Centro cultura e arte 26 - ricerca antropologica etnofotografica e promozione culturale

   mappa del sito  

   contatti  

   link  

sei in

EDITORIALI 

Arte pag. 3


Arte

Dialetto

 Etnie

Letteratura

Costume

indice editoriali

 

    Editoriali, recensioni e saggi di arte

 4 >

 3 >

 2 >

 1 >


pubblicato il 16 gennaio 2011

Sant’Agostino di Mattia Preti alla Galleria Nazionale di Cosenza - Palazzo Arnone

Ancora un dipinto di Mattia Preti nella Galleria Nazionale di Cosenza.

La pregevole raccolta si arricchisce di una nuova, importante acquisizione portata a felice compimento dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, su proposta avanzata fin dal 2008 dal Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, Fabio De Chirico.

La tela raffigura Sant’Agostino, assorto nello studio, mentre interrompe la scrittura per volgere lo sguardo attento verso l’osservatore. L’immagine, isolata nel buio dello sfondo, è illuminata con rapidi tocchi. L’analisi introspettiva del volto e l’accurata descrizione dell’abito vescovile conferiscono all’anziana figura l’autorevole dignità di dottore della Chiesa.

Il dipinto potrebbe risalire al primo periodo maltese, fase artistica che vide il Cavalier Calabrese meditare attorno a suoi precedenti lavori, per sperimentare, con l’ausilio della bottega, inedite sintesi stilistiche.

L’opera sarà sottoposta ad indagini diagnostiche e delicati interventi conservativi al termine dei quali andrà ad aggiungersi alla prestigiosa quadreria di Palazzo Arnone, trovando definitiva collocazione negli spazi espositivi dedicati al Maestro calabrese.

 

Scheda critica

 

Autore:            Mattia Preti detto il Cavalier Calabrese (attr.)  (Taverna 1613 - La Valletta 1699)

Soggetto:         Sant’Agostino

Materia:           olio su tela

Dimensioni:     cm. 187,5 x 133,5

Datazione:       sec. XVII (sesto decennio)

 

Il dipinto non è firmato né datato. Il soggetto replica, con varianti, il Sant’Agostino dell’Abbazia di Montecassino, già assegnato dalla Utili (1989) all’attività del Preti del sesto decennio.

Secondo il giudizio di Spike (1999, p. 387-388) l’attribuzione al Calabrese e la datazione dell’opera di Montecassino ancora necessitano di una definitiva conferma in quanto, trattandosi di una copia da un dipinto probabilmente eseguito da Claude Vignon a Roma tra il 1617 ed il 1624, <se fosse dipinta da Preti, sarebbe stato in via di un esercizio giovanile d’ammaestramento> (p. 387) e dunque se ne dovrebbe ipotizzare una anticipata realizzazione.

 

Il dipinto di Montecassino, rielaborando le invenzioni di Vignon, tratte da Les quatre pères de l’Eglise latine a Roma, presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù e dall’Apostolo San Paolo nella Galleria Sabauda a Torino, presenta Sant’Agostino, intento allo studio, mentre interrompe la scrittura per volgersi verso l’osservatore; l’analisi introspettiva del santo, più incisiva di quella condotta da Vignon, insieme alla descrizione accurata dell’abito vescovile, conferiscono al soggetto raffigurato l’autorevole dignità di dottore della Chiesa. Spike informa che una copia della tela di Montecassino è a Dublino, presso la National Gallery of Ireland (1999, p. 388).   

 

Il dipinto romano ripropone sant’Agostino, in uguale atteggiamento; il volto, raffigurato di tre quarti, mostra gli stessi intensi tratti somatici, più volte rappresentati dal Preti. La tela presenta dimensioni maggiori rispetto al dipinto di Montecassino, pertanto risulta ampliata la struttura compositiva ai lati del Santo. Il busto, isolato nel buio dello sfondo, è collocato ad una maggiore distanza dal limite superiore della tela  e ciò conferisce all’immagine un maggior respiro. Gli effetti della fonte di luce proveniente dall’alto a sinistra sono resi sull’incarnato, sulle vesti, sugli oggetti con rapidi tocchi. 

 

Potrebbe trattarsi di uno studio compiuto dal Preti nel primo periodo maltese; dalla seconda metà del sesto decennio, probabilmente il Calabrese era tornato a meditare su precedenti lavori, avvalendosi di aiuti di bottega, per sperimentare inedite sintesi.

Gli inventari di collezioni storiche rivelano che la rappresentazione a figura singola di un santo vescovo fu più volte replicata dal Preti. Citati dal Getty Provenance Index sono un <Santo Vescovo del Cavalier Calabrese, in tela d’imper.[ato] re per alto>, presente nell’inventario dei beni di Caterina Chellini (Roma 1687) con altri dieci quadri del Preti, diciassette del fratello Gregorio e sette di Giacinto Brandi ed un dipinto con Sant’Agostino, insieme ad un altro con Sant’Ambrogio, citato nell’inventario dei beni della  nobile fiamminga Grunemberg Maria Gaetana (Napoli 1728).

 

 

Ufficio stampa: Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria

Silvio Rubens Vivone – Patrizia Carravetta 

Tel.:  0984 795639 fax  0984 71246

E-mail: sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it

 

inizio pagina

pubblicato il 21 Settembre 2010

MOSTRA di SPLENDORI SACRI

TESORI DELLA DIOCESI DI MILETO-NICOTERA-TROPEA

 

MUSEO STATALE DI MILETO (VV)

dal   26 Settembre2010     al   9 Gennaio 2011

 

Sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, la mostra organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, con il coordinamento scientifico di Fabio De Chirico e la cura di Rosanna Caputo, presenta una significativa selezione di argenti sacri - dalla prima metà del Trecento all’Ottocento - custoditi nelle chiese e nei musei della diocesi.  

Fra le opere più interessanti si segnalano le croci astili  di Gerocarne, di Pizzoni e di Motta Filocastro.

Altri straordinari manufatti in mostra, il Riccio di bacolo pastorale di Tropea e il Turibolo di Mileto, concorrono a definire i portati culturali ed artistici della Chiesa calabrese in età aragonese ed il rapporto privilegiato dell’alto clero con le più aggiornate botteghe della capitale.

Numerose sono le opere  provenienti da Napoli presenti nel territorio della diocesi che fungono da modelli di riferimento per gli argentieri locali che dimostrano, in tal modo, di conoscere e assimilare lo stile dominante nella capitale.

Di assoluto rilievo le sculture in bronzo dorato di Cosimo Fanzago, realizzate per il ciborio della Certosa di Serra San Bruno, smembrato a seguito del terremoto del 1783, presentate in questa mostra dopo un delicato intervento di restauro.

Arricchiscono l’esposizione le sculture raffiguranti Santa Domenica del 1738 di Gaetano e Nicola Avellino, rinomati argentieri napoletani; San Nicola, realizzato da Nicola De Blasio tra il 1741 e il 1747 e San Fortunato martire di Gennaro Pane, argentiere napoletano tra i più noti, attivo tra il 1835 e il 1878.

Il forte legame della Calabria con Napoli è documentato ancora da una cospicua serie di opere, dal Tronetto e dagli Ostensori monumentali di Tropea e  Nicotera ai preziosi arredi sacri firmati da artisti quali Nicola Cangiani, Giuseppe e Gennaro Del Giudice e Giovan Battista d’Aula, attestati a Napoli tra il 1686 e il 1804. 

Rilevanti, inoltre, sono i manufatti d’arte orafa realizzati a Malta e a Messina, che testimoniano il variegato gusto della committenza ecclesiastica locale e l’abilità tecnica e stilistica degli artefici isolani.

Completa la rassegna un’importante sezione, a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Reggio Calabria e di Vibo Valentia, costituita da pannelli illustrativi delle chiese e dei complessi monumentali da cui provengono le opere esposte, architetture tra le più notevoli del territorio della provincia di Vibo Valentia, quali le Cattedrali di Mileto, Nicotera e Tropea, la Certosa di Serra San Bruno, il complesso conventuale di San Domenico a Soriano, la chiesa di San Leoluca a  Vibo Valentia, unitamente ad alcuni esempi “minori”, in genere poco noti, che restituiscono un quadro significativo dell’architettura chiesastica della provincia di Vibo Valentia.

Il criterio espositivo ha inteso favorire la piena fruibilità delle opere e la corretta lettura delle stesse privilegiando un ordinamento per tipologia di manufatti.

L’allestimento nasce, invece, dall’esigenza di ottimizzare gli spazi valorizzando appieno le opere; difatti, la dominanza assoluta del nero utilizzato nella pannellistica, nella pavimentazione e nei supporti, fa da contrappunto ai lucidi toni freddi del metallo ed evidenzia le forme, i volumi e le raffinate tecniche di lavorazione dei manufatti esposti.

Riccio di bacolo pastorale

 argentiere meridionale, sec. XV  -  Tropea (VV), Museo diocesano

 

Coppia di Corone - Madonna delle Grazie

argentiere messinese, sec. XVII - Nicotera (VV), Museo diocesano

 

San Nicola di Bari

Nicola De Blasio - (Napoli doc. dal 1729 al 1751), secolo XVIII

Mileto (VV) Museo Statale

 

San Fortunato martire

Gennaro Pane -  (Napoli, doc. dal 1850 al 1878), dat. 1877

Mileto (VV), Museo Statale

 

Ostensorio raggiato con fusto figurato (detto “Ostensorio del Capitolo” )

Biagio Giordano - (Napoli, doc. dal 1770 al 1795), dat. 1794

Nicotera (VV), Museo diocesano

Angelo generale (lato dex)

 

Angelo generale (retro)

 

Putto 2 generale (fronte)

 

San Lorenzo generale (fronte)

 

San Ugo generale (fronte)

 

 Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria

Soprintendente: Fabio De Chirico

 

Ufficio stampa: Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria

Silvio Rubens Vivone – Patrizia Carravetta 

Tel.:  0984 795639 fax  0984 71246

E-mail: sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it

 

inizio pagina

pubblicato il 5 Settembre 2010

LA NATIVITA’ DI PIETRO BERNINI AD AMANTEA

 

Lo storico dell'arte Mario Panarello  ha recentemente rinvenuto in una dimora privata il prezioso frammento della testa della Vergine appartenente alla pala marmorea di Pietro Bernini, raffigurante La Natività, conservata nell'Oratorio dei Nobili di Amantea, di cui si erano perse le tracce.

Il riconoscimento avvenuto su base stilistica è stato comprovato dal combaciare del brano con la parte mutila dell'altorilievo.

L'opera, databile agli ultimi anni del Cinquecento rappresenta, nella produzione dello scultore toscano, padre del più famoso Gian Lorenzo, l'unico altorilievo presente in Calabria.

Ascrivibile al periodo giovanile dell’artista documenta una notevole abilità tecnica e un’intensa capacità espressiva in un linguaggio già definito, che connota l'autore come uno dei più importanti scultori della tarda maniera.

Questo straordinario ritrovamento rappresenta un prezioso tassello che suggella l'attività della Soprintendenza per i  Beni Storici,  Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, diretta da Fabio De Chirico.

 

E’ stato restituito alla pubblica fruizione il frammento di un’opera d’arte di eccezionale rilevanza.

L’altorilievo raffigurante La Natività (marmo statuario 150X100 cm. ca.), posto sull’altare maggiore dell’Oratorio dei Nobili di Amantea è un’importante opera della cultura tardo cinquecentesca in Calabria.

Nell’Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, II, Calabria, pubblicato nel 1933, Alfonso Frangipane attribuisce l’opera ad uno scultore messinese, proponendo il nome di Rinaldo Bonanno. Lo studioso lamentava la perdita di molti dettagli causati dalla furia distruttrice delle truppe napoleoniche che invasero nel 1807 il complesso francescano di San Bernardino e l’oratorio annesso. In particolare la scomparsa della testa della Vergine privava l’altorilievo di un elemento fondamentale per la sua lettura.

L’opera è stata attribuita da Alessandra Migliorato a Pietro Bernini (Tra Messina e Napoli: La scultura del Cinquecento in Calabria da Giovan Battista Mazzolo a Pietro Bernini, Società editrice messinese di storia patria, Messina 2000, pp. 99-112) e, accettata dalla critica successiva, è stata accolta nell’imponente monografia dedicata allo scultore da Hans-Ulrick Kessler (Pietro Bernini (1562-1629), Hirmer Verlag GmbH, München 2005, p. 272).

 

L’altorilievo, sul quale ancora non si è rinvenuto alcun documento specifico, si daterebbe intorno al 1592, anno di edificazione dell’Oratorio del Nobili. Per convalidare l’attribuzione gli studi hanno proposto confronti con le opere di Morano Calabro, come la Santa Lucia e Santa Casterina d’Alessandria, il Tabernacolo affiancato da Angeli oranti per la chiesa conventuale di Colloreto e con le più tarde statue dei Santi Pietro e Paolo per la chiesa collegiata di Morano.

Il rinvenimento presso una dimora privata del capo della Vergine, di cui da più di due secoli si erano perse le tracce, si deve allo storico dell’arte, il calabrese Mario Panarello. Il riconoscimento avvenuto su base stilistica è stato poi comprovato dal perfetto combaciare del pezzo marmoreo rinvenuto con la parte mutila dell’altorilievo. In tal modo si è resa possibile una migliore lettura de La Natività, visto che il capo della Vergine, assorta nella contemplazione del Figlio, costituisce uno dei fulcri dell’opera.

 

Dal punto di vista compositivo l’altorilievo si presenta come una delle più complesse realizzazioni del periodo giovanile di Pietro Bernini, che dalla natia Sesto Fiorentino si trasferì nel 1584 circa a Napoli. L’opera attesta una notevole abilità tecnica e capacità espressiva mostrando un linguaggio già definito che qualifica l’artista come uno dei più importanti scultori della tarda maniera, sensibile, attento ed aggiornato anche a ciò che si andava elaborando in pittura. Ciò dimostra anche quanto la Calabria fosse recettiva alle novità del momento.

 

Pietro Bernini, formatosi sotto Rodolfo Sirigatti, avrebbe prima soggiornato a Roma e poi si sarebbe trasferito a Napoli. I primi lavori, eseguiti per Giovanni Antonio Carafa, ancora non identificati, risalgono al 1589. Sono documentate al 1591 le già menzionate statue di Morano Calabro ed il tabernacolo per la chiesa di Santa Maria di Colloreto che costituiscono le prime opere note dell’artista. Queste, tuttavia, non furono le uniche, ma aprirono la strada ad altre commissioni calabresi, come l’Immacolata nella chiesa di san Leone a Saracena dove pure si trova una Madonna delle Grazie - esemplata su un prototipo di Benedetto da Maiano sfruttato da Antonello Gagini - già nella locale chiesa dei Cappuccini. Importante, inoltre, la Santa Lucia nella chiesa dei francescani di Polistena, mentre le identificazioni più recenti del San Giovanni di Gerace e di una copia del Laocoonte del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, accrescono il catalogo di Pietro Bernini ed il numero di opere calabresi.

 

Note sullo stato di conservazione e restauro:

 

La testa della Madonna è certamente pertinente al rilievo de La Natività di Pietro Bernini. Spezzata di netto all’altezza del collo, presentava al centro dello stesso  un piccolo foro di circa 1 cm di diametro e profondo circa 5 cm, praticato per collocare il manufatto su una base a fini espositivi. La porzione di naso mancante è stata ricostruita da mani esperte, con gesso e polvere di marmo. La testa comunque si trovava al momento della donazione in buono stato di conservazione, con le superfici  pulite e cerate. Al fine di un suo corretto riposizionamento è stato eseguito un attento studio con un rilievo 3d finalizzato alla riutilizzazione del foro esistente nella testa per non creare ulteriori traumi al manufatto. Tale soluzione non è stata praticabile in quanto la Madonna è reclinata in avanti, in atto di adorazione del Bambino.

 

Dopo una attenta documentazione fotografica e grafica si è proceduto all’applicazione di un perno in vetroresina di 8 mm di diametro, dopo aver applicato sulle superfici uno strato di paraloid B72  molto concentrato, al fine di creare uno strato di sacrificio tra le superfici originali e la resina epossidica UHU-Plus usata per fissare il frammento. Non sono state eseguite stuccature di sorta in quanto il manufatto presenta numerose lacune provocate dall’atto vandalico coevo alla decapitazione della Madonna. Il rilievo è stato oggetto di un intervento di restauro eseguito in tempi imprecisati, durante il quale l’uso di sostanze aggressive ha in molti punti sbiancato le superfici, lasciando intravedere “la pelle” originale del rilievo solo nei sottosquadri, zone risparmiate alla pulitura. Le superfici sulle quali è stata applicata in passato uno strato di cera, si presentano omogeneamente lucide non rispettando i passaggi chiaroscurali  creati dall’artista. Dopo la ricollocazione del frammento sarà necessario mettere a punto un intervento conservativo finalizzato a riportare La Natività a quanto espresso dall’artista, senza sovrapposizioni o interpretazioni cui sono soggetti molto spesso i rilievi marmorei.

 

 

Ufficio stampa: Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria

Silvio Rubens Vivone – Patrizia Carravetta 

Tel.:  0984 795639 fax  0984 71246

E-mail: sbsae-cal.ufficiostampa@beniculturali.it

 

inizio pagina

 

 4 >

 3 >

 2 >

 1 >

 

©  Copyrigth 2005 - 2013  Tutti i diritti riservati - Centro Arte e Cultura 26 ( C.F:94001680787 )

Associazione culturale di ricerca antropologica etnofotografica fondata da Maria Zanoni nel 1978