Centro Cultura e Arte 26 - Ricerca antropologica etnofotografica e promozione beni culturali, arte, tradizioni di Calabria

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PERCORSI MEDITERRANEI

palmenti in Calabria


Palmenti in Calabria

Palmenti a Ferruzzano (RC)

 

 

 

 

 

 

 

I PALMENTI di SANTA CATERINA DELLO IONIO (CZ)

 sulle tracce dei Bizantini


Il palmento, vasca scavata nella roccia, primordiale industria di trasformazione dei prodotti agricoli (uve e cereali), è un bene culturale importante per indagare la centralità che il territorio assunse nelle relazioni economiche e civili del Mediterraneo e ancor più per indagare le nostre radici, i rapporti tra i contadini e la terra, gli articolati processi di appropriazione del territorio, di difesa e organizzazione del lavoro agricolo e le trasformazioni dei sistemi produttivi.

In questa direzione va il lavoro di studio di questi antichi manufatti di archeologia del vino in Calabria condotto dal Gruppo Archeologico di Soverato, coordinato da Angela Maida.

Il Gruppo Archeologico “Paolo Orsi“ e' nato nel febbraio 2005 per volontà di un gruppo di amici che, accomunati dagli stessi interessi, ha organizzato per anni viaggi culturali alla scoperta di luoghi noti e meno noti della Calabria.
Il Gruppo è oggi particolarmente impegnato in attività finalizzate alla ricerca, protezione e valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale italiano, collaborando con gli enti preposti alla tutela e promuovendo attività di studio e ricerca sul territorio.

 

Superando l’antica concezione che il termine “rurale” indichi un’area agricola, povera e arretrata dal punto di vista culturale, si mira alla conoscenza del patrimonio regionale (usi, costumi, beni materiali, lingua, religione, tradizioni, prodotti tipici) per la loro tutela e fruizione sociale, in quanto erede di civiltà greca, romana, bizantina, araba, incrociatesi nel Mediterraneo e fondamento della nostra storia. 
 

Arte26 documenta alcuni palmenti identificati nelle zone a più intensa vocazione vitivinicola, nell’antichità: il territorio di S. Caterina dello Ionio, un comune in provincia di Catanzaro, area collinare (circa 450 metri sul livello del mare) caratterizzata da terreni sciolti, sabbiosi, con terrazzamenti (le armacie) contenuti da muri a secco, talvolta costruiti con grosse pietre irregolari.

Si notano, oltre ai calanchi argillosi, affioramenti granitici degradati in maniera diffusa.

Un territorio incontaminato ad 8 Km dalla costa che l'attuale Amministrazione Comunale, guidata dal Sindaco Criniti, attraverso una rigorosa programmazione e pianificazione ambientale del territorio, sta tutelando e valorizzando.

La valorizzazione del patrimonio naturalistico, testimonianza della nostra identità, come occasione di sviluppo locale.

 

Dei numerosi palmenti della costa ionica, Ferruzzano, Santa Caterina, Casabona, così come di tanti altri rinvenuti in Puglia, all’isola del Giglio, in Liguria, a Malta, in Campania, in Lucania, per la maggior parte scavati nella roccia, a volte intatti, altre rimaneggiati in epoche successive, o deteriorati dalle intemperie, è difficile definire l’epoca di costruzione.

 

I manufatti, tecnicamente elaborati, sulle cui pareti sono ben riconoscibili i colpi di piccone potrebbero essere di epoca magno-greca, romana o bizantina; i più rudimentali, consunti, su cui il tempo ha cancellato i segni, forse appartengono al periodo preellenico.

 

Il palmento tipo era costituito da due vasche, comunicanti tra loro attraverso un foro, scavate nella roccia arenaria: una superiore, dove l’uva veniva pigiata con i piedi, ed una inferiore, dove si raccoglieva il mosto.

L’uva versata nella vasca superiore, il cui foro veniva otturato con argilla, veniva pigiata e lasciata riposare lì per un giorno ed una notte; quindi, eliminato il tappo, si lasciava defluire il mosto nella vasca inferiore, che spesso aveva sul fondo un incavo a forma circolare (fondello), per raccogliere il mosto fino all’ultima goccia.

Poi si passava alla spremitura e il mosto veniva riposto nelle anfore vinarie, interrate per mantenere fresco il prodotto.

 

Accreditate fonti storiche attestano che il territorio intorno a S. Caterina e Soverato fosse nell'antichità a forte vocazione vitivinicola, soprattutto tra i secoli X° e XV°, nel periodo dell'ondata basiliana. I monaci italo-greci diedero un forte impulso all'agricoltura ed alle tecniche di coltivazione della vite.

 

Nella Platea Ruffino, vescovo di Bisignano del XIII sec, si ritrova nominata una vigna di mille piante appartenente al Monastero di S. Martino di Squillace e Soverato nell’anno 1050.

Nel 1691 Giovanni Fiore scriveva che il vino di Squillace e Gasperina era eccellente.

 Nel 1810 il francese De Tavel, visitando questi luoghi, scriveva che il territorio di Soverato e di Stalettì era ricco di floridi vigneti.

 E nel 1849 il Pugliese affermava che il vino di questa zona era ricercato e veniva esportato via mare dal porto di Squillace. Su queste colline nell'antichità era praticata la viticoltura, per la produzione di vini destinati all’esportazione.

 

Santa Caterina dello Ionio (CZ): antico palmento a cielo aperto

 

 

 

 

il masso di roccia granitica alla sommità del quale sta un palmento.

 

 

 

 

palmento in contrada Marascio

 

 

 

 

Palmento in zona Suvari

 

 

 

 

La vasca superiore di un palmento in una vigna; manca la vasca inferiore.

 

 

 

 

Gradoni ed armacie in zona S. Elia

 

 

 

 

Imponente vasca di palmento in c.da S. Elia

 

 

 

I calanchi di S. Caterina

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Tra il VII e il XV sec. in tutta la Calabria si verificò il fenomeno dell'insediamento di monaci, provenienti dalla Siria, dalla Grecia, dalla Palestina e, comunque, da tutto il Regno di Bisanzio, invaso dagli Arabi. I monaci, cosiddetti basiliani, hanno svolto un ruolo fondamentale, come elementi di aggregazione delle popolazioni in fuga dalla costa, per le incursioni islamiche, favorendo lo sviluppo di centri interni, con un’economia autosufficiente basata sull'agricoltura.

 

Con l’arrivo degli operosi monaci, fortemente impegnati nel lavoro, insieme alla popolazione residente, furono trasformate le arretrate tecniche agricole, introdotte nuove piantagioni arboree, come la quercia vallonea, il carrubo, il pino d'Aleppo e il gelso che fece fiorire l’industria della seta. I monaci bizantini, che conducevano un’esistenza produttiva e non solo contemplativa, erano un punto di riferimento per le popolazioni locali che da loro impararono ad organizzare le proprietà terriere, con i primi contratti di enfiteusi e di colonia.

Tracce significative del passaggio dei basiliani in terra di Calabria, restano, oltre alle chiese, “costruite alla greca”, alla toponomastica, agli insediamenti rupestri (chiese-grotte), anche molti palmenti, che offrono interessanti spunti d’indagine archeologica ed etno-antropologica.

 

Alcuni palmenti nel territorio di S. Caterina presentano incise sulla roccia croci di tipo bizantino, riconoscibili dalla semisfera con cui termina il braccio verticale.

Le croci presenti su alcuni palmenti potrebbero essere state incise dai Bizantini su manufatti precedentemente scavati da altri che i monaci intesero utilizzare per la loro redditizia attività vitivinicola, come attestano i resti di anfore vinarie magnogreche, presenti sulle coste del mediterraneo fino a tutto il periodo della dominazione bizantina in Calabria.

In epoca tardoantica (IV-VI sec. dopo Cristo) abitare in grotta era una consuetudine molto praticata, tanto da non accontentarsi di adattarsi agli ambienti disponibili in natura, ma si provvide ad ampliare le grotte anguste, modificandone il profilo interno. La cultura rupestre aveva alla base motivazioni sia economiche (scavare il tufo, l’arenaria, era meno costoso e richiedeva conoscenze tecniche meno sofisticate che erigere edifici) che di sicurezza, data la distanza dei centri rupestri dai grandi centri abitati, meta preferita delle incursioni nemiche.

 

Il Medioevo è un periodo storico ampiamente conosciuto per le sue vicende politiche, religiose e artistiche, ma ancora oggi oscuro per molti aspetti della vita economica e quotidiana. Sta muovendo i primi passi l’indagine sugli insediamenti rupestri, le grotte senza affreschi, che nei tempi passati sono state abbandonate al degrado ed alla distruzione. Molte testimonianze di un importante fenomeno insediativo, caratteristico del Meridione, sono andate perdute per sempre, sotto l’onda incalzante dell’espansione urbanistica.

Manufatti come grotte, strade, impianti agricoli sono significativi per lo studio della cultura materiale, allo stesso modo come castelli, torri costiere e chiese, manifestazioni più auliche che trovano riscontro nella documentazione scritta.

 

L’esigenza di comprendere sempre più globalmente la storia, la microstoria, è stimolo ad indagini su ambienti meno appariscenti che affondano le loro origini in epoche remote. I primi insediamenti, la coltivazione, la colonizzazione, le frequentazioni del territorio nel tempo sono il presupposto per l’affermazione di un diritto di appartenenza, di un processo di appropriazione che va conosciuto. I ruderi che sopravvivono nelle campagne raccontano la storia delle masse contadine, per troppo tempo trascurate, che hanno segnato le tappe di una cultura che ci appartiene.

 

Il MiBAC si interessa ai palmenti di S. Caterina >>

 

approfondimenti: 

IL MONDO RURALE CALABRESE TRA TARDOANTICO E ALTOMEDIOEVO SANTA CATERINA DELLO IONIO (CZ), UN CASO DI STUDIO ATTRAVERSO LA MAPPATURA ARCHEOLOGICA DI PALMENTI E GROTTE

SAGGIO DI ELIANA IORFIDA

 

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http://www.academia.edu/2277409/_IL_MONDO_RURALE_CALABRESE_   TRA_TARDOANTICO_E_ALTOMEDIOEVO_SANTA_CATERINA_DELLO_IONIO_CZ _UN_CASO_DI_STUDIO_ATTRAVERSO_LA_MAPPATURA_ARCHEOLOGICA_DI_PALMENTI_E_GROTTE_

 

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