che si estrinseca
attraverso il falò sembra essere l'elemento comune e
ricorrente a quasi tutte le feste del fuoco. Al
potere distruttivo e purificatorio delle fiamme un
tempo venivano attribuiti significati di speranza
per buoni raccolti dei prodotti della terra, di
rigenerazione e di rinascita, mentre il rito del
fuoco continuava a rappresentare il momento del
passaggio tra ciò che doveva aver fine (l’inverno) e
ciò che doveva rinascere (la primavera). La
tradizione religiosa, intrisa di elementi
devozionali e anche di folclore, ha nell’aspetto
sociale la più alta espressione di identità
culturale. |
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