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TRADIZIONI
i vattienti di Nocera
Terinese
storia dei flagellanti
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Vattienti di Nocera
Terinese - CZ
il rito dei flagellanti
del Venerdì e Sabato Santo raccontato dai protagonisti
di Maria e
Ferdinando CURCIO
Nel
1999, nel corso della Trasmissione Televisiva ( Raiuno )
“FRONTIERE”, che aveva dedicato ampio spazio al Rito dei
VATTIENTI (Flagellanti) del Venerdì e Sabato Santo in NOCERA
TERINESE (Catanzaro), l’Esimio Cardinale Ersilio TONINI,
all’uopo intervistato, solennizzò che “ANCHE LA
FLAGELLAZIONE NON E’ AUTOPUNIZIONE MA E’ QUASI VOLER
PARTECIPARE ALLA PASSIONE DEL SIGNORE, UN DESIDERIO PROFONDO
DI DIRE <<TU HAI FATTO QUESTO PER ME, IO FACCIO QUESTO PER
TE>>, E ANCHE, ANCORA, A FAR SI CHE LA GENTE VISIVAMENTE
CAPISCA CHE IL SIGNORE NON SI E’ LIMITATO A SENTIRE
SOFFERENZE PER NOI, MA E’ LA CARNE VERA, IL SANGUE VERO. SE
ALLORA C’E’ UN POSTO NEL MONDO DOVE I PECCATI, GLI ORRORI, I
DELITTI, LE VERGOGNE SONO SENTITE COME EVENTI DI COSCIENZA E
SI AVVERTE IL BISOGNO DELLA PENITENZA DI RICONOSCERE DIO
COME PADRE E DI ESPRIMERE ATTRAVERSO IL CORPO LO
STRUGGIMENTO DELL’ANIMA, BEN VENGANO; QUESTO E’ IL SEGNO DI
GRANDE MODERNITA’, LA VERA MODERNITA’ : LA LIBERAZIONE, LA
CAPACITA’ DI PORTARE IL PROPRIO ANIMO A NON SENTIRE PIU’ IL
PESO DEL PASSATO, MA A RECUPERARE TUTTE LE ENERGIE E
METTERLE A DISPOSIZIONE DEL BENE DI TUTTI”.
La
sola e semplice visione delle foto pubblicate, di qualche
filmato, di ciò che si rinviene con Internet, non sono
affatto utili a comprendere il rito dei flagellanti di
Nocera Terinese perché esso va seguito dal vivo, con amore e
particolare interesse e predisposizione d’animo.
Il Prof. Ernesto PONTIERI, illustre storico ora scomparso,
nativo di Nocera Terinese, già Magnifico Rettore
dell’Università Studi “ Federico II° “ di Napoli, in uno dei
suoi tanti libri in materia, consacrò che “ I VATTIENTI SONO
UOMINI CHE ADEMPIONO IL VOTO O PRATICANO LA DEVOZIONE, UNA
VOLTA TRAMANDATA DA PADRE IN FIGLIO, DI FLAGELLARSI
PUBBLICAMENTE, A CIO’ MOSSI DALL’INTENTO DI CASTIGARE LA
CARNE, STRUMENTO DEL PECCATO, E DI UNIRSI SPIRITUALMENTE A
CRISTO NELLE SOFFERENZE CHE PRECEDETTERO LA SUA
CROCEFISSIONE”.
E’, dunque, a NOCERA TERINESE, in provincia di Catanzaro, ad
una manciata di Km. dall’Aeroporto, dalla Stazione C.le F.S.
e dal Bivio Autostradale di Lamezia Terme, ed altrettanto
dicasi per i confini dalla città di Cosenza, che la calma,
la monotonia, la tranquillità di tutti i giorni, vengono
letteralmente stravolte, in occasione del VENERDI e SABATO
SANTO DI PASQUA, attraverso una tradizione secolare,
risalente, all’incirca, al 1260 - 1300, che, con
straordinaria puntualità, si rinnova annualmente.
E’
in questo ridente paese di circa 6 mila abitanti,
incastonato tal quale un presepe nella Valle del Fiume
Savuto, con profonde radici nella Magna Grecia al punto da
essere fortemente identificata sicuro Sito delle rinomate
colonie greche di Terina o Temesa, che viene perpetrato il
“RITO DEL SANGUE” mediante l’autentica e pura
autoflagellazione, operata da un centinaio di persone del
luogo che, per devozione, per grazia ricevuta o per un voto
fatto, si percuotono i “polponi” delle cosce e delle gambe
con degli arnesi definiti il “CARDO” e la “ROSA”, facendo
defluire sangue copioso e percorrendo gli identici sentieri
tracciati dalla imponente Processione della Stupenda,
indescrivibile Statua della Madonna Addolorata (PIETA’).
Una
Statua incantevole e paradisiaca che induce al pianto al
solo rimirarla, un Gruppo Ligneo del peso di circa 5
quintali, dal valore inestimabile, di ignoto artista, e
forse risalente al 1300, secondo le indicazioni fornite
dalla scomparsa antropologa Ida MAGLI in una nota del suo
volumetto “GLI UOMINI DELLA PENITENZA”. Tradizione vuole che
fosse stata scolpita da un pastorello che, a lavoro
completato, divenne cieco per evitare di farne riproduzione.
Si tramanda che prima di questa Sacra Icona della Pietà,
ormai, dai residenti, da sempre consacrata
“dell’Addolorata”, nel corso della processione si
trasportava altra Statua dell’Addolorata, ancor oggi
conservata gelosamente in una nicchia della Chiesa Matrice.
Rito antichissimo, sulla cui introduzione vi sono enormi
incertezze (Agostiniani, Benedettini, Gesuiti, Minori
Conventuali o Passionisti ??), ancor oggi vivo, vegeto e
vibrante in un paese che, tra l’altro, fu Feudo degli
Ospedalieri di San Giovanni, progenitori dei Cavalieri di
Malta, fatto sta che il VENERDI SANTO A SERA di OGNI ANNO,
intorno alle ore 20,00, gli “Apostoli” (Portantini), vestiti
di lungo camice bianco e corona di spine in testa, prelevano
la pesante Statua dalla Chiesa dell’Annunziata ove è ben
allocata da sempre e, a spalle, con ritmo lento e cadenzato,
danno inizio alla “VIA CRUCIS”. A metà percorso processione
intervengono, puntuali, 10 o 15 Vattienti (Flagellanti) che,
per l’appunto, inginocchiandosi devotamente dinnanzi alla
Pietà, si autoflagellano lasciando che la Statua, poi,
raggiunga la Chiesa Madre di San Giovanni Battista per la
predica dei Sermoni.
Il
“clou” della Settimana Santa lo si rinviene nella intera
giornata del SABATO seguente, con inizio alle ore 8,00 del
mattino, allorché la Statua, sempre stabile sulle spalle
degli “Apostoli”, è nuovamente prelevata dalla Chiesa di
appartenenza per essere trasportata in processione per
l’intero paese, vicoli e viuzze compresi, facendone rientro
intorno alle ore 18,00.
Le restanti Chiese situate in varie zone del paese, ivi
compreso il luogo che funge da Monte Calvario, rivestono
ruolo di Sepolcri, prima fra esse quella sita nel magnogreco
Rione Motta, già Tempio dedicato a Bacco, per come si evince
dai Bassorilievi ancora ivi impressi a sfidare i secoli.
La
Statua fa delle piccole soste anche presso appositi altarini
approntati dinnanzi ad alcune case di fedeli e, comunque, è
seguita da migliaia di fedeli, molti dei quali emigrati
all’uopo rientrati in terra natìa, centinaia di turisti di
ogni parte del mondo, una elevata presenza di sociologi,
antropologi, etnologi, storici e filosofi, ed è preceduta
dalla Banda Musicale che, unitamente alle nenie dei devoti,
intona marce funebri di alta levatura, la “JONE” del
Petrelli in primis, apportando possente ed intensa
commozione.
E la commozione sfiora i confini dell’impossibile allorché
tra l’immensa calca si vedono emergere quelle CROCI
RIVESTITE DI STRISCE DI PANNO ROSSO, autentica “calamita” di
mille e mille cineprese e delle numerose Troupe Televisive
Inglesi, Tedesche, Francesi, Giapponesi ecc. ecc.
SONO
LORO, i VATTIENTI che, con portamento contrito e sofferente,
silenziosi e solenni, attuano il rito dell’autoflagellazione,
così come già sommariamente descritto.
Vestiti, di norma, con pantaloncino nero rimboccato fino ai
fianchi e maglietta pure di colore nero (LUTTO), essi
preparano la prima fase della flagellazione (INIZIAZIONE)
nel garage delle loro abitazioni percuotendo le parti del
corpo già descritte con la “ROSA”, un disco di sughero ben
levigato e di facile presa, fino a farvi confluire il
sangue, dopodichè si passa all’uso del “CARDO”, altro disco
di sughero sul quale sono infissi 13 pezzi di vetro
acuminati (GESU’ E GLI APOSTOLI), tenuti saldi alla radice
da una mistura di cere vergini.
Con il CARDO si provocano lacerazioni con conseguente
abbondante fuoriuscita di sangue. Tale “operazione” viene
ripetuta più e più volte nella maniera più sentita e
straziante possibile, specie quando avviene il fatale e
sublime momento dell’incrocio col Sacro Simulacro.
I
Vattienti hanno in testa una CORONA di SPINE di “SPARACOGNA”
(cespuglio spinoso degli asparagi selvatici) che poggia su
una bandana nera detta “MANNILE”, che ha il compito di
rinsaldare la capigliatura e che anticamente veniva
prolungata fino agli occhi a mò di benda. Con una cordicella
(in segno di “CONTINUITA’”) assicurata alla vita, ad essa
saldamente afferrato ed a distanza di un metro, lo segue il
proprio “ACCIOMU” (ECCE HOMO), un giovane dal torso nudo,
vestito di un semplice panno rosso e portante, poggiata
sulla spalla, una croce, di canna o stecche di legno,
interamente rivestita con strisce di panno rosso (SANGUE
SGORGANTE), anche egli con una corona di Spina Santa in
testa.
Il
flagellante ha al suo seguito anche un terzo elemento, un
amico che porta una tanica di vino rosso (L’ACETO DATO A
GESU’ CON LA SPUGNA) da versare, di tanto in tanto, sulle
parti insanguinate, sia come disinfettante, sia come
lavaggio antiraggrumazione. Terminato il lungo giro
penitenziale di notevole e faticosa durata, il Vattiente
rientra nel luogo di partenza ove lava le parti con un
infuso di rosmarino, dalle potenti proprietà cicatrizzanti,
messo preventivamente a bollire in un pentolone, dopodichè,
vestiti gli abiti da civile si aggrega al corteo
processionale.
Innumerevoli Università Studi Italiane, ove possono
rinvenirsi svariate, autentiche Tesi di Laurea
sull’argomento, non ultime Roma, Messina, Perugia,. Siena,
Treviso, Torino e Bologna, una infinità di studiosi e
ricercatori, quali quelli del Musée de l’Homme di Parigi o
del CNR, nell’affrontare la problematica, hanno divagato su
assiomi riferentesi al Paganesimo ed agli Albori del
Cristianesimo ma, anche in assenza, ancor oggi, di precise
risorse documentali all’infuori di quanto rinvenuto negli
Archivi della Parrocchia (1777) e del preposto Vescovato
(1361), una cosa è sacrosanta ed inoppugnabile.
I
due Penitenti (Vattiente ed Acciomu), entrambi collegati
dalla CORDICELLA, incarnano la Figura del Cristo
nell’estrema fase della Sua Passione. Il Vattiente altri non
è che Gesù flagellato alla Colonna, mentre l’Acciomu, così
come da Abbigliamento e “Titolo” (Ecce Homo), è Gesù
presentato al popolo da Pilato.
La simbologia del Vattiente è ulteriormente avallata da una
delle tante Confessioni di Santa Brigida, conclamante che
Gesù fu flagellato alla Colonna da BENDATO ed infatti,
qualcuno lo attua ancora oggi, come già accennato,
anticamente i Vattienti si flagellavano col volto bendato,
così come lo si nota dalle poche foto del 1900 custodite
presso la Pro Loco.
Vattiente Vito Curcio -
Venerdì Santo 2009
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Vattiente Vito Curcio -
Venerdì Santo 2009
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Vito Curcio si "batte" sul
sagrato della Chiesa della Pietà - Nocera Terinese -
Venerdì Santo 2009 |
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