LA SETTIMANA SANTA IN
CALABRIA
I riti della Pasqua tra
fede popolare e Folklore
I riti della Settimana Santa
per il popolo calabrese hanno profondo valore spirituale e
simbolico. I rituali della Pasqua in Calabria si svolgono
tra misteri e sangue, tra pietas popolare e folklore; ed
offrono
al popolo la possibilità di estraniarsi dal reale, anche se
solo per qualche giornata, di dimenticare convenzioni e
ruoli sociali. In particolare in questo rituale di natura
ecclesiastica, il popolo cerca di espellere le forze
malefiche che sembrano influenzare il suo vivere quotidiano
e, rinnovato e purificato, ricerca la gioia.
Questo
anelito di felicità, questa pratica di riscatto umano e
territoriale sono collettivi. La processione del Venerdì
Santo si fonda su un percorso ellittico per le strade
del paese. Il corteo parte dalla chiesa principale e torna
laddove è partito.
“La
circolarità processionale è sempre stata garanzia della sua
efficacia perché riproduce, nel suo modello, un archetipo
cosmogonico. Il moto circolare dunque è il più perfetto ed è
così eterno come sono i moti delle sfere celesti”.
I preparativi della Pasqua, la
resurrezione di Cristo e la liberazione dell’animo popolare
dall’angoscia dell’esistenza, iniziano il Giovedì santo
con i Sepolcri.
E le palme, benedette la domenica
precedente, simboleggiano la morte e la resurrezione, il
culto della fecondità: la semina e la mietitura. E simbolo
di fecondità, di rinascita, nucleo vitale sono le uova,
sempre in numero dispari, con cui si adornano i tortini di
pane (cuddrùre), i pani rituali antropomorfi (cicci), ed i
cibi pasquali.
I paesi di Calabria vivono con intenso
senso religioso la Settimana di Passione, che gli
arbereshe definiscono "grande
santa settimana"
(Java e madhe), perché
commemora le grandi opere di Dio per l'umanità.
A Laino Borgo si svolge la Giudaica,
rappresentazione della passione e morte di Cristo cui
partecipano ben 150 attori.
A Nocera Terinese si perpetua da
secoli il rito dei “vattienti”, con profondo
trasporto emotivo e finalità espiatoria e purificatrice.
A
Cassano si snoda dalla Cattedrale per le vie del paese la
suggestiva processione delle "Varette". Anche ad
Amantea si svolge la processione delle "varette" e
dei "misteri".
Ed ancora nelle coinvolgenti
processioni di Girifalco e Caulonia dove si svolge il "Caracòlo",
nome che deriva dall'arabo
Karhara
e significa girare; nella ‘Naca (la culla in cui è
deposto il Cristo morto) di Catanzaro,
nell’Affruntàta (incontro tra
Cristo Risorto e la Madonna) di Vibo Valentia e di Bagnara,
nelle usanze pasquali albanesi, dalle Kalimere, alla
cerimonia del Fjalza mire, alle Vallje, sta la
Calabria dei riti, del legame con la natura, dell’orgoglio
delle proprie tradizioni.
La settimana santa
con i suoi rituali
complessi
esprime la religiosità della popolazione.
Gli antichi rituali della Settimana Santa nella zona del
Pollino, sono per lo più comuni a tutti quelli degli altri
paesi di Calabria; e nel tempo, hanno subito profonde
trasformazioni soprattutto nelle aree in cui i processi di
evoluzione economica e tecnologica hanno mutato radicalmente
le condizioni di vita della popolazione.
Già negli anni cinquanta la massa popolare, che aveva
partecipato alle lotte per la terra, conquistando nuovi
ruoli sociali, che abbandonava le proprie terre e partiva
verso paesi industrializzati, in cerca di benessere, non
sentiva più quella necessità di protesta per le proprie
condizioni di miseria anche nelle grandiose manifestazioni
religiose.
Con il passare degli anni, dunque, la popolazione andava
perdendo interesse verso i riti tradizionali della
settimana santa.
Anticamente in queste manifestazioni il ruolo di
protagonista lo detenevano le corporazioni religiose, le
congreghe, poi usurpato dalla classe subalterna,
che col tempo, per smodato protagonismo, aveva trasformato
la festività sacra in momenti di libagioni e di scene
licenziose, oppure raccapriccianti, come nei rituali dei
vattienti di Nocera Terinese in provincia di Catanzaro,
Verbicaro, Terranova e Cassano.
La Chiesa, sin dal 1860, opponendosi a questa usanza,
legata a riti pagani contrastanti con quelli cristiani, per
frenare i disordini pubblici durante la processione del
Venerdì santo, chiedeva l’intervento delle forze
dell’ordine.
Anche a Castrovillari, come in altri comuni della provincia,
il Prefetto di Cosenza aveva proibito le processioni
religiose, per motivi di ordine pubblico.
Ma la popolazione continuava ad organizzare la processione,
senza il consenso del parroco (come avvenne dal 1911) e così
gli abusi continuavano per anni fino a quando nel 1927 la
Sacra congregazione del Concilio inviò un’ordinanza a tutti
i vescovi della Calabria, per regolamentare le processioni.
L’ordinanza stabiliva che la processione poteva percorrere
solo le strade principali del paese e poteva durare non più
di due ore; che non si poteva procedere all’incanto della
statua, per frenare il rito dell’offerta di somme di
danaro da parte di persone che volevano solo ostentare la
loro potenza.
Nel corso degli anni i riti della Settimana Santa subirono
molte varianti, relativamente ai cambiamenti socio-culturali
della società ed all’atteggiamento più o meno tollerante del
Clero.
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