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Vattienti in Calabria


Il rito di Nocera Terinese  

storia dei flagellanti

vattienti di Nocera Terinese e Verbicaro

il rito del sangue in Calabria


Il rito dei vattienti, persone che per assolvere ad un voto si flagellano a sangue, simbolicamente muoiono ed offrono la propria vita alla divinità.

Questa pratica rimase in vita a Terranova da Sibari in provincia di Cosenza (seppure in maniera sporadica) fino agli anni settanta.

A Verbicaro, nell’entroterra tirrenico cosentino, il rito cruento continua a praticarsi, ma come devozione stravagante, in quanto i flagellanti si cospargono interamente di sangue.

Nel rito di Nocera Terinese (Catanzaro) si fondono momenti di pietà popolare e a volte intenti politico-culturali e turistici.

La tecnica della flagellazione, rituale propiziatorio e drammatico, per alcuni aspetti affonda le sue radici nelle religioni precristiane e per altri nei rituali delle compagnie mistico-ascetiche del medioevo.

 

A Nocera Terinese (in provincia di Catanzaro) il Sabato Santo di buon’ora la processione si snoda per le strade del paese: i fratelli di una confraternita, vestiti con una tonaca bianca ed in testa una corona di spine, portano  a spalla la statua dell’Addolorata, fermandosi davanti alle Chiese ed alle edicole sacre per arrivare al Calvario, posto nella zona alta del paese a rievocare il sacrificio di Cristo, per la redenzione dell’umanità. 

La processione del Sabato Santo scende dal Calvario - Nocera Terinese - Sabato Santo 1992

 

E mentre la popolazione, al suono della banda musicale, innalza canti religiosi, arriva, correndo, un uomo scalzo, in calzoni corti neri, che si percuote a sangue le cosce  ed i polpacci con un pezzo di sughero in cui sono conficcate 13 schegge di vetro (il cardo).

La portantina con la statua della Madonna Addolorata in sosta - Nocera Terinese 1992

 

Il vattiènte, scalzo, è legato tramite una cordicella nera, in segno di lutto, all’Ecce homo  - un ragazzino a torso nudo con alla cintola un drappo rosso che porta sulle spalle una croce in legno, anch’essa ricoperta con una tela di colore rosso.

Vattiente (in foto Vito Curcio - Venerdì Santo 2009 - Nocera Terinese)

© Foto archivio: Vito Curcio

 

Il sangue da versare deve fluire costantemente vivo, cosicchè sulle ferite del vattiente viene versato dal portatote di vino (‘u spruffatùre era detto a Terranova, perché il liquido era spruzzato con la bocca) del vino misto ad aceto, per disinfettare e nello stesso tempo evitare il coagulo del sangue stesso.

U spruffature si avvicina per versare l'aceto sulle ferite del vattiente -  Nocera Terinese - Sabato Santo 1992

Foto archivio Zanoni -  tratta dal volume Riti e Miti - © Edizioni Arte26 1999

 

Il simbolismo cromatico è evidente: il colore rosso, come il sangue, scaccia il male; è rosso anche il colore dei corni che alcuni ancora oggi usano come portafortuna ed è ancora rosso il colore di qualche indumento che nella nostra società del terzo millennio si indossa per inaugurare il nuovo anno.

 

 

Vattienti di Verbicaro cospargono il loro sangue sulla soglia della Chiesa

Foto archivio Zanoni -  tratta dal volume Riti e Miti - © Edizioni Arte26 1999

 

L’atto della flagellazione ha la funzione di propiziarsi la divinità, a nome della propria famiglia, degli amici e di tutta la collettività; questo simboleggia il rituale di lasciare tracce di sangue sull’uscio delle porte e sui muri.

 

 

Il cardo o Cardillo in mano al vattiente - Nocera Terinese - Sabato Santo 1992

Foto archivio Zanoni -  tratta dal volume Riti e Miti - © Edizioni Arte26 1999

 

Col tempo la funzione apotropaica dei vattienti è andata attenuandosi e le connotazioni del rituale hanno subito trasformazioni, soprattutto in seguito alle proibizioni delle autorità civili e religiose.

 

 

 

 

Vattiente, Hecce Homo e spruffatùre - Nocera Terinese - Sabato Santo 1992

Foto archivio Zanoni -  tratta dal volume Riti e Miti - © Edizioni Arte26 1999

 

©  Autore foto: Maria Zanoni ove non altrimenti specificato.

Il testo è tratto dal volume Riti e Miti (abstract) © Arte26

 

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