Nel centenario del
conflitto le immagini raccontano la storia e fanno riflettere sul valore
della pace.
La fotografia è
una fonte preziosa per la storia della Grande Guerra e la valorizzazione
della memoria storica, per consolidare la pace.
Le giovani e nuove generazioni
possono conoscere parenti e bisnonni attraverso le foto; e ricostruire
storie di vita.
Certo,
oggi, a 100 anni di distanza, per celebrare il centenario della
Prima Guerra Mondiale,
le foto del grande conflitto non
vogliono essere promozione della guerra, con i suoi orrori, le
sue violenze, le sue morti, le sue commemorazioni, le sue distruzioni.
Sui diversi fronti del primo conflitto mondiale erano impegnati
fotografi professionisti ufficiali,
le cui fotografie erano usate largamente come
strumento bellico, per identificare obiettivi e
conoscere e riconoscere il territorio d'azione.
Ma la fotografia fu utilizzata anche come
strumento di propaganda, soprattutto quando, con il prolungarsi
della guerra, si fece sempre più necessario sostenere e mobilitare il
fronte interno.
Altro uso delle fotografie ufficiali era quello delle foto-cartoline o
delle cartoline postali.
Ed in guerra c'erano anche fotografi dilettanti che hanno lasciato
documenti importanti, seppure quelle foto, che servivano per mandare
notizie alle famiglie e rassicurarle
sullo stato di salute dei soldati in guerra, ritraevano
momenti di riposo, meno tragici di quella che era la realtà effettiva
dei campi di battaglia.
Tuttavia, attraverso le fotografie di carattere non
ufficiale si possono tracciare percorsi di lettura di momenti e
situazioni vissute che nell'insieme danno, visivamente, conto
dell'esperienza di guerra.
Il simbolo della grande guerra è la trincea.
Nella Grande guerra 1914-1918 vennero per la prima volta creati grandi
campi di concentramento.
Le foto ci restituiscono
agghiaccianti realtà di civili (uomini, donne e bambini) e militari
prigionieri, ammassati in recinti di filo spinato. Da qui la
"sindrome da filo spinato"; e la definizione di "essiccatoi
umani".
Da questa definizione sono scaturite
varie interpretazioni storiografiche.
I sintomi di questa morbosa
psicologia, una risposta patologica ad una serie di situazioni personali
e sociali conflittuali, sono l’apatia estrema, la mancanza di memoria,
l’instabilità del comportamento, il pessimismo, la totale sfiducia nel
futuro e un’irritabilità pronta ad esplodere per il più futile dei
motivi.
La memoria collettiva odierna non
serba traccia di quelle violenze, delle enormi atrocità di proporzioni
ben più vaste di quelle della seconda guerra mondiale.
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