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EDITORIALI
Etnie pag.
5
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editoriali,
recensioni e saggi su Etnie
le minoranze
etnico-linguistiche storiche in Italia
Etnie di Calabria
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pubblicato il
15 Ottobre 2013
PĄRĖ GJIRIU E PRĄNA GJITONI
di Atanasio Pizzi
Oltre
ai riferimenti della Bagliva, prima forma di governo
e alla Kagliva, prima forma elementare di
architettura minore, nella trattazione degli ambiti sociali
delle comunitą arbėreshė ciņ che non č portato in auge č il
legame del parentado, gjirith; il vero baluardo dellereditą
consuetudinaria.
Č noto a
tutti che le famiglie albanesi quando giunsero in Italia o
in quello che sindividua come il regno di Napoli, avesse
come unico riferimento il modello di famiglia allargata.
Nonostante
la storia ci fornisce questa certezza, per la quale gli
arbėreshe hanno potuto attecchire in tutti gli insediamenti
ancora oggi esistenti, essa non č ritenuta prioritaria
rispetto ad altri alloctoni aspetti, facendo emergere
letnia arbėreshė come una minoranza priva di riferimenti;
anche se in contrapposizione a ciņ si annovera continuamente
la frase il sangue sparso non č stato dimenticato.
Č dal XIX
secolo che la gjitonia č stata portata in auge,
assoggettandola agli albanesi come proprio, nonostante gli
arbėreshė sidentificassero molto di pił nei canoni della
famiglia.
Ritengo
che prima di adoperarsi e dare un significato storiografico
allaspetto sociale della
gjitonia,
sarebbe meglio soffermarsi sullantico legame parentale
detto Gjirith, in quanto la gjitonia rappresenta proprio la
frammentazione del nucleo originario della famiglia
allargata.
Sorvolare
su questo aspetto si omette un intervallo storico di un
secolo e pił, in quanto il parente, gjiriu,
rappresenta l'antico ceppo importato dai monti Balcani, di
contro il vicino, gjitoni č un'acquisizione
mediterranea gią diffusa nelle colline meridionali.
Gjiriu č
prioritario su tutte le pieghe sociali degli arbėreshė,
rappresenta il singolo che
č
consapevole di essere l'anello insostituibile della catena
parentale, per la quale vive ed
opera,
fornendo la linfa vitale alla solidissima tradizione
oral-consuetudinaria, riconducibile al significato della BESA.
Quattro
lettere che avvolgono in realtą una moltitudine di
significati, riferimento e certezza del gruppo familiare
secondo antichi dettami del ceppo albanofono.
Ancora
oggi, allinterno di un gruppo, quando bisogna assumersi una
responsabilitą, in mancanza di un rappresentante
carismatico, si chiama il parente pił prossimo a fare la
vece.
Ritengo
che attribuire alla gjitonia il significato identificativo
dello spazio antropizzato delle
comunitą
arbėreshė č errato, in quanto essa rappresenta proprio il
trapasso del modello di famiglia allargato, in
famiglia urbana, solo in questo momento viene accolta e
fatta propria negli ambiti minoritari, ma č storicamente
dimostrato che era gią modello sub urbano mediterraneo.
La
gjitonia č un ripiego sociale cui gli albanofoni si
dovettero affidare per meno danneggiare lantico legame
familiare; avendo amplificato lo spazio costruito attraverso
il concetto di cittą aperta o agglomerato diffuso
policentrico, esprimendo in questo modo anche loro il
modello sub urbano dell'impianto delle cittą greche.
Č cosģ che
gli agglomerati urbani diffusi realizzarono lo spazio
antropizzato arbėreshė e conservare gli antichi parametri in
maniera idonea senza contrapposizione all'economia
ritrovata.
Oggi,
mutato il sistema sociale, la famiglia ha assunto le vesti
metropolitane, imposizione
delleconomia globale, che ha delegato tutte le funzioni del
sociale in spazi diversamente fruibili, la cooperazione che
legava leconomia alla socializzazione, cancellando in
questo modo anche il surrogato dellantico gruppo parentale:
la gjitonia.
Gjiriu, ha
rappresentato e rappresenta la forza degli albanofoni e ad
esso si sono sempre affidati per elevarsi, il Baffi, i
Bugliari, lo Scura, quando si recarono a Napoli, erano
legati tra di loro non da vincoli di gjitonia, ma erano
tutti parenti, i Giura quando approfondirono gli studi nella
capitale partenopea furono affidati a un loro zio materno e
cosi č stato per i nipoti di Giuseppe Bugliari che si
trasferģ a Napoli con lo zio per essere seguiti nell'iter
universitario, questi e molti altri come loro erano legati
da vincoli di parentela e non di vicinato.
Atanasio arch. Pizzi - Napoli 15 10 - 2013
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pubblicato il
20 Settembre 2013
La Prima
Carovana della memoria si č conclusa con successo:
"Dalla
protezione delle lingue minoritarie al marketing
territoriale".
La
prima Carovana della memoria e della diversitą linguistica,
un viaggio itinerante di dieci giorni attraverso sei regioni
del centro-sud Italia e le comunitą linguistiche di
minoranza arbėreshe, croato-molisana, francoprovenzale,
grika e occitana, organizzata dallAssociazione LEM Italia,
partner del portale delle Lingue dEuropa e Mediterraneo,
Associazione Culturale Villa Badessa e dallArchivio
etnolinguistico musicale abruzzese, con il patrocinio del
MiBAC, dellUniversitą di Teramo, di Socio-Lingua, degli
assessorati regionali di Abruzzo, Molise, Campania, Puglia,
Basilicata e Calabria, č stato un grande, aperto e
innovativo contenitore sociale e culturale.
Lorizzonte:
la
costruzione di una Rete delle minoranze linguistiche
attraverso la federazione delle energie locali maggiormente
motivate a fare sistema: Comuni, Associazioni, comunitą
degli artisti, imprenditori, societą civile.
La carovana, che si č avvalsa della
collaborazione di varie associazioni tra cui Arte26 promoter
del Festival del Dialetto e Lingue minoritarie di Calabria,
Sportello Linguistico Arbereshe del Molise, Fondazione
Romanģ Italia, Basilicata arbereshe, Unpli Basilicata,
Aracne editrice, ha fatto tappa l8 settembre a Villa Badessa di Rosciano (PE) il 9 settembre a Montecilfone (CB) il 10
settembre a San Felice (CB) e Campomarino (CB) l11
settembre a Greci (AV) e Faeto (FG) il 12 settembre a
Barile (PZ) e San Marzano di San Giuseppe (TA) il 13 e 14
settembre a Guardia Piemontese (CS) il 15 settembre a
Lungro (CS) il 16 e 17 settembre a Corigliano dOtranto
(LE) e Calimera (LE).
La Carovana a Guardia Piemontese
Per informazioni:
Maria Zanoni, presidente CENTRO DARTE E CULTURA 26
(responsabile della comunicazione)
www.arte26.it
arte26@tin.it
Giovanni Agresti
Responsabile della conferenza permanente
Giornate dei Diritti Linguistici
Universitą degli Studi di Teramo
Campus Coste S. Agostino, 64100 Teramo
Tel. +39 3478107634
E-mail:
gagresti@unite.it
Silvia Pallini
Associazione LEM-Italia
Dipartimento TePoSS
Campus di Coste San'Agostino
Universitą degli Studi di Teramo
Tel. +39 347 8107634
E-mail:
info@associazionelemitalia.org
Sito Internet:
www.associazionelemitalia.org
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pubblicato il 21 Maggio 2013
Culture diverse
tra etnie e lingue
in un Mediteranno
inclusivo ma non omologante
di Pierfranco
Bruni
Il Mediterraneo
č un filo di orizzonte di lingue perdute e di
etnie che scavano nella memoria dei luoghi. Se
non ci fossero stati i processi etnici (tra
scontri e confronti: al di lą del bene e del
male, nonostante alcune pesanti divergenze e
conflitti) il Mediterraneo parlerebbe una lingua
senza alcuna valenza sistematicamente
antropologica e non avrebbe la sua importante
articolazione culturale. Come Ministero per i
Beni e le Attivitą Culturali, Direzione Generale
per le Biblioteche, gli Istituti Culturali, i
Beni Librari e il Diritto d'Autore, stiamo
lavorando con un Progetto, da alcuni anni, su
questi elementi che troveranno
un'analisi comparata in uno studio appropriato
sull'argomento.
Č certo,
comunque, che il Mediterraneo resta storia di
popoli, di civiltą, di convergenze e di
divergenze ma, sostanzialmente, ancora oggi,
trova la sua originalitą e la sua spiccata
visione ereditaria ed identitaria dentro quelle
realtą che sono geografiche in senso lato,
territoriali e radicanti dal punto di vista
culturale.
La presenza
etnica ha avuto ed ha una sua spiccata
caratterizzazione umana e culturale. Ma č
proprio questa etnicitą che ha dato voce ai
Mediterranei. Pensare ad un solo Mediterraneo č
impossibile e lo č anche attraverso una analisi
storica comparata tra le lingue che sono
espressioni letterarie, le testimonianze, le
tradizioni, i modelli simbolici. Ed č necessario
sempre pił sostenere la valenza forte di un
Mediterraneo che non abbraccia soltanto una
precisa area geografica, nellincontro tra
Popoli e Nazioni, ma occorre necessariamente
parlare di una estensione di realtą frontaliere.
LAdriatico ha
una sua connotazione con i Paesi Balcani ma
questi sono parte integrante di una estesa
cultura tra mondo Ionio, tessuto territoriale
del Tirreno ed ereditą greche. La Grecia e la
Magna Grecia sono dentro chiaramente il
Mediterraneo ma sono anche espressioni di un
antica presenza il lirica. La storia della
cultura albanese in una considerazione
archeologica e linguistica ha connotazioni il
liriche. Cč una Albania racchiusa nella sua
tipica storia del rapporto tra Occidente ed
Oriente e cč stata unAlbania ben divisa tra
modelli islamici e presenze forti cristiane.
LAlbania con
il suo mondo Arbereshe costituiscono una
interazione tra tradizione e incontro etnico
vero e proprio. Ma tutto il Mediterraneo, dal
Nord Africa alle sponde Occidentali ed
Orientali, custodisce identitą che scavano nelle
radici andaluse per un versante e confinanti con
le storie di modello occidentale oceanico e
matrici risalenti, appunto, a quelle presenze il
liriche che toccano le geografie che vanno oltre
Scutari sino allattuale Macedonia.
Il
Mediterraneo, dunque, č un approdo ma anche una
accoglienza. Diventa inclusivo nel momento in
cui, nonostante le diversitą, la storia antica
fa i conti con larcheologia e la storia moderna
diventa dimensione accogliente delle etnie e
delle lingue. Non sempre, comunque, una lingua
interagisce con letnia di appartenenza. Ma
nelletnie o nei processi etnici di una comunitą
la lingua č un riferimento ancestrale.
Quanti
Mediterranei si possono contare. Č naturale che
la geografia mediterranea non č pił quella
indicata dalla mappatura ufficiale perché le
interazioni sono voci e destini di comunitą ma č
anche vero che insiste un Mediterraneo unico che
ingloba il portato storico e moderno
dellOriente e dellOccidente.
Sul piano
antropologico, in Italia, il Regno di Napoli č
una testimonianza ancora da considerare come
punto di riferimento, perché in esso sono
convissuti culture arabe antiche e accentuazioni
islamiche moderne, linguaggi popolari dialettali
(si pensi per restare nel campo letterario
allimportanza che hanno gli scritti di Giovanni
Boccaccio e alle figure, ovvero ai personaggi,
che esso ha tratteggiato a cominciare proprio da
Fiammetta che rappresenta lunicum di un
intreccio tra costumi, tradizioni e lingua di un
popolare mediterraneo ma si pensi anche alla
volontą di Pascoli nel discutere su un
Mediterraneo inclusivo con il suo discorso di
Barga nel 1911) e forme etniche intrecciati a
realtą religiosi abbastanza consistenti, le cui
tradizioni sono un immaginario che riporta echi
e desinenze multietniche.
La chiave di
lettura delle etnie nel Mediterraneo
contemporaneo č da catturare sui due poli
centrali: quello linguistico e quello
antropologico. Entrambi i poli perņ trovano la
loro complessitą nella interpretazione di una
letteratura che č trasmissione di esperienze e
testimonianze.
Č naturale che
la letteratura mediterranea non puņ prescindere
da radicamenti ben definiti ma č anche vero che
il rapporto lingua ed etnie rappresenta il
nucleo centrale di un incontro a pił voci sia
sul piano prettamente geografico sia su quello
di una metafisica della consapevolezza dei
popoli nellessere modelli di valori.
In fondo il
Mediterraneo č lincontro di etnie e di lingue.
Partendo da questa premessa non si puņ che
insistere su culture diverse di un Mediterraneo
inclusivo. Le presenze minoritarie in Italia
sono una realtą nelle diversitą etniche tra un
Occidente europeo e un Oriente Balcanico
mediterraneo.
Ma č proprio
questultimo, grazie ai territori, compresi
quelli grecanici, croati, sloveni, catalani, che
custodiscono radici e modelli culturali sia
linguistici, sia religiosi, sia artistici, sia
storico antropologico, che si propone come un
incontro inclusivo in una geografia di un
Mediterraneo che include e si apre a nuove e ben
contestualizzate realtą sia storiche che
moderne.
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pubblicato il 26 Febbraio 2013
I beni
culturali: dalla materialitą alla immaterialitą.
Innoviamo il patrimonio
culturale nazionale con una pił ampia politica di
valorizzazione di lingue, antropologie, etnie e
liberalizzazione nella gestione dei musei
di
Pierfranco Bruni
Il territorio
come bene culturale č un intreccio di beni materiali e
immateriali. Oggi parlare di territorio, di patrimonio
culturale, di storia significa anche non dimenticare il
senso e lappartenenza di una memoria che vive nei simboli.
E i simboli si trasmettono, si contestualizzano, si
interpretano. Hanno un loro valore. Penso ai castelli, alle
aree archeologiche, ai musei. Se i beni culturali sono
identitą, la etno archeologia č una testimonianza
straordinaria in questo discorso, e se tali vengono da noi
considerati abbiamo il dovere di aprire un vasto dibattito
sul loro ruolo allinterno dei territori. Nel depositato
della storia ci sono modelli di civiltą e percorsi di epoca
che intrecciano segni di identitą.
I beni culturali, come
patrimonio nazionale, sono una testimonianza nel vissuto
della storia e dei popoli, che devono trovare le ragioni per
un dialogo a tutto tondo con le risorse e le vocazioni che
vivono dentro il territorio. Dobbiamo cominciare ad entrare
nellottica che il bene culturale non č soltanto una
questione materiale.
La cultura č nella
immaterialitą: dalle lingue alle etnie, dalla musica alla
canzone dautore, dalla presenza delle minoranze
linguistiche in Italia (sulle quali stiamo portando avanti
studi, ricerche, pubblicazioni e modelli valorizzanti
riconosciuti da tutto il mondo con una presenza in molti
Paesi esteri e la documentazione č abbastanza evidente) alle
antropologie comparate.
Cč un dato dal quale
bisogna partire. Il Sud ha una ricchezza non indotta. Una
ricchezza che č sempre pił risorsa vocazionale. Ecco perché
insisto nel discutere di bene culturale e valorizzazione
dei territori. Non avrebbero senso i beni culturali
senza una vera valorizzazione soprattutto nel Sud. Questi
beni sono i simboli di una identitą comunitaria oltre ad
essere stati riferimenti e contenitori di un processo
storico allinterno di un territorio.
Oggi bisogna fare in
modo di acquisirli sempre pił a quel patrimonio della
coscienza identitaria che si specifica nella espressione di
una civiltą, la quale si manifesta dentro una realtą ben
definita. Vanno conservati, salvaguardati, vanno restaurati
e restituiti alla fruibilitą. Ruderi, macerie sono una
testimonianza che continua a vivere pur nel disordine della
storia. Sono pur sempre un bene pubblico ma un bene pubblico
diverso rispetto ad altre strutture come puņ essere un
mercato coperto in disuso.
Nel mistero e nella
storia costituiscono un viaggio nella civiltą. Pił
volte mi sono occupato di tali problemi e resto convinto che
i beni culturali, pur favorendo (e in molti casi costruendo
una politica di sviluppo) un raccordo tra economia e
cultura, vi č necessitą di una prospettiva che tenga insieme
il fattore specialistico e lintellettuale, luomo di
cultura con la dialettica europea sulle culture.
I beni culturali vanno
affidati agli uomini che fanno cultura e che della cultura
hanno una idea precisa che č quella del raccordare processo
di ricerca e modelli economici, capacitą di
valorizzazione ed apertura a realtą altre rispetto ai soli
addetti ai lavori. In una fase come la nostra ritorno a
proporre una autonomia dei musei, delle aree archeologiche,
dei monumenti dalla parte prettamente amministrativa. La
managerialitą si apre a visioni pił complessive perché č la
valorizzazione che offre un senso alla cultura.
Una struttura come
un castello o unarea archeologica o i musei (o ancora
altri riferimenti definiti come patrimonio beni culturali)
non sono degli elementi (o valori) aggiunti ad una comunitą.
Sono parte integrante di una comunitą, la quale anche
attraverso queste presenze continua a testimoniarsi nel
quotidiano.
E in virtł di questa storia
depositata si potrebbe realizzare una progettualitą in grado
di avviare una rilettura organica dei territori, grazie a
dei percorsi ad intreccio storico e non a delle mete
monolitiche.
Voglio dire che non
possiamo pił pensare di avviare progetti bloccati su
percorsi storici definiti ma occorre ormai necessariamente
una intelaiatura ad incastro. Ovvero occorre partire dalla
Magna Grecia fino alla tarda etą rinascimentale. Perché, in
fondo, il Sud non ha raccontato una sola storia. Ha vissuto
diverse storie le cui deposizioni storiche sono proprio la
testimonianza dei beni culturali. Non si puņ avviare, per
esempio, un progetto riferito solo ai percorsi della Magna
Grecia oppure soltanto ai Castelli Normanni o ai Palazzi
Rinascimentali.
Se la storia, come
sosteneva De Felice, non conosce parentesi la si deve
studiare e presentare nella sua globalitą. Si studia il
territorio (e quindi non solamente una comunitą: anzi si
avvia il lavoro conoscendo la memoria di una comunitą)
grazie ad una consapevolezza di affiliazioni storiche. I
modelli etnici, da me studiati attentamente, sono un
fenomeno delletno - archeologia.
Si č stati civiltą
Magno Greca, prima di tutto, e lungo i tratturi o le rotte
di queste genti si sono segnati i passi. I castelli, per
fare un esempio, rappresentano unepoca intermedia (mi
riferisco alla realtą normanna e federiciana) rispetto alla
vera struttura monumentale rinascimentale e barocca. Ma
un territorio va risistemato nella sua complessitą.
Credo che occorrerebbe superare i progetti confine. Non si
puņ pił prendere, nel campo dei beni culturali, un periodo
della storia e analizzarlo. Questi sono modelli scolastici
che andrebbero, nella traduzione di una lettura sul
territorio, completamente superati. Anzi sono gią superati.
Un territorio
conscio di conservare risorse storiche (archeologiche,
monumentali ma anche antropologiche e linguistiche) deve
essere visualizzato e interpretato in tutte quelle
espressioni che hanno permesso di documentarsi con delle
matrici identitarie. Se si pensa di focalizzare
lattenzione solo su una struttura, pur avviando un processo
in sintonia con tutta una realtą territoriale, non
considerando le diverse tappe che hanno formato una civiltą
allinterno di una comunitą, credo che sia ormai un dato
errato.
I percorsi normanni, svevi,
barocchi e cosģ via non si reggono storicamente e
strutturalmente isolati da un contesto e da una temperie che
vivono sul territorio. Bisogna operare in una visione di
omogeneitą. Č intorno ad un progetto etico che si puņ
ridefinire il ruolo dei beni culturali allinterno dei
territori. Soprattutto nel Sud questa consapevolezza
deve portare ad un nuovo modo di confrontarsi con la storia
e con quel patrimonio che resta, comunque, radicamento di un
popolo e di una civiltą. Nelle aree meridionali i beni
culturali sono una risorsa e una vocazione. Sono quella
ricchezza che si integra con i paesaggi (anchessi beni
culturali: mare e montagna), con la natura, con la geografia
del territorio stesso.
Nel Sud non solo le parole
sono pietre per dirla con Carlo Levi. Ma le pietre sono
storia. Meno effimero, dunque, come si diceva una volta, e
pił concretezza. Ma sui progetti bisogna lavorarci con
serenitą, con capacitą manageriale, con forti intuizioni non
disconoscendo mai la geografia e la storia dei territori.
I territori sono i veri
depositari dei testamenti delle epoche e delle civiltą.
Focalizzare una tale questione significa, tra laltro,
definire unidea portante di cultura allinterno di ciņ che
č stato un vissuto e che dovrą essere futuro attraverso gli
strumenti dellorganizzazione, della progettualitą, dei
saperi. La comparazione tra archeologia ed etno
antropologia č fondamentale: si tratta di un solo esempio.
I beni culturali sono reale
prospettiva allinterno di quattro presupposti principali:
liberalizzazione nella gestione dei musei, attenzione
fondamentale al bene culturale non solo come dato di ricerca
ma come elemento valorizzante di un territorio, maggiore
dialogo tra cultura e politiche di investimento, interazione
tra i vari campi degli studi.
Il Ministero per i Beni e
le Attivitą Culturali potrą avere un compito di primaria
importanza se diventerą, nella sua filosofia strutturale,
Ministero della Cultura Nazionale. Non solo nella etimologia
del termine ma nella sua strutturazione a cominciare anche
da una revisione, in termini istituzionali, delle sedi
regionali.
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pubblicato il 23 Maggio 2012
Dal romanzo al dramma di F. A.
Santori: una koiné delle parlate arbėreshe?
Le opere
dello scrittore arbėresh F. A. Santori, in gran
parte rimaste inedite, con la loro graduale
pubblicazione vengono ad arricchire
considerevolmente il quadro dei generi letterari
della letteratura albanese.
Ultima opera
di grande rilievo letterario e linguistico č il
romanzo Sofia e Kominĭatėve, a cura di
Merita Bruci, dellIstituto di Linguistica e
Letteratura di Tirana, pubblicato a Napoli dal
Dipartimento di Studi dellEuropa Orientale nel
dicembre 2011.
Il romanzo,
riflesso della Calabria del decennio francese
del XIX secolo, con un interessante spaccato
dello stato di alcune comunitą della diaspora
albanese, si impone per le peculiaritą di
intreccio della fabula e per il ricco patrimonio
linguistico, che si presenta composito, perché
vi concorrono varietą dialettali arbėreshe,
unitamente a tratti linguistici attinti
allopera dello scrittore albanese dOltre
Adriatico Pietro Bogdani.
La Prof.ssa
Merita Bruci ha ravvisato anche la necessitą di
dare un ulteriore contributo con lo studio e la
prossima pubblicazione, in edizione critica, del
dramma santoriano Emira.
Insoddisfatta
della precedente, incompleta, e per vari aspetti
criticabile edizione del 1984, la Bruci č
impegnata nello studio dei diversi manoscritti,
e dunque delle varianti dautore, di unopera
notevole anche da un punto di vista
storico-sociale, oltre che linguistico. Vi
scorrono momenti drammatici della societą
calabrese postunitaria in presenza del fenomeno
del brigantaggio, che interessa direttamente
anche comunitą e personaggi arbėreshė.
2.
Le opere del
Santori pongono allattenzione degli studiosi il
problema estetico della qualitą della creazione
santoriana, che, in seguito alla pubblicazione
dellinedito, va assumendo peculiaritą e
originalitą di rilievo indiscutibile, che la
collocano nei primi posti della storia della
letteratura albanese.
Amico e per
alcuni versi epigono del pił noto poeta e vate
arbėresh Girolamo De Rada, il Santori sotto
laspetto delle scelte linguistiche si distingue
dal Maestro.
Mentre questi
sostanzialmente si identifica con la tradizione
linguistica del proprio paese dorigine
(Macchia, S. Demetrio Corone) scoprendo e
utilizzando il patrimonio della tradizione
orale, il Santori va oltre, si muove in
direzione di una koiné, mostrando
ambizioni significative per le comunitą
arbėreshe. Oltre a fare ricorso al patrimonio
locale della comunitą di stretta appartenenza
(S. Caterina Albanese e S. Giacomo), egli
allarga linteresse e lo sguardo alle parlate
delle altre comunitą arbėreshe, vicine, come
quelle dellarea deradiana, e lontane, come le
parlate del Molise (Portocannone, Montecilfone)
e pone attenzione anche alla produzione
letteraria albanese dOltre Adriatico.
Da qui notiamo
linsistenza di forme fonomorfologiche, e
soprattutto lessicali, che ci riportano
allopera Cuneus Prophetarum di Pjetėr
Bogdani, di cui riscontriamo chiara
testimonianza nel Krishteu i Shėĭtėruorė
(Napulī 1855) dove č ripresa la Scala IV (pp.
212-228). Questo quadro, caratterizzato da una
costante ricerca di varietą linguistiche, rivela
da un lato il tentativo di arricchimento delle
potenzialitą espressive della lingua, e,
dallaltro, il progetto santoriano di creare una
lingua composita e ricca, fatta, appunto, di
elementi consolidati nellarea arbėreshe, ma
anche di elementi mutuati dallarea linguistica
albanese balcanica. Il suo progetto non fu
isolato, né senza seguito, se solo pensiamo
allimpresa, ancor pił audace del professore e
poeta Giuseppe Schirņ che, tra la fine del XIX
secolo e inizio del successivo, attinse
copiosamente elementi dialettali gheghi e
toschi.
La filologa
Merita Bruci, che tratterą di questi aspetti
nella lezione del 24 maggio allOrientale di
Napoli, pone lattenzione sulla necessitą della
conoscenza delle varietą dialettali anche nel
campo della filologia e dunque nella
preparazione delle edizioni critiche.
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pubblicato il 28 Ottobre 2012
La Legge di tutela sulle
minoranze linguistiche oggi non ha pił senso.
Le etnie storiche nellItalia che
č Mediterraneo
di Pierfranco Bruni
Minoranze linguistiche (o etnolinguistiche) e
identitą. Un rapporto che si radica nella
tradizione di una Nazione ma anche nella
coscienza di un popolo. I processi storici che
lItalia ha vissuto hanno una radice articolata
e complessa che ha come radice prioritaria la
cultura, chiaramente, greco romana ma il
tessuto intagliato in questi processi ha
profonde ereditą mediterranee che trovano in
Omero un punto di forte riferimento. Ma Omero
non č soltanto la cultura greca come Virgilio
non č soltanto la storia del mondo latino.
Il
Mediterraneo non puņ essere compreso senza
larticolato mosaico delle lingue, delle etnie,
dei miti. Non cč una lingua ufficiale che
definisce il Mediterraneo. Soprattutto quel
Mediterraneo antico e moderno che ingloba le
geografie balcaniche e meta-asiatiche. Il
Mediterraneo si costituisce e si rappresenta
nelle diverse realtą delle civiltą che ancora
dettano una storia fatta di presenze minoritarie
sui territori. Occorre non dimenticare che il
vero senso di una identitą si intreccia tra la
lingua e i modelli etnici.
Non avrebbe
senso, soprattutto oggi, difendere una lingua a
priori senza la robustezza di una tradizione
che č data dalla centralitą dei fenomeni
antropologici che trovano nel concetto di etnia
uno scavo consistente. Bisogna analizzare questi
nostri anni, in merito alla tutela delle
minoranze linguistiche, attraverso una visione
culturale interattiva e complessiva tra storia
di un popolo (nella sua tradizione, nei suoi
costumi, nei suoi riti, nelle sue griglie
simboliche) e lingua e linguaggi di un popolo.
Un popolo che si mostra con le sue partiture a
mosaico intorno a dimensioni che sono sģ
storiche ma anche esistenziali e geografiche.
La Legge di
tutela delle minoranze linguistiche in Italia
oggi non ha pił senso. Lo si diceva gią qualche
anno fa. Lo si ribadisce con una consapevolezza
culturale che ha una sua specificitą di fondo
guardando sia alle presenze minoritarie non
incluse nella normativa nel 1999 sia osservando,
in una interpretazione geopolitica, i vari
territori che sono interessati dalle comunitą
cosiddette minoritarie.
Cč nella
coscienza delle civiltą uno sguardo
completamente mutato rispetto agli anni Novanta.
Ma cč, in modo particolare, un legame tra
storia, identitą e appartenenza che č rivelante
di un equilibro dialettico tra lingua e
antropologia. Non si tutela, in sostanza, una
comunitą cercando di far sopravvivere soltanto
la lingua o ciņ che resta di koinč che si sono
trasformate nel corso di confronti tra territori
e aree geografiche. Ciņ che č avvenuto nel
Mediterraneo impone una riflessione che non č
focalizzata soltanto nella contemporaneitą. Ma
si sostanzia di una ereditą che proviene da
studi archeologici e da impostazioni storiche
che vanno ricontestualizzati.
Difendere una
minoranza linguistica proponendo una tutela a
tutto tondo della sola lingua non porta ormai da
nessuna parte. La lingua smarrirą la sua forza
caratterizzante nei moduli etimologici e si
imprigionerą tra un didatticismo e un arcaico
modo di vivere la cultura delle minoranze
stesse. Cosģ insistere nel mantenere viva una
legge di tutela su determinate formule
impoverisce sia la ricerca intorno ad un
melograno (Luzi) di lingue e culture sia la
funzione che puņ avere una lingua storica altra
rispetto alle lingue moderne e parlate.
Le minoranze
etnolinguistiche (e non soltanto linguistiche)
sono dentro il legame tra storia e civiltą di
una Nazione. Rivendicare la tutela soltanto
della lingua, in uno specifico ambito
territoriale, č un isolare la valorizzazione
dellintera comunitą.
Le isole
linguistiche se non si aprono ad una penisola
pił articolata corrono realmente il rischio di
non reggersi. Lisola č un isolamento, ovvero
linizio di una prospettiva che porta alla
solitudine. Le lingue minoritarie sono storia e
devono restare nella storia. Le lingue
minoritarie contemporanee sono gią di per sé nei
processi di integrazione, ma questo č un altro
discorso. Insomma si tutela una minoranza
storica non soltanto affidandosi alla lingua o
alla parlata della comunitą. I conti bisogna
farli con le nuove generazioni, con le societą
in costante transizione e con una ermeneutica
dei fenomeni internazionali.
Il
Mediterraneo non č nostro dirimpettaio. Il
Mediterraneo siamo noi. Anche le minoranze,
oltre il Regno di Napoli, hanno degli elementi
che riportano alla tradizione mediterranea. I
popoli germanici del Sud Tirolo non possono
coesistere soltanto con la storia
austro-ungarica e germanica: devono saper
guardare a quellAdriatico che scende verso
Venezia. Cosģ il mondo Ladino e Friulano.
Le minoranze
etnolinguistiche presenti in Italia sono nel
Mediterraneo. Anche il mondo Occitano ha una
tradizione mediterranea consistente oltre a
tutta la griglia di tradizione albanese
balcanica e sarda catalana.
Non si possono
pił creare divisioni, sul piano della tutela e
quindi della consapevolezza delle conoscenze,
tra popoli stanziali e popoli vaganti: bisogna
penetrare il loro tessuto storico. Non si
possono dimenticare le minoranze armene in un
contesto di geografie includenti. La storia
degli Armeni č storia dentro il Mediterraneo
balcanico asiatico, o meglio č dentro quel
Mediterraneo ricco di profondi radici.
Il
Mediterraneo aperto vive, dunque, non di una
identitą ma di identitą nei processi che non
escludono le appartenenze. Ed č qui che la
dialettica sulla questione deve ritrovare la sua
forza prioritaria sia storica sia geografica
sia antropologica sia linguistica.
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pubblicato il 26 Gennaio 2012
SCHEGGE DITALIA RISORGIMENTO ED ETNIE
UN
RISORGIMENTO IN CAMMINO TRA LINGUE, STORIE ED
IDENTITA
Il saggio
Schegge dItalia - Risorgimento ed etnie
scritto a quattro mani da Micol e Pierfranco
Bruni apre una vasta discussione intorno al
rapporto tra Unitą d'Italia, storia
risorgimentale e minoranze linguistiche ed
etniche presenti in Italia sin dal XVI secolo.
Una ricerca che tocca i punti salienti del
rapporto tra la storia delle etnie (le minoranze
linguistiche) nel Regno di Napoli
e approfondisce il contesto risorgimentale
proprio negli anni cruciali dellUnitą dItalia.
Il lavoro č
parte integrante della ricerca del Ministero per
i Beni e le Attivitą Culturali Direzione
Generale per le Biblioteche, gli Istituti
Culturali e il Diritto dAutore e rientra nel
Progetto Etnie, Culture e Minoranze
Etnolinguistiche coordinato da Pierfranco
Bruni.
I temi
affrontati sono elementi significativi sia del
dibattito storico di questi anni sia della
relativa dialettica dei linguaggi "altri"
presenti nellItalia risorgimentale. Lo studio
tocca aspetti che vanno dalle lingue dEuropa
alle contaminazioni, dalle Capitolazioni Italo
albanesi alla presenza di Garibaldi nel Regno di
Napoli, dal contributo dato dagli Italo
Albanesi allUnitą dItalia al ruolo rivestito
da Maria Sofia, ultima regina del Sud, tra
guerra civile, Risorgimento incompiuto e storia
unitaria. E' presente un tracciato giuridico che
comincia con l'0analisi delle Capitolazioni.
LIntroduzione
č firmata da Maurizio Fallace, Direttore
Generale del Ministero per i Beni e le Attivitą
Culturali il quale sottolinea: " Come Ministero
per i Beni e le Attivitą Culturali Direzione
Generale per le Biblioteche, gli Istituti
culturali e il Diritto dautore, siamo in una
fase di ricerca, intrapresa da alcuni anni,
curata da Pierfranco Bruni, in cui la storia
delle presenze minoritarie in Italia č una
dimensione che completa la storia nazionale di
un popolo grazie a due pilastri etici:
lidentitą e la civiltą.
Lo studio
"Schegge dItalia. Risorgimento ed Etnie" si
inserisce in un quadro di ragionamento che pone
allattenzione sia il Risorgimento nella sua
complessitą sia le problematiche afferenti alle
fasi pre e post Unitą dItalia. Si tratta di
elementi che hanno aperto un raccordo tra bene
culturale e minoranze etno-linguistiche. Il
contributo delle minoranze etno-linguistiche, in
particolar modo della comunitą italo-albanese
allUnitą dItalia č stato di notevole
importanza sia in termini di lettura storica sia
sul piano linguistico.
Il confronto,
in questo caso, tra gli Italo-albanesi e il
Regno di Napoli parte da molto lontano, come si
evince nelle pagine di questo lavoro, e le
matrici antropologiche, artistiche e storiche
conducono ad unanalisi che scava in quelle
ereditą linguistiche che costituiscono uno dei
punti centrali della ricerca svolta.
Si parla,
infatti, di contaminazioni e identitą, di
multietnicitą e di personaggi che hanno dato un
senso al rapporto tra Europa, Regno di Napoli e
Mediterraneo. Allinterno del Regno di Napoli
convivono i processi di contaminazione che sono
stati a priori processi di accoglienza in una
geografia in cui Napoli era realmente la
capitale del Sud perché poneva in essere modelli
culturali provenienti dal nord Europa, da quel
che fu il Regno delle Due Sicilie e dalle vie
del Mediterraneo della sabbia (ovvero lAfrica
del Nord)".
Il saggio č
pubblicato dalla Casa editrice Pellegrini di
Cosenza, con il patrocinio del Ministero per i
Beni e le Attivitą Culturali.
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pubblicato il 25 Gennaio 2012
Il primo romanzo inedito della
letteratura albanese
Sofia e Kominĭatėve di
Santori
Nellambito
della collaborazione scientifica e didattica tra
lOrientale di Napoli e il Centro di Studi
Albanologici Interuniversitari di Tirana č
uscita ledizione critica del romanzo arbėresh
Sofia e Kominĭatėve.
Il romanzo č stato scritto negli anni 70
del XIX secolo da Francesco Antonio Santori
(1819-1894), di S. Caterina Albanese (CS),
e, come tante altre sue opere, era rimasto
inedito fino ad oggi.
Tutti gli studiosi di letteratura albanese,
vista limportanza dellopera, hanno sempre
auspicato la sua pubblicazione. A questa
esigenza da risposta oggi la Dott.ssa Merita
Sauku-Bruci, dellIstituto di Linguistica e
Letteratura di Tirana e gią Assegnista di
ricerca presso il Dipartimento di Studi
dellEuropa Orientale dellUniversitą di Napoli
LOrientale, pubblicandone leditio princeps.
La pubblicazione di questopera viene, pertanto,
a colmare un vuoto nella storia della prosa e di
tutta la letteratura albanese e influenzerą la
stessa lettura della letteratura albanese
dellOttocento.
1.
Ledizione critica di Sofia e Kominĭatėve
č stata condotta sugli autografi del Santori
custoditi nella Biblioteca Civica di Cosenza,
tra i cui manoscritti la filologa Sauku-Bruci ha
rintracciato, tra laltro, lo studio dello
stesso Santori sullalfabeto del Romanzo che
viene pubblicato anchesso per la prima volta e
giustamente utilizzato per la retta trascrizione
del tesTo in oggetto.
Questo I Volume ci presenta il testo albanese
del romanzo Sofia e Kominĭatėve,
trascritto nellalfabeto odierno albanese, con
le necessarie integrazioni scaturite dalle
accortezze che ledizione critica comporta nel
rispetto fedele di tutte le particolaritą
linguistiche espresse dallAutore.
Ledizione si caratterizza per la singolare
attenzione che la curatrice ha profuso per
offrire ai lettori il testo del romanzo nella
massima autenticitą e per non tradire
minimamente la volontą dellAutore.
Il testo del romanzo č corredato da un ricco
apparato critico dove sono registrate le
varianti dautore e gli interventi della
curatrice, con scrupolosa documentazione per
zelo di trasparenza e per offrire materiale
necessario ad eventuali interpretazioni
alternative.
Ritorna puntuale il principio del filologo
classico Pasquale Baffi di S. Sofia dEpiro
(1749-1799) sulla provvisorietą dei risultati
ottenuti, un criterio metodologico che
recepisce gli indirizzi scientifici della
filologia europea.
Precedono il testo del romanzo i Prolegomeni,
unampia trattazione di tutti i problemi
connessi al manoscritto e ai criteri adottati
nella trascrizione. La filologa Sauku-Bruci ha
presentato la storia dei manoscritti
soffermandosi diffusamente sulla descrizione
dettagliata degli autografi tanto arbėreshė che
italiani; ha, quindi, esposto con rigore le
varianti del sistema alfabetico santoriano con
riferimenti alla sua evoluzione e in particolare
al sistema adottato nel romanzo, di cui il
Santori ha lasciato una preziosa redazione,
importantissima chiave di lettura.
Molta attenzione dedica la curatrice ai criteri
editoriali per dare al lettore giustificazione
della interpretazione soprattutto nei casi di
lezioni non sempre univoche.
I Prolegomeni si concludono con una esposizione
del contenuto del romanzo, in cui, tra laltro
si dą ragione del titolo albanese Sofia e
Kominĭatėve, che ricorre allinterno del
testo albanese, come si puņ leggere in 4Ŗ di
copertina il manoscritto, infatti, č acefalo
- e di Sofia Cominiate, per il testo
italiano, come voluto dallAutore stesso.
Si ricorda che il Vol. II, contenente il testo
italiano di Sofia Cominiate e la
concordanza del lessico arbėresh, uscirą tra
breve dalle stampe.
2.
Lazione del romanzo si svolge, in gran parte,
nel Palazzo del Barone Battiggera di Rossano
Calabro, dove giunge, dopo un drammatico
naufragio la giovane albanese Sofia. Nella prima
metą del XIX secolo continua a sopravvivere il
costume dei potenti di farsi procurare avvenenti
fanciulle. E Sofia, giovane sposa del principe
Aidino, dopo il disastro del naufragio incorso
durante il viaggio di nozze, sarą consegnata
prima ai briganti e da questi al Barone. Tragica
la conclusione: giungerą allo stesso posto anche
il giovane marito Aidino, ferito e ridotto in
fin di vita dai pirati, il quale si troverą di
fronte alla sposa, anche lei in fin di vita per
una grave malattia. I due sventurati si
spegneranno luna sullaltro, disperati e
straziati dal dolore. Il romanzo rimane aperto:
insieme a Sofia era giunto anche il fratello pił
piccolo che, testimone del destino riservato
alla sorella, nonostante le buone attenzione
riservategli nel Palazzo, ora si dibatte tra
laccettazione dello stato in cui si trova, e il
desiderio di vendetta.
Particolari sono le descrizioni dellambiente
dove si svolgono i fatti: il Palazzo sontuoso di
Rossano, le feste da ballo, le manifestazioni
teatrali, i concerti, le cerimonie, i costumi,
la ricchezza e la varietą degli addobbi. Ricca
anche la galleria dei personaggi: dai prģncipi
ai banditi, dai capitani di polizia corrotti ai
contrabbandieri, dagli artisti ai professori del
Collegio di S. Adriano di S. Demetrio Corone.
LAutore sa evidenziare gli stili di vita, le
mentalitą, le usanze, i ruoli e i comportamenti
dei personaggi dellambiente calabrese e
arbėresh della prima metą dell800, con
interessanti riferimenti alla cultura popolare
degli arbėreshė dellepoca, che si dispiega tra
la ridda delle valle e delle ruzalle,
in un contesto calabrese pił ampio che stenta a
venire fuori dal feudalesimo del passato.
3.
La lingua del romanzo Sofia e Kominĭatėve
si presenta con un frasario ampio, ben
intrecciato per argomentare compiutamente la
complessitą della narrazione; si presenta anche
con un lessico ricco, appartenente, in gran
parte, al patrimonio lessicale mantenutosi vivo
nelle varie parlate delle comunitą arbėreshe
dItalia, con poche concessioni agli
italianismi, semmai con il ricorso a termini
tratti dallopera Cuneus Prophetarum di
Pietro Bogdani, che il Santori esplicitamente ci
ricorda come fonte da cui ha attinto molti
termini. E la varietą che contraddistingue le
forme fono-morfologiche del romanzo. Alla base
rimane la parlata della sua comunitą, allargata
in primis alle parlate viciniori, e poi a quelle
pił lontane con fenomeni vieppił diversificati.
4.
Il volume č introdotto da uno saggio del Prof.
Italo Costante Fortino, dellOrientale di
Napoli, sulla letteratura arbėreshe
dellOttocento, che tende ad evidenziarne tanto
la rilevanza estetica, quanto il valore
culturale e politico nei confronti della
minoranza arbėreshe, che cominciava a prendere
consapevolezza del ruolo che aveva nellambito
della comunitą nazionale italiana, ma anche nei
confronti dellAlbania che ancora giaceva sotto
dominazione ottomana dopo ben quattro secoli.
In sintesi lopera del Santori si rivela
innovativa nellambito della stessa letteratura
arbėreshe dellOttocento con il suo particolare
approccio realistico quando tocca aspetti della
realtą sociale calabrese e arbėreshe sia prima
che dopo lunitą dItalia.
Sheh
dritėn e botimit romani i parė i letėrsisė
shqipe
Sofia e Kominĭatėve shkruar nga F. A. Santori
Nė
kuadėr tė bashkėpunimit shkencor dhe didaktik
ndėrmjet Universitetit tė Napolit LOrientale
dhe Qendrės Ndėruniversitare tė Studimeve
Albanologjike doli botimi kritik i romanit nė
arbėrisht Sofia e Kominĭatėve.
Romani ėshtė shkruar nė vitet 70 tė shek. XIX
nga Francesco Antonio Santori (1819-1894), nga
Picilia (S. Caterina Albanese, CS), dhe si shumė
nga veprat e tij kishte ngelur i pabotuar deri
mė sot.
Tė gjithė studiuesit e letėrsisė shqipe, pėr
vetė rėndėsinė qė ka kjo vepėr, e kanė pritur
botimin e tij. Kėtė dėshirė e ka pėrmbushur sot
Dr. Merita Sauku-Bruci, e Institutit tė
Gjuhėsisė dhe Letėrsisė dhe pėr disa vite edhe
kėrkuese pranė Departamentit tė Studimeve tė
Europės Lindore tė Universitetit tė Napolit
LOrientale duke nxjerrė nga shtypi
leditio princeps.
Botimi i kėsaj vepre plotėson kėshtu njė
zbrazėti nė historinė e prozės dhe tė gjithė
letėrsisė shqipe dhe do tė ndikojė pėr njė lexim
ndryshe tė letėrsisė shqipe tė shek XIX.
1.
Botimi kritik i romanit Sofia e Kominĭatėve
ėshtė bėrė nga dorėshkrimet e Santorit, qė ruhen
nė Bibliotekėn Qytetėse tė Kozencės, ndėrmjet tė
cilėve filologia Sauku-Bruci ka gjetur, ndėr tė
tjera, edhe njė studim tė vetė Santorit mbi
alfabetin e romanit. Ky i fundit, qė botohet
edhe ai pėr herė tė parė, shėrben si njė
orientim i mirė pėr transkriptimin e saktė tė
tekstit nė fjalė.
Ky vėllim i parė na paraqet tekstin nė arbėrisht
tė romanit Sofia e Kominĭatėve, i
transkriptuar nė alfabetin e sotėm tė shqipes,
me tė gjitha saktėsimet qė kėrkon respektimi me
besnikėri i tė gjitha veēantive gjuhėsore tė
Autorit siē e kėrkon njė botim kritik.
Kuratorja e kėtij botimi ka treguar kujdesin mė
tė madh pėr tu ofruar lexuesve tekstin e
romanit nė tėrė vėrtetėsinė e tij, pa tradhėtuar
aspak vullnetin e Autorit. Teksti ėshtė pajisur
dhe me aparatin kritik ku janė paraqitur
variantet e Autorit dhe ndėrhyrjet e kuratores,
me njė dokumentim skrupuloz e me zellin pėr tė
qenė sa mė transparente, duke ofruar kėshtu tė
gjithė materialin e nevojshėm pėr interpretime
tė tjera alternative.
Zbatohet me pėrpikmėri parimi i filologut klasik
Pasquale Baffi nga Shėn Sofia (S. Sofia dEpiro,
1749-1799) mbi pėrkohshmėrinė e rezultateve tė
arritura, njė kriter i njohur pėr shkencėn
filologjike europiane.
Tekstit tė romanit i paraprin njė trajtim i
zgjeruar i tė gjithė problemeve qė lidhen me
dorėshkrimin dhe kriteret e pėrdorura gjatė
transkriptimit (prolegomenat). Filologia
Sauku-Bruci ka paraqitur historikun e
dorėshkrimeve, duke u ndalur gjatė nė
pėrshkrimin e hollėsishėm tė autografeve si nė
arbėrisht ashtu edhe nė italisht; ka paraqitur
evolucionin e sistemit alfabetik santorian,
variantet e alfabeteve tė pėrdorura nga Autori
nė hartimin e veprave tė tij, veēanėrisht
alfabetin e zgjedhur pėr hartimin e kėtij
romani, pėr kėtė tė fundit Santori ka shkruar
edhe njė paraqitje tė zgjeruar qė shėrben si njė
ēelės leximi me shumė rėndėsi.
Kuratorja i ka kushtuar shumė kujdes paraqitjes
sė kritereve tė botimit duke argumentuar
interpretimet e saj, sidomos nė rastet kur ka
pasur tė bėjė me probleme tė vėshtira pėr tu
zgjidhur.
Prolegomenat mbyllen me njė paraqitje tė
pėrmbajtjes sė romanit, ku argumentohet zgjedhja
e titullit tė romanit Sofia e Kominĭatėve,
ashtu siē haset e mund tė lexohet edhe nė
faksimilen e paraqitur nė kopertinėn e pasme tė
librit romani na ka mbrritur pa faqet e para
tė tij dhe Sofia Cominiate pėr tekstin
nė gjuhėn italiane, ashtu siē e ka dashur Autori
vetė. Kujtojmė qė vėllimi i dytė, qė pėrmban
tekstin e romanit nė gjuhėn italiane dhe
konkordancat e leksikut nė arbėrishte do tė dalė
sė shpejti nga shtypi.
2.
Ngjarjet e romanit zhvillohen kryesisht nė
Pallatin e Baronit Batixhera, nė Rosano tė
Kalabrisė, ku mbrrin, pas mbytjes sė anijes
Sofia, njė vashė e re shqiptare. Nė gjysmėn e
parė tė shek.XIX, vazhdonte tė mbijetonte nė
Itali zakoni qė tė pasurve tu dėrgoheshin vajza
tė reja. Dhe Sofia, e nisur tė vej nuse tek
princi shqiptar Ajdin, pas fatkeqėsisė sė
mbytjes sė anijes, do tu dorėzohet fillimisht
cubave e mė pas Baronit. Pėrfundim tragjik: nė
tė njėjtin pallat tė Baronit do tė mbrrijė edhe
i fejuari i saj Ajdini, i plagosur nga piratėt
dhe gati pa jetė. Aty do tė gjejė Sofien qė
lėngonte e sėmurė. Tė dy tė pafat do tė shuhen
nė krahėt e njeri-tjetrit, zemėrthyer e tė
dėshpėruar. Romani ngelet i hapur: sė bashku me
Sofien ka mbrritur edhe Janji, vėllai i vogėl i
Sofies, qė bėhet dėshmitar i tė gjithė vuajtjeve
tė sė motrės e tė kunatit. Megjithėse ai mbetet
nė pallat nėn kujdesin e Baronit dhe familiarėve
tė tij, zemra e tij dylufton ndėrmjet dėshirės
pėr tė marrė hak dhe gjendjes ku ndodhet.
Mjaft tė gjalla janė pėrshkrimet e ambienteve ku
zhvillohen ngjarjet: Pallati luksoz i Rosanos,
ballot, shfaqjet teatrore, koncertet,
ceremonitė, zakonet, pasuria dhe stolisjet e
shumta. Shumė e pasur edhe galeria e
personazheve: nga princat tek cubat, nga
kapitenėt e policisė tė korruptuar tek
kontrabandistėt, nga artistėt tek profesorėt e
Kolegjit tė Shėn Adrianit nė Shėn Mitėr Korone.
Autori di tė verė nė dukje stilet e jetesės,
mentalitetin, doket, rolet dhe sjelljet e
personazheve tė ambientit kalabrez e arbėresh
gjatė gjysmės sė parė tė shek. XIX, me referime
interesante ndaj kulturės popullore tė
arbėreshėve tė kohės kur shkroi e jetoi, me
traditėn e valljeve e ruzalleve,
nė njė kontekst kalabrez mė tė gjerė qė po
kėrkon tė shkėputet nga feudalizmi i sė
shkuarės.
3. Gjuha e romanit Sofia e
Kominĭatėve dallohet pėr njė larmi frazash
tė ndėrthurura mirė pėr tė argumentuar mė sė
miri kompleksitetin e rrėfimit; paraqitet edhe
me njė leksik tė pasur, i cili i pėrket, nė
masėn mė tė madhe, pasurisė leksikore qė ishte
ruajtur e gjallė nė tė folmet e ndryshme tė
komuniteteve arbėreshe, me gjasė edhe me terma
tė huazuara nga vepra Cuneus Prophetarum
e Pjetėr Bogdanit; vetė Santori e pėrmend si
njė burim nga ku ka marrė shumė terma. Ajo qė
dallon format fono-morfologjike tė romanit ėshtė
varieteti. Nė bazė mbetet e folmja e komunitetit
tė tij, e zgjeruar fillimisht me tė folmet
fqinje, dhe mė pas me ato mė tė largėta me
fenomene gjithnjė e mė tė ndryshme.
4. Vėllimi paraprihet nga njė studim i
Prof. Italo Costante Fortino, i Universitetit
LOrientale tė Napolit, mbi letėrsinė
arbėreshe tė shek. XIX, qė synon tė evidentojė
si vlerat estetike, ashtu dhe ato kulturore e
politike tė pakicave arbėreshe, qė po
ndėrgjegjėsoheshin pėr rolin qė po luanin nė
gjirin e komunitetit kombėtar italian, por edhe
nė lidhje me Shqipėrinė, e cila gjėndej nėn
sundimin osman prej katėr shekujsh.
Si pėrmbledhje vepra e Santorit paraqitet plot
risi nė gjirin e vetė letėrsisė arbėreshe tė
shek XIX me njė qasje realiste kur trajton
aspekte tė realitetit shoqėror kalabrez e
arbėresh si para ashtu edhe pas bashkimit tė
Italisė.
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pubblicato il 25 ottobre 2011
LALTRA UNITA
MINORANZE LINGUISTICHE E
UNIFICAZIONE NAZIONALE
di
Pierfranco Bruni
C'č un'altra
Unitą d'Italia da conoscere, da
contestualizzare, da proporre come modello di
approfondimento storico all'interno del
Risorgimento? Una domanda che, in questi mesi, č
ritornata spesso e alla quale non sono mancate
le chiavi di lettura sia di ordine prettamente
storiografico sia ideologico sia letterario. E
in questa visione e intorno al concetto di
"unificazione italiana" un percorso interessante
lo hanno segnato quelle presenze minoritarie,
ovvero le minoranze linguistiche, grazie<alle
quali anche il valore di "identitą" ha assunto,
e assume, una interpretazione non solo storica
ma anche antropologica.
Non si puņ
leggere il processo risorgimentale, e in modo
particolare gli anni compresi tra il 1859 e il
1870, senza tener conto di una antropologia
contaminante nelle varie geografie dell'Italia
prima disunita e successivamente
disarmonicamente unita.
L'idea di
identitą nazionale puņ considerarsi tale
soltanto se passa all'interno di quei valori
condivisi che pongono al centro il concetto di
Patria, di Lingua, di Nazione nonostante gli
articolati elementi che girano intorno alla
semantica di appartenenza, di ereditą, di
compartecipazione. Ci sono stati alcuni
personaggi che provengono da ereditą diverse
rispetto a quelle che hanno dato i principi
portanti alla Patria e alla Bandiera. Patria e
Bandiera sono un valore unico ma non sono questi
riferimenti che hanno permesso, comunque, una
Unitą d'Italia sviluppatasi nel 1961. La Patria
e la Bandiera sono chiaramente valori condivisi.
Ciņ che non presenta una condivisione non č ai
valori ma alle azioni, al protagonismo,
all'esercizio delle divisioni geografiche.
La chiave di
lettura di una cultura unificante dei vincitori
recita una versione che si propone con alcuni
protagonisti senza i quali non saremmo arrivati
al 1861. L'altra chiave di lettura che č quella
identificatasi con i vinti propone non modelli
alternativi ma storie diverse. E non si tratta
neppure di continuare stabilire la necessitą di
due blocchi: quello piemontese - francese -
sabaudo e quello borbonico - napoletano -
siciliano aggiungendone un terzo che quello del
vaticano e della Stato pontificio con le sue
realtą territoriali e i suoi valori di base.
L'altra Unitą, in fondo, resta quella del
popolo, delle sopravvivenze del mondo contadino,
delle culture realmente minoritarie sia in
termini economico - politici sia etno -
geografiche.
Chi ha
maggiormente vissuto le ferite tra i Borbone e i
Savoia č stato il Sud: E' stato quel "Regno"
identificato come delle Due Sicilie nel quale le
emergenze sono diventate vere e proprie
sopravvivenze.
Sempre in nome
del popolo italiano si č lottato dividendosi tra
garibaldini e briganti. O meglio tra cafoni
diventati garibaldini e garibaldini diventati
briganti e successivamente borboni diventati al
servizio dei Savoia. Con Ferdinando e nel breve
periodo con Francesco II il Regno di Napoli ha
costruito la storia di un Sud che aveva nel
cuore del Mediterraneo la sua centralitą.
La
piemontesizzazione č stata la francesizzazione
del Sud che ha inciso anche in termini
antropologici.
Quale č la
differenza tra un Francesco Crispi interprete e
protagonista dell'Unitą d'Italia voluta dalla
borghesia siciliana e del Sud, egli siciliano e
di origini Italo - albanesi, e Agesilao Milano
che da soldato borbonico sfida Fernando cercando
di ucciderlo nel giorno dell'Immacolata: Milano
č un Italo - albanese puro. Entrambi sono
personalitą del mondo delle minoranze
linguistiche che parlano l'arbereshe.
L'attentato di
Milano č un "caso" esemplare in una Napoli che
era gią fortemente contaminante dalle tradizioni
e dalle lingue.
Il Cavour che
scriveva in francese poteva capire e dialogare
con il cafone della Lucania la cui sola lingua
era il "basilisco" alla cui base perņ insisteva
il napoletano - italiano del Regno delle Due
Sicilie?
La storia
nell'Unitą del 1861 non ha raccontato queste
divisioni di ereditą linguistiche e
antropologiche ma, tali divisioni, hanno avuto e
hanno, in termini storiografici, oggi, una
importanza particolare.
Il Garibaldi
che si illude di consegnare il Regno di Napoli
ai Savoia lo fa in termini militari ma neppure
puņ farlo sul piano storico (ed egli č
consapevole di ciņ) perchč insieme a Dumas ha
conosciuto, per quel poco che ha abitato il Sud,
il popolo, le genti, le tradizioni e le lingue
del Regno di Napoli: Napoli, Calabria e Sicilia.
Le lingue sono
dentro la storia anche se č la storia che
potrebbe condizionare le lingue. Ancora oggi la
contaminazione delle lingue tra parte del
Mediterraneo e vecchio mondo delle Due Sicilie č
consistente.
L'altra Unitą
da proporre non č soltanto da leggersi sul piano
storico, militare, egemonico ma linguistico e in
questa direzione la letteratura ha giocato e
continua a giocare un ruolo straordinario. Ecco
perchč accanto ad un'altra Unitą da intendersi
sul versante della lettura storica c'č anche
un'altra letteratura sorta non nel Risorgimento
come complessitą culturale storica ma negli anni
che ruotano intorno al 1861.
Le
interpretazioni di Dumas e di Abba sono diverse
da quelle di Alianello e di Verga. Il Valore di
Patria dell'incompiuto "Confessioni di un
Italiano" di Nievo č completamente disarticolato
dalle pagine di Prezzolini.
Per non
parlare delle biografie e delle cosiddette
memorie. Mettiamo a confronto le memorie di
Garibaldi raccolta da Dumas con quelle di
Carmine Crocco per renderci conto, anche
linguisticamente e antropologicamente, che ci si
trova davanti ad una geografia che non č solo
immaginaria divergente ma ad una geografia
esistenziale, antropologia ed etno-storica
completamente di altra natura pur
nell'attraversamento, il primo caso, e
nell'abitare, il secondo, la stessa geografia
territoriale.
Il territorio
racconta storie e destini che sono diverse
proprio nel segno di un processo che č storico
certamente ma solo con la storia non regge
perchč ha bisogno di uno scavo profondamente
antropologico, etnico, letterario e realmente
umano.
L'altra Unitą
c'č stata e la presenze delletnie e delle
"minoranze" linguistiche segnano un passaggio
incancellabile e rivelante ancora nel nostro
tempo.
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pubblicato il 21 ottobre 2011
Le lingue dellEuropa nellItalia
della multietnicitą
Un
dibattito culturale e giuridico
di Micol Bruni
LEuropa
delle lingue non puņ che essere anche
considerata la geografia delle etnie che
risultano come modelli espressivi sia dal punto
di vista storico sia dal punto di vista di una
semantica che trova nelle letterature un punto
di contatto ma anche di riferimento
significativo.
Ma se
esiste unEuropa delle lingue, e quindi, della
multietnicitą in termini antropologici ciņ č
dovuto anche ad una considerazione
interpretativa di norme giuridiche che
stabiliscono la possibilitą di tutelare, nei
vari territori e, quindi, nelle varie nazioni,
quelle lingue minoritarie che rappresentano
elementi di ricchezza e di interazione tra
ereditą e civiltą che stanno alla base della
convivenza dei popoli.
Soprattutto, in Europa la diversitą delle
lingue, fermo restando che ogni Nazione ha il
dovere e il diritto, secondo norme
costituzionali, di tutelare, conservare,
valorizzare e promuovere la lingua di
appartenenza, č una rappresentativitą di una
storia politica e giuridica che trova le sue
radici sia nelle etą greco romane ma in modo
particolare focalizzate in quelle etą moderne
che vanno dal Medievo al Seicento (in Italia i
codici dei vocaboli proprio nelletą barocca
sono lo scavo di un rapporto tra le lingue
ufficiali dei territori e i dialetti dei
microterritori) , dalletą pre- illuminista a
tutto lIlluminismo sino al contesto pre e post
unitario in Italia e alla fine delle guerre di
indipendenza di tutta Europa.
In ogni
contesto epocale la lingua come manifestazione
letteraria ha dovuto sempre fare i conti con una
visione applicativa della lingua o delle lingue
parlate e scritte nei diversi territori. Il
passaggio dalloralitą alla scrittura ha segnato
delle linee marcanti in cui la letteratura, e in
epoca contemporanea lantropologia della
letteratura, si č dovuta confrontare con
lapplicazione e, quindi, la diffusione di una
parlata. Cč da dire anche che ogni epoca in
Italia come in tutta Europa ha avuto i suoi
trasversalismi linguistici che non sono altro
che processi contaminanti. Per fare un esempio
nel Regno di Napoli, gią Regno delle Due
Sicilie, la lingua italiana era la parlata
usata nel tessuto territoriale di quelli che
costituiranno, successivamente, le Regioni e di
quelle che sono state le realtą della
Magnagrecia prima e gli intrecci normanni
bizantini arabi successivamente. Cosģ, come il
francesismo o la piemontisazzione di alcune
aree del Nord dellItalia.
Soltanto
con i grandi dibattiti ottocenteschi e
risorgimentali in Italia si č giunti, con le
ereditą di Bembo, ad una lingua che doveva
unificare le lingue. Il dibattito č proseguito
sino alla Carta Costituzionale del 1948 ed ancor
pił fino alla legge che riguarda la tutela delle
minoranze linguistiche in cui si sancisce nel
primo articolo che la lingua ufficiale č
litaliano. Questo dal punto di vista
semigiuridico ma cč sempre un processo
antropologico che č, quindi, etnico che si č
sviluppato nel corso dei secoli e degli anni.
Ormai,
se vogliamo usare una sintesi stretta ogni
territorio ha una ereditą tri linguistica :
litaliano, il dialetto della regione , il
dialetto della periferia (senza tenere conto
delle influenze angloamericane di altro
genere). Č un dato positivo, certamente, perché
con le lingue e con i linguaggi č possibile
entrare anche nella storia di altri popoli.
LItalia č stata contaminata ma riesce
nonostante tutto a contaminare.
E in
unEuropa che si consolida sia per una
etnocentricitą mediterranea e sia nordico
tedesca, inglese la vera lingua diventa una
metafora eccezionale e fondamentale che č quella
che ci fa dire che la mia lingua diventa la mia
patria. Una metafora che ha ramificazioni
chiaramente letterarie ma ci impegna in termini
istituzionali e costituzionali a garantire
lidentitą di una Nazione perché in tal senso la
mia lingua diventa come espressione della mia
Nazione.
Č
accertato ormai che in Europa sono state
censite ventitrč lingue ufficiali e oltre
sessanta comunitą autoctone che si manifestano
con un linguaggio o una lingua che č quella
prettamente regionale e in questo caso diventa
una lingua minoritaria. Questo č un dato di
fatto, accertato, ma accanto a questa
sottolineatura ci sono quelle lingue che vengono
parlate da cittadini che provengono da oltre
Europa e quindi costituiscono un elemento in pił
in quel processo contaminante in cui la lingua č
si uno stadio fondamentale, ma come gią si
diceva, necessita di un legame con le culture
degli altri popoli.
Quindi,
lingue e etnie sono sicuramente un portato
storico ma costituiscono anche un percorso
dentro quel mosaico delle lingue moderne che
preannunciano un futuro sempre pił contaminante.
E ancora di pił ciņ avvalora la necessitą di una
tutela forte, nel nostro caso, della lingua
italiana nei confronti delle influenze pur
positive che vengono da mondi e realtą esterne.
La
lingua italiana va tutelata ma dentro questa
stessa antropologia della lingua ci sono da una
parte le lingue minoritarie che sono vere e
proprie lingue come arbereshe, il croato, lo
slavo, il ladino (lart2 L. 482/99 cosģ recita:
In attuazione dellarticolo 6 della
Costituzione e in armonia con i principi
generali stabiliti dagli organismi europei e
internazionali, la Repubblica tutela la lingua e
la cutura delle popolazioni albanesi, catalane,
germaniche, greche, slovene e croate e di quelle
parlanti il francese, il franco provenzale, il
friulano, il ladino, loccitano e il sardo)
e
dallaltra i dialetti che unificano le geografie
in una visione inclusiva tra tradizioni e
ereditą.
Daltronde la Carta Costituzionale nei suoi
articoli, 3 e 6, manifesta una ben precisa
dialettica intorno allaccoglienza delle altre
lingue. Cč da precisare che il concetto di
cittadinanza della lingua resta pur sempre
quella ufficiale ma le opportunitą di conoscenza
sono un valore aggiunto in una storia di
unItalia che non ha mai dimenticato leticitą
di una lingua per tutti.
Proprio
in questa chiosa il rapporto tra lingua
ufficiale, lingue minoritarie e i dialetti č
costantemente un rapporto aperto, forte dove
lidentitą č forte ed estremamente significativo
dove la storia non ha timore di essere aggredita
da alcun compromesso.
Letnicitą delle lingue resta un valore da
condividere perché in tal senso proprio la
condivisione diventa una contaminazione non solo
metafisica ma profondamente culturale.
*Nella foto:
Micol Bruni - Cultore in Storia del Diritto
Italiano UNIBA
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pubblicato il 25 Febbraio 2011
Intervista al Prof. Italo Fortino
a cura di Merita Bruci Sauku
Al Prof. I. C.
Fortino, Ordinario di Lingua e Letteratura
Albanese allUniversitą LOrientale di Napoli, č
stato conferito il Premio Cittą di Spezzano
Albanese il 30 dicembre 2010, dallAssociazione
Bashkim Kulturor Arbёresh e
dallAmministrazione Comunale di Spezzano
Albanese (CS), con la seguente motivazione: A
Italo Costante Fortino, arbёresh, studioso della
lingua e letteratura albanese, albanese di fama
internazionale per la sua opera estesa e
multiforme a favore dellAlbanesitą. In
particolare per la valorizzazione dellopera del
letterato spezzanese Giuseppe Angelo Nociti e
del saggista-storico Giovanni Laviola.
A lui abbiamo rivolto quattro domande.
Che
significato ha avuto per lei il Premio Cittą di
Spezzano Albanese assegnatole di recente?
Al
di lą dellonore che mi č stato tributato col
conferimento del suddetto Premio, di cui
ringrazio profondamente lAmministrazione
comunale di Spezzano e in particolare
lAssociazione Bashkim Kulturor Arbёresh,
ritengo che il mio contributo alla
valorizzazione della cultura arbёreshe sollevi
il problema della vera tutela di una cultura,
ricca e preziosa, comč la nostra, larbёreshe,
che da pił di cinque secoli si č dimostrata
vitale e produttiva.
Questo Premio
ha il merito di segnalare le personalitą che con
impegno lavorano a favore della comunitą, con lo
scopo di creare un movimento di opinione che
rafforzi il senso dellidentitą culturale e la
compattezza della stessa comunitą. La vera
tutela si basa su dati obiettivi che prevedono
da un lato la conoscenza reale dello stato della
cultura, dallaltro il ricorso a strumenti
adatti ed efficaci che concorrano a rafforzare e
sviluppare una cultura che nel mondo
globalizzato attuale potrebbe correre il rischio
di scomparire. I dati obiettivi, poi, devono
tendere a far prendere provvedimenti adeguati a
favore di una cultura minoritaria che si trova
in una fase di indebolimento, tenendo presente
anche quanto č avvenuto e avviene per altre
culture che si sono trovare o si trovino nelle
stesse condizioni di quella arbёreshe.
Il significato
profondo, dunque, č strettamente connesso con
lesistenza della cultura arbёreshe, la sua
preziositą oggi, e non solo di quella storica
del passato, e ancora valida in un mondo
globalizzato che cerca di annullare in maniera
sprezzante quanto ritenuto non produttivo e
commercialmente non soddisfacente. Si ribadisce,
in altri termini, il valore in sé e non solo
quello di funzione. Luomo, il suo benessere
interiore, la sua cultura devono essere al
centro dellesperienza umana e non laffare e il
commercio, anche se, sappiamo bene che il
commercio serve, come serve anche linglese.
Quali
sono gli obiettivi raggiunti con la sua ricerca?
Il
primo obiettivo raggiunto č stato quello di far
conoscere, nella loro autenticitą, alcune opere
rare o inedite della letteratura arbёreshe. Dopo
la fase romantica del risveglio della cultura
arbёreshe, si rendeva urgente entrare nel merito
delle opere per assaporarne il gusto estetico e,
attraverso la lettura approfondita arrivare a un
giudizio critico il pił possibile obiettivo. Gią
nel 1984 la pubblicazione, a mia cura,
dellopera della Gjella e Shёn Mёris Virgjёr
di Giulio Varibobba, poneva i presupposti
sicuri per una lettura dellopera nella forma
pił originale possibile, attraverso ledizione
critica. Ciņ ha permesso al lettore comune e a
quello specialistico di leggere con tutte le
garanzie scientifiche unopera altamente lirica
con una sua coloritura del tutto particolare.
Oggi sono
anche pił soddisfatto perché lopera č stata
pubblicata in Albania, in una seconda edizione,
per i lettori doltre Adriatico, con lo stesso
rigore scientifico e in bella veste tipografica
(Jul Variboba, Gjella e Shёn Meris Virgjёr,
Pёrgatitur nga Italo Costante Fortino, me
kujdesin e Akademikut Jorgo Bulo, Visare tё
Letёrsisё Shqiptare, Botimet Toena, Tiranё
2010).
Linedito
della letteratura arbёreshe ha sollecitato le
mie ricerche e mi ha fatto scoprire uno
scrittore prima completamente assente nella
storia della letteratura albanese: Giuseppe
Angelo Nociti (1832-1899), di Spezzano Albanese
(CS), di cui ho pubblicato finora i suoi inni (Rёmenxa
tarbresha / Rime albanesi, Brenner, Cosenza
1992) e il poemetto dedicato a Scanderbeg (Ndihmja
e Krojёs, in Giorgio Castriota Scanderbeg
nella storia e nella letteratura, Atti del
Convegno Internazionale, Napoli, 2007, pp.
153-194).
Si tratta di
un poeta e studioso molto interessante, sia per
la sua vena poetica, sia per il processo di
elevazione della lingua popolare a lingua della
letteratura, sia anche per i suoi studi
linguistici che abbracciano soprattutto la
lessicografia albanese. Per quanto riguarda
questultimo aspetto ho avuto modo di far
conoscere alcuni aspetti del suo contributo alla
lessicografia in occasione della Conferenza
Scientifica Internazionale dedicata a Costantino
Kristoforidhi (Elbasan 2002) con la relazione
dal titolo: Leksiku i K. Kristoforidhit nё
Fjalorin dorёshkrim tё Xhuzepe Anxhelo Noēiti.
Legato a questo contributo, mi č gradito dare la
notizia che fra breve darņ alle stampe il suo
Vocabolario albanese che raccoglie pił di
10.000 lemmi. Una personalitą ricca di interessi
e di studi, come quella del Nociti, non poteva
rimanere ignota al mondo della cultura e della
letteratura albanese.
Sempre sulla
linea della pubblicazione dellinedito della
letteratura arbёreshe si muovono gli altri
lavori che interessano le opere di un grande
scrittore dellOttocento: Francesco Antonio
Santori. La pubblicazione di alcune novelle in
versi mi hanno dato lo spunto per sottolineare
la novitą della sua creazione letteraria:
linteresse per il sociale e linaugurazione
della letteratura impegnata. Cosģ anche la
pubblicazione delle sue Kalimere
(Brenner, Cosenza, 2004) sono il segno della
dimensione che la componente religiosa ha avuto
per la spiritualitą bizantina delle comunitą
arbёreshe e per il rafforzamento dellidentitą
culturale.
Anche da
questi brevi cenni si puņ dedurre come la
cultura arbёreshe dal Dopoguerra ad oggi si vada
irrobustendo nelle sue ricerche scientifiche,
che poi vengono calate negli ambiti pił diffusi
ed estesi per permeare tutta la componente
comunitaria.
Qual
č lo stato attuale della lingua, della
letteratura e della cultura arbёreshe?
Se
confrontiamo lo stato attuale della lingua
parlata nelle comunitą arbёreshe dellItalia
meridionale con il passato, constatiamo che si č
verificato una diminuzione statistica dei
parlanti arbёrisht soprattutto presso le nuove
generazioni. La trasmissione della lingua
parlata in famiglia e nel paese si č indebolita
a favore dellitaliano. Si spera in una ripresa
quando linsegnamento scolastico dellarbёrisht
sarą pił incisivo e meglio organizzato, in modo
da sopperire alla diminuzione di incidenza nella
trasmissione della lingua che prima avveniva
soprattutto a livello di famiglia e di comunitą
nel suo complesso.
La creazione
letteraria, invece, dal Dopoguerra ad oggi sta
vivendo una stagione fiorente, con un numero di
autori che va arricchendosi di continuo. Accanto
a poeti del livello di Vorea Ujko, di Dushko
Vetmo, di Giuseppe Schirņ di Maggio, si va
affermando una pleiade di voci nuove che
scrivono tanto in poesia che in prosa. E
significativo che esista una rivista da circa
dieci anni che č scritta interamente in
albanese: Jeta arbёreshe, in cui scrivono
tanto arbёreshё nelle varie parlate, quanto
shqiptarё nella lingua standard ma su argomenti
arbёreshё.
Ritengo che
negli ultimi decenni si sia allargata la cerchia
di chi sappia scrivere nella propria lingua
materna, sia per leffetto del risveglio
generale per le culture minoritarie esistenti
sul territorio italiano, che sempre pił vengono
considerate come una vera ricchezza nazionale, e
sia per la Legge 482 approvata dal Parlamento
italiano nel 1999 che tutela queste minoranze.
Tuttavia,
nonostante questo risveglio dellinteresse, la
salute della cultura arbёreshe non č buona: la
pressione esercitata dalla cultura dominate,
quella italiana, sta assorbendo la cultura
minoritaria arbёreshe. Il vento delle
trasformazioni e dei contatti sempre pił veloci
tra elemento italiano e elemento arbёresh soffia
con violenza e tende a spazzare via le identitą
locali.
Sembra che ci
troviamo di fronte a due fenomeni contrapposti:
il primo č una tendenza appannaggio di una élite
di intellettuali e di appassionati che si
dedicano con impegno e dedizione alla
valorizzazione della cultura materna dei vari
paesi arbёreshё; il secondo č rappresentato
dallavanzamento massiccio della cultura
italiana che disgrega, assorbendola, quella
arbёreshe, che non possiede gli strumenti adatti
per uno sviluppo istituzionale, organico e
sistematico. Venendo meno la trasmissione
tradizionale della cultura arbёreshe che, in
passato avveniva attraverso la famiglia e la
piazza o la comunitą, se non si provvederą a
sostituirla con listruzione istituzionalizzata
e obbligatoria, con le stesse prerogative della
cultura dominante italiana, si rischia un
continuo indebolimento fino alla scomparsa.
Quali
prospettive, dunque, intravede per la lingua e
la cultura arbёreshe?
Nonostante
la comprensibile difficoltą in cui si trova la
lingua e la cultura arbёreshe di fronte
allazione di assorbimento che opera la lingua e
la cultura italiane da una posizione dominante,
sono convinto che molto si puņ fare con
prospettive positive che garantiranno la loro
continuitą.
Il ruolo
principale oggi lo deve svolgere la scuola,
perché la cultura arbёreshe da cultura
analfabeta diventi cultura scritta da tutti i
membri della comunitą. Oggi esiste la legge di
tutela delle minoranze linguistiche storiche
esistenti sul territorio italiano, ebbene questa
legge deve essere migliorata al fine di rendere
obbligatorio linsegnamento della lingua della
letteratura e della cultura arbёreshe nella
scuola dellobbligo: č un dovere dello stato
italiano insegnare a scrivere ai bambini la
lingua dei propri genitori. Un esempio: nel
1867 dei 300.000 cittadini della popolazione
maori della Nuova Zelanda solo un quarto
usava la propria lingua indigena, tutti gli
altri parlavano inglese. Con listituzione
massiccia di scuole che insegnavano il loro
idioma, prima di tutto i nidi di lingua, per i
pił piccini, e poi la scuola elementare e media
di primo grado, alla fine del secolo raggiunsero
un obiettivo soddisfacente: la gran parte dei
maori era alfabetizzata nella propria lingua
e cultura. Oggi nella Nuova Zelanda il maori č
lunica lingua indigena che continua ad essere
parlata.
Altro punto
importante č il coinvolgimento dei
parlanti arbёrisht nel processo di
rivitalizzazione della propria cultura. Va
operata una forma di sensibilizzazione delle
famiglie e dellintera comunitą con un impegno
spontaneo e convinto a favore della lingua
materna che oggi č minacciata. Questo
coinvolgimento deve avere come obiettivo la
convinzione che luso dellarbёrisht non
danneggia i parlanti in nessun modo, anzi li
privilegia, perché li fa crescere e sviluppare
armonicamente con la cultura di base e li
facilita nellapprendimento di altri codici
linguistici (inglese, francese, tedesco
).
Un ruolo
altrettanto importante nella difesa delle lingue
deboli lo svolgono i linguisti o pił
genericamente gli studiosi. Essi
hanno il compito di studiare scientificamente le
parlate, in questo caso, quelle arbёreshe, farne
la descrizione e arrivare a formulare strumenti
didattici utili per tutti i parlanti. Molto č
stato fatto negli ultimi anni. Cito solo alcuni
testi: La parlata albanese di Greci,
fatta da M. Camaj (Firenze 1971), Arbёrishtja
pёr tё gjithё di Giuseppe Schirņ Di Modica
(Piana Degli Albanesi 2005), Gramatikё
arbёreshe di Emanuele Giordano (2005), e il
manuale in due volumi destinato alle scuole
Alfabetizzazione arbёreshe (Ed. Il
Capitello, Torino 2000), compilato da una equipe
di studiosi (C. Stamile, A. Giodano, V. Bruno,
I. C. Fortino, E. Tocci, E. Giordano) e promosso
dallAssociazione Insegnanti Albanesi dItalia.
Un fenomeno
interessante si č verificato negli ultimi anni:
la lingua arbёreshe, che č stata considerata
solo lingua delle comunicazioni familiari e
popolari, viene utilizzata, da alcuni pionieri,
anche nelle conferenze e nei convegni, ossia
nelle comunicazioni pił impegnative e di
prestigio che si tengono nei paesi arbёreshё.
Ciņ concorre a dare prestigio alla lingua
arbёreshe e la mette alla prova per esprimere
concetti astratti e impegnativi.
In conclusione
ritengo che se vengono presi provvedimenti nella
linea che ho indicato, la lingua e la cultura
arbёreshe hanno buone prospettive di resistenza
al pericolo della scomparsa e possibilitą di
reale sviluppo, in quanto rappresentano una vera
ricchezza dellintero stato italiano in cui sono
inserite.
Era e
ndryshimeve tenton tė pėrlajė identitetet lokale
Prof. Italo
Costante Fortino, studiues arbėresh me famė
ndėrkombėtare ka njė jetė qė punon pėr njė
kulturė tė shkėputur prej pesė shekujsh nga
Shqipėria.
Nė njė intervistė pėr "Shekullin": "Njeriu,
mirėqenia e tij e brendshme, kultura e tij duhet
tė jenė nė qendėr tė vėmendjes tė pėrvojės
njerėzore dhe jo biznesi dhe tregtia, megjithėse
e dimė se edhe tregtia duhet, siē duhet edhe
anglishtja."
"Italo Kostante Fortinos, arbėresh, studiues i
gjuhės dhe letėrsisė shqipe, shqiptar me famė
ndėrkombėtare pėr veprėn e tij tė gjerė dhe tė
larmishme nė tė mirė tė Shqiptarisė. Nė veēanti
pėr vlerėsimin e veprės sė shkrimtarit spexanjot
Xhusepe Anxhelo Noēiti dhe tė eseistit dhe
historianit Xhovani Laviola."
Me kėto fjalė Kozenca i ka shprehur mirėnjohjen
Italo Kostante Fortinos, profesorit ordinar tė
gjuhės dhe letėrsisė shqipe nė Universitetin
"L'Orientale" tė Napolit. Nė ndėrrimin e vitit
2010, atij iu dha ēmimi "Cittą di Spezzano
Albanese" nga Bashkim Kulturor Arbėresh dhe
Bashkia e Spexano Albanese-s.
Prof. Fortino, ē'do tė thotė pėr ju ky ēmim
qė ju ėshtė dhėnė sė fundmi?
E konsideroj i njė nder qė mė bėhet. Vlerėsoj se
tė ndihmosh nė nxjerrjen nė pah tė kulturės
arbėreshe do tė thotė tė ngresh problemin e
mbrojtjes sė "vėrtetė" tė njė kulture, tė pasur
e tė ēmueshme, siē ėshtė jona, arbėreshe, qė
prej mė se pesė shekujsh mbetet ende e gjallė e
pjellore.
Ky ēmim ka meritėn se shquan personalitete qė me
pėrkushtim punojnė nė tė mirė tė komunitetit, me
qėllim qė tė krijojnė njė lėvizje mendimesh me
synim forcimin e ndjenjės sė identitetit
kulturor dhe kompaktėsinė e tij.
Mbrojtja "e vėrtetė" bazohet nė tė dhėna
objektive qė parashikojnė nga njėra anė njohjen
reale tė gjendjes sė kulturės, mė anė tjetėr
pėrdorimin e mjeteve tė duhura dhe efikase: qė
tė dyja bashkėveprojnė pėr tė forcuar dhe
zhvilluar njė kulturė, e cila pėrballė botės sė
globalizuar mund tė rrezikojė tė zhduket.
Tė dhėnat objektive duhet tė ndiqen mė pas nga
marrja e masave tė pėrshtatshme, nė tė mirė tė
njė kulture minoritare nė fazė dobėsimi, duke
pasur parasysh edhe atė qė ka ndodhur e vėrehet
ēdo ditė me kulturat e tjera qė gjenden nė tė
njėjtat kushte me atė arbėreshe.
Nė njė vėshtrim mė tė thelluar, kjo mbrojtje
ėshtė ngushtėsisht e lidhur me ekzistencėn e
kulturės arbėreshe, vlerėn e ēmuar qė ka ajo
sot, e jo vetėm atė historike, tė sė shkuarės,
por ende tė vlefshme edhe nė kėtė botė tė
globalizuar qė kėrkon tė fshijė mospėrfillshėm
atė qė konsiderohet jo prodhuese e jo e
kėnaqshme nga pikėpamja komerciale.
Marrin jetė, me fjalė tė tjera, vlerat nė
vetvete dhe jo vetėm ato funksionale. Njeriu,
mirėqenia e tij e brendshme, kultura e tij duhet
tė jenė nė qendėr tė vėmendjes tė pėrvojės
njerėzore dhe jo biznesi dhe tregtia, megjithėse
e dimė se edhe tregtia duhet, siē duhet edhe
anglishtja.
Ēfarė objektivash keni arritur gjatė
kėrkimeve tuaja?
Sė pari kam botuar e bėrė tė njohur disa vepra
tė rralla apo tė pabotuara tė letėrsisė
arbėreshe. Pas fazės romantike tė rizgjimit
kulturor tė kulturės arbėreshe, u bė e ngutshme
qė tė njiheshin veprat letrare pėr tė shijuar
estetikisht, dhe nėpėrmjet leximit tė thelluar
tė mund tė mbėrrihej nė njė gjykim kritik sa mė
objektiv.
Qė nė 1984 pėrgatita dhe nxora nga shtypi
botimin kritik tė veprės Gjella e Shėn Mėrisė sė
Virgjėr tė Jul Varibobės. Ky botim hedh baza tė
sigurta pėr njė lexim tė veprės nė formėn
origjinale mė tė mundshme, nėpėrmjet botimit
kritik. Kjo i ka lejuar lexuesit tė thjeshtė dhe
atij tė specializuar tė lexojė me tė gjitha
garancitė shkencore njė vepėr mjaft lirike dhe
me njė kolorit krejt tė veēantė.
Sot jam edhe mė i kėnaqur se vepra ėshtė
ribotuar edhe nė Shqipėri, pėr lexuesit pėrtej
Adriatikut, me tė njėjtėn saktėsi shkencore dhe
me njė veshje tė bukur tipografike (Jul
Variboba, Gjella e Shёn Mėris Virgjёr,
Pёrgatitur nga Italo Costante Fortino, me
kujdesin e Akademikut Jorgo Bulo, Visare tё
Letёrsisё Shqiptare, Botimet Toena, Tiranё
2010).
Veprat e pabotuara tė letėrsisė shqipe kanė qenė
nxitje pėr kėrkimet e mia dhe mė kanė ndihmuar
tė zbuloj njė shkrimtar arbėresh tė papėrmendur
nė historinė e letėrsisė shqipe: Xhuzepe Anxhelo
Noēiti (Giuseppe Angelo Nociti 1832-1899), nga
Spixana (Spezzano Albanese), nga i cili kam
botuar deri tani himnet e tij (Rёmenxa
t'arbresha / Rime albanesi, Brenner, Cosenza
1992) dhe poemthin kushtuar figurės sė
Skėnderbeut (Ndihmja e Krojёs, nė "Giorgio
Castriota Scanderbeg nella storia e nella
letteratura", Atti del Convegno Internazionale,
Napoli, 2007, ff. 153-194). Bėhet fjalė pėr njė
poet dhe studiues shumė interesant, si pėr venėn
e tij poetike, pėr procesin e ngritjes sė gjuhės
popullore nė gjuhė tė letėrsisė, ashtu edhe pėr
studimet gjuhėsore qė lidhen kryesisht me
leksikografinė shqipe.
Lidhur me kėtė tė fundit, kam vėnė nė dukje disa
aspekte tė kontributit tė tij pėr leksikografinė
nė njė Konferencė Shkencore Ndėrkombėtare
kushtuar Kostandin Kristoforidhit (Elbasan 2002)
nė njė kumtesė mė titull Leksiku i K.
Kristoforidhit nё Fjalorin dorёshkrim tё Xhuzepe
Anxhelo Noēiti. Kam gjithashtu kėnaqėsinė tė bėj
tė ditur qė sė shpejti dorėzoj pėr shtyp veprėn
e Xh.A. Noēitit Vocabolario Albanese (Fjalor
Shqip) qė pėrmban 10.000 lema. Njė personalitet
me interesa dhe studime, si ai i Noēitit, nuk
mund tė mbetej i panjohur pėr botėn kulturore
dhe letrare shqiptare.
Gjithė nė hullinė e botimit tė dokumenteve tė
pabotuara tė letėrsisė shqipe pėrparojnė edhe
punė qė kanė tė bėjnė me veprėn e njė autori tė
madh arbėresh tė shekullit XIX: Frangjisk Anton
Santori (Francesco Antonio Santori).
Publikimi i disa novelave nė vargje (romanzetti)
mė kanė dhėnė shtysėn pėr tė vėnė nė dukje
risinė e krijimit tė tij letrar: interesin e
treguar pėr ēėshtjet me karakter shoqėror dhe
fillesat e letėrsisė sė angazhuar. Kėshtu botimi
pėr herė tė parė i Kalimereve (Brenner, Cosenza,
2004) dėshmon pėr rolin qė komponenti fetar ka
pasur nė spiritualitetin bizantin tė
komuniteteve arbėreshe dhe nė forcimin e
identitetit kulturor.
Edhe nga kėto pak shėnime mund tė kuptohet si
kultura arbėreshe, nga periudha e pas Luftės sė
Dytė Botėrore e deri mė sot, vjen duke u forcuar
nė kėrkimet shkencore, qė mė pas pėrhapen e
shtrihen mė tej duke pėrfshirė tė gjithė
komunitetin.
Cila ėshtė
gjendja e gjuhės, e letėrsisė dhe e kulturės
arbėreshe sot?
Nėse e krahasojmė gjendjen aktuale tė gjuhės sė
folur nė komunitetet arbėreshe tė Italisė
Jugore, me tė kaluarėn, verifikohet njė rėnie
statistikore e arbėrishtfolėsve, sidomos tek
brezat e rinj.
Pėrcjellja e
gjuhės sė folur nė gjirin e familjes dhe mė
gjerė nė katund ėshtė dobėsuar nė favor tė
gjuhės italiane. Shpresohet pėr njė rimarrje kur
mėsimi i arbėrishtes nė shkolla tė jetė mė
energjik dhe i mirėorganizuar, nė mėnyrė qė t'i
paraprijė rėnies sė pėrēuarjes sė gjuhės, peshė
tė cilėn mė parė e mbante familja dhe komuniteti
nė njė vėshtrim mė tė gjerė.
Ndėrsa, krijimi letrar, qė pas Luftės e deri mė
sot po jeton njė stinė lulėzimi, me njė numėr
autorėsh qė sa vjen e pasurohet. Krahas poetėve
tė njohur si Vorea Ujko, Dushko Vetmo, Zef Skiro
di Maxho, po afirmohet edhe njė plejadė zėrash
tė rinj qė shkruajnė si nė poezi edhe nė prozė.
Ėshtė kuptimplotė fakti qė ekziston edhe njė
revistė Jeta Arbėreshe ku prej dhjetė vitesh
botohet tėrėsisht nė shqip, ku shkruajnė si
arbėreshė, nė tė folmet e tyre pėrkatėse ashtu
edhe shqiptarė, nė kodin standard, por mbi
argumente qė lidhen me arbėreshėt.
Kujtoj kėtu se nė dhjetėvjeēarėt e fundit rrethi
i atyre qė dinė tė shkruajnė nė tė folmet e vet
amtare, ėshtė zgjeruar. Kjo falė zgjimit nė
pėrgjithėsi tė interesit pėr kulturat minoritare
qė gjallojnė nė territorin italian, dhe qė
konsiderohen gjithnjė e mė shumė njė pasuri e
vėrtetė kombėtare, ashtu edhe falė Ligjit 482,
aprovuar nga Parlamenti italian mė 1999 qė mbron
kėto pakica.
Gjithsesi, me gjithė kėtė zgjim tė interesit,
shėndeti i kulturės arbėreshe nuk ėshtė i mirė:
presioni qė ushtron kultura sunduese, ajo
italiane, po e thith kulturėn minoritare
arbėreshe. Era e ndryshimeve dhe e kontakteve
gjithnjė e mė tė shpejta ndėrmjet elementit
italian dhe atij arbėresh fryn me furi dhe
tenton tė pėrlajė identitetet lokale.
Na duket se gjendemi pėrballė dy fenomenesh tė
kundėrta: i pari ėshtė njė tendencė, privilegj i
njė elite intelektualėsh, tė pasionuarish qė i
kushtohen me angazhim e pėrkushtim evidentimit
tė kulturės amtare tė fshatrave tė ndryshme
arbėreshe; i dyti pėrfaqėsohet nga pėrparimi i
madh i kulturės italiane qė shkėrmoq e gllabėron
atė arbėreshe, qė nuk zotėron mjetet e duhura
pėr njė zhvillim institucional, organik e
sistematik.
Mpakja, zbehja e pėrcjelljes tradicionale tė
kulturės arbėreshe, qė nė tė kaluarėn bėhej
nėpėrmjet, familjes, sheshit tė katundit o vetė
komunitetit, nėse nuk parashikohet tė
zėvendėsohet nga arsimimi nė rrugė
institucionale dhe i detyrueshėm, me tė njėjtat
prerogativa si kultura sunduese italiane,
rrezikon njė dobėsim tė vazhdueshėm deri nė
zhdukje.
A shihni perspektiva pėr gjuhėn dhe kulturėn
arbėreshe?
Vėshtirėsitė
qė po kalon gjuha dhe kultura arbėreshe pėrballė
veprimit pėrthisės qė ushtron gjuha dhe kultura
italiane nisur nga njė pozitė sunduese, janė tė
kuptueshme. Megjithatė, jam i bindur se mund tė
bėhet shumė me perspektiva pozitive qė mund tė
garantojnė vazhdimėsinė e tyre.
Rolin kryesor nė kėtė betejė duhet ta luajė
shkolla, nė mėnyrė qė kultura arbėreshe nga njė
kulturė analfabete tė shndėrrohet nė njė kulturė
tė shkruar nga tė gjithė anėtarėt e njė
komuniteti.
Sot ka njė
ligj pėr mbrojtjen e pakicave gjuhėsore
historike qė jetojnė nė territorin italian, por
ky ligj duhet pėrmirėsuar me qėllim qė ta bėjė
tė detyrueshėm mėsimin e gjuhės, letėrsisė dhe
kulturės arbėreshe nė kuadėr tė arsimit tė
detyruar shkollor: kjo detyrė i takon shtetit
italian tė sigurojė qė nxėnėsve t'u mėsohet tė
shkruhet gjuha e prindėrve tė tyre. Po sjell njė
shembull: nė 1867 nga 300.000 shtetas tė
popullsisė maore, nė Zelandėn e RE, vetėm ¼
pėrdorte tė folmen e vet amtare, tė gjithė tė
tjerėt pėrdornin anglishten.
Me hapjen masive tė shkollave ku mėsohej e
folmja e tyre, qė nga "ēerdhet e gjuhės" pėr mė
tė vegjlit, e mė pas me shkollėn 9 vjeēare tė
ciklit tė ulėt e tė lartė, nė fund tė shekullit
u arrit njė objektiv i kėnaqshėm: pjesa mė e
madhe e popullsisė maore ishte e alfabetizuar nė
gjuhėn dhe kulturėn e saj. Sot nė Zelandėn e Re,
gjuha maori ėshtė e vetmja gjuhė indigjene qė
vazhdon tė flitet.
Njė pikė tjetėr e rėndėsishme ėshtė pėrfshirja e
vetė arbėrishtfolėsve nė procesin e
rigjallėrimit tė kulturės sė vet. Kėrkohet njė
ndėrgjegjėsim i familjeve dhe i tėrė
komunitetit, njė angazhim spontan e bindės nė tė
mirė tė gjuhės amtare qė sot ėshtė e kėrcėnuar.
Kjo pėrfshirje duhet tė synojė si objektiv
parėsor tė bindė komunitetin se tė flasėsh
arbėrisht nuk i dėmton asesi folėsit,
pėrkundrazi i privilegjon, sepse i rrit dhe i
zhvillon nė mėnyrė harmonike me kulturėn bazė
dhe i lehtėson edhe nė asimilimin e kodeve tė
tjera gjuhėsore (anglisht, frėngjisht,
gjermanisht)
Njė rol jo mė pak tė rėndėsishėm nė mbrojtjen e
tė folmeve tė kėrcėnuara e luajnė gjuhėtarėt,
ose mė gjerė studiuesit.
Ata kanė pėr detyrė t'i studiojnė shkencėrisht
kėto tė folme, arbėreshet nė rastin tonė, tė
bėjnė pėrshkrimin e tyre dhe tė hartojnė mjetet
didaktike tė nevojshme pėr tė gjithė folėsit.
Ėshtė bėrė njė punė e mirė nė kėtė drejtim.
Po citoj disa tekste: La parlata albanese di
Greci, hartuar nga M. Camaj (Firenze 1971),
Arbёrishtja pёr tё gjithё me autor Giuseppe
Schirņ Di Modica (Piana Degli Albanesi 2005),
Gramatikё arbёreshe me autor Emanuele Giordanon
(2005), dhe njė manual shkollor nė dy vėllime
Alfabetizzazione arbёreshe (Ed. Il Capitello,
Torino 2000), hartuar nga njė grup studiuesish
(C. Stamile, A. Giordano, V. Bruno, I. C.
Fortino, E. Tocci, E. Giordano) me nxitjen e
Shoqatės sė Mėsuesve Shqiptarėve tė Italisė.
Njė fenomen interesant po vihet re kėta vitet e
fundit.
Arbėrishtja, qė deri dje konsiderohej si gjuhė e
komunikimit familjar dhe popullor, sot pėrdoret,
nga disa pionierė tė kėsaj nismeje, edhe nė
konferenca e tubime tė ndryshme shkencore, apo
nė mbledhje mė me pėrgjegjėsi e tė rėndėsishme
qė mbahen nė katundet arbėreshe. Kjo ndihmon t'i
japė prestigj arbėrishtes dhe e vė nė provė qė
tė shprehė koncepte abstrakte dhe tė
rėndėsishme.
Nė pėrfundim mund tė them se nėse merren masa nė
drejtimet qė tregova mė lart, gjuha dhe kultura
arbėreshe kanė perspektiva tė mira qė t'i
rezistojnė rrezikut tė zhdukjes dhe mundėsi
reale zhvillimi, sepse konsiderohen edhe njė
pasuri e vetė shtetit italian, pjesė pėrbėrėse e
tė cilit janė.
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