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EREMOS
VIAGGIO NELLA CALABRIA BASILIANA
il nuovo libro di Enzo Cordasco
Ediz. Arte26 - 2021
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Prefazione di Maria Zanoni
Il viaggio di Enzo
Cordasco continua...sempre nuovo, mai scontato,
e già dal titolo invita alla scoperta e suscita
il desiderio di seguire lo scrittore per vivere
insieme a lui nuove esperienze. E', soprattutto,
un percorso che guida il visitatore a scoprire
la vera anima della Calabria, quella più
autentica, bella, che si coglie guardando con
occhi diversi questa nostra terra "amara".
Ogni libro è un viaggio - e lo dico con
convinzione - nonostante può sembrare
un’affermazione banale. Un libro è un'esperienza
che ha sempre un peso determinante nella nostra
formazione umana, soprattutto se, come questo
percorso di cultura e di fede, di pace e di
silenzio, attraverso luoghi dello spirito,
spesso sconosciuti, abbandonati da tempo, ma di
straordinaria suggestione, ci permette di
ritrovare la nostra vera natura, dal profondo
del cuore, lontano dalla frenesia, dalle ansie e
dalla paura di un futuro incerto nel nostro
tempo.
E lo scrittore ama condividere l'esperienza, con
tutte le sensazioni, le emozioni ed i ricordi
suscitati dai luoghi e preferisce dialogare non
solo con i lettori, ma anche con amici cari, che
coinvolge nella narrazione. Una tecnica
narrativa che richiama il teatro, in cui il
nostro Dramaturg è esperto e non improvvisato,
che dà valore al racconto, rendendolo più
gradevole, più vivo, più "vissuto". E così il
testo-viaggio comunica ad ampio raggio, fondendo
in un rapporto dinamico, con magnanimità ed
eleganza, l'io narrante con la guida che narra.
Dunque, la competenza narrativa dello scrittore
supera l'aspetto analitico-descrittivo e diventa
coinvolgente, incontro di anime che assaggiano
l'emozione-illusione di non sentirsi sole nel
viaggio della vita.
E l'esperienza fa riflettere sull'interrogativa
retorica di Marguerite Yourcenar: “Chi sarebbe
così insensato da morire senza aver fatto almeno
il giro della propria prigione?”.
Seguendo Enzo Cordasco nel "cammino basiliano",
troviamo borghi di una ricchezza artistica e
culturale immensa: offrono la possibilità di
godere di paesaggi naturali incantevoli dal mare
ai monti, conoscendo grotte eremitiche, laure e
cenobi frequentati dai laboriosi monaci
basiliani, chiese e monasteri, a volte ridotti a
ruderi dall'abbandono, ma anche i beni
archeologici, storici, i beni materiali e
immateriali, tutti segni del tempo, espressione
delle diverse tradizioni e presenze storiche e
religiose di Calabria, testimonianze del nostro
millenario passato. E Cordasco, giustamente, non
dimentica l'intensa e rigorosa attività di
scoperta di due grandi ricercatori della
Calabria bizantina, Paolo Orsi e Biagio
Cappelli, senza i quali molte pagine della
nostra gloriosa storia non sarebbero state
scritte.
Sul percorso "da Oriente ad Occidente" Cordasco
fa delle scelte, adatte alle personali esigenze
di un "viaggiatore-intellettuale" che traccia un
interessante percorso che possa arricchire,
emozionare e trasmettere hésychia, come pace
interiore, rigenerazione.
Tra le pagine scopriamo ogni volta il suo animo
sensibile, la sua umanità, nel trasmettere
saperi ed emozioni. Grazie per questo nuovo
viaggio ed auguri, Enzo, nell'attesa di nuovi
orizzonti.
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POSTFAZIONE di Donato
Antonio Loscalzo
Enzo Cordasco sa guidare il lettore attraverso
la geografia della memoria e la topografia delle
suggestioni. Quello che racconta non è solo un
viaggio nel tempo e nei luoghi di una Calabria
remota e presente, profumo di incenso e di sughi
di capretto: è un viaggio tridimensionale tra
l’anima individuale e quella cosmica. Un
percorso religioso, in cui la ricerca della
verità si squaderna laica e irriflessa, e per
questo, forse, ancora più spirituale.
Si viaggia in luoghi che conservano storie,
racconti e miti stratificatisi nel tempo. In
questa guida siamo accompagnati, attraverso
l’intelligenza delle emozioni, alla evocazione
di un passato che si annida tra pietre e colori,
intagli di rocce e mattoni. Un profondo senso di
religiosità, insieme a una ricerca delle sue
manifestazioni, avviluppa l’occhio attento del
viaggiatore contemporaneo in bilico tra reperti,
ruderi, ricostruzioni e immagini.
Come succedeva a un pellegrino medievale,
curioso di attingere ai vari livelli della vita
e della cultura, sono sollecitati tutti i sensi,
dalla vista all’olfatto, per poi approdare a un
sesto senso, una ridda di impressioni indefinite
che si iscrivono in questi luoghi rocciosi che
declinano sul mare. Questi itinerari, infatti,
hanno il sapore di un percorso iniziatico:
l’estasi della contemplazione ci porta in
esistenze all’apparenza negate, ma ricche di
vita. Ci conduce al mistero del monachesimo,
alle rinunce dei tanti, soprattutto uomini, che
hanno abbandonato nei secoli la vita del mondo
per accedere a una dimensione in parte
innaturale, in parte assoluta, ma
fondamentalmente attenta a trovare il
trascendente nell’immanente.
Le architetture, le icone, le tradizioni
bizantine affiorano in una icasticità nuova,
quasi spontanea, come tesori ritrovati per caso
o per affannosa ricerca, tra lo stupore
infantile e il sapere disincantato della
maturità. Si viaggia nelle vertigini dei monti e
con lo sfondo del mare, per vie tracciate da
anni e anni di cammini, ma l’obiettivo è cercare
l’umanità nascosta nelle pieghe di quello che
pure è stato un vivere quotidiano e
abitudinario. Si approda a un’umanità altra,
fatta di rinunce sul piano temporale, ma di
acquisizioni perenni attraverso la preghiera e
la solitudine.
In genere, quanto meno si è credenti, tanto più
si osservano e si studiano questi fenomeni con
particolare dedizione, curiosità e interesse,
talvolta vero rispetto. Negli anfratti della
natura e della storia, i monaci hanno impresso
un’umanità dedita alla conservazione e alla
perpetuazione di modelli di vita che attraggono
per la loro valenza eterna. Quelle costruzioni
ancora sorridono di quiete, litanie,
essenzialità. Sono anche custodi di leggende che
rivelano una semplicità di approccio al divino,
un mito di fondazione elementare che sfocia però
in riti compositi, canti, danze e ritrovarsi in
festa.
Una caratteristica di questa guida d’autore è la
capacità narrativa.
Raccontare significa rendere visibile
l’invisibile, ma questo è un raccontare in forma
dialogica, una scelta che risente forse dello
stile di Platone, per cui l’acquisizione della
verità emerge da un confronto dialettico con chi
di volta in volta è più esperto o più informato.
È una drammatizzazione, una forma di
teatralizzazione, che restituisce maggiore
vivacità, indelebile e icastica, ma allo stesso
tempo definisce un ritmo incalzante, l’urgenza
di confrontarsi sui temi della storia generale e
della memoria individuale.
Le notizie storiche e archeologiche sono
filtrate da un’interlocuzione ricca e a tratti
venata di nostalgia. Si cede volentieri ai
racconti di storie che si annidano in questi 955
km di arte e bellezza: un viaggio dantesco tra
un’umanità dolente e fiera, ingenua e
orgogliosa, sognatrice e affranta. E la grecità
affiora in questi incontri con esperti, di volta
in volta disposti a fare dono del loro sapere,
anche nei tanti toponimi e ipostasi divine che
parlano ancora la lingua che, come osserva F.
Nietzsche, Dio scelse per raccontare la sua
nuova alleanza con l’umanità.
Un’altra caratteristica è l’autobiografia. I
percorsi attraversati sono anche scenario della
vita vissuta in quei luoghi dall’autore, tra
memorie impresse e colori ritrovati, tra poesia
descrittiva e nostalgia. Una carica emotiva
coinvolge il lettore, consentendogli di entrare
nell’animo di chi respira questi scenari, ne
coglie i sapori, le variazioni del destino e la
linea del cuore. Traspira in queste pagine un
mondo antico ma vivo nelle tradizioni, negli
affreschi, nella lingua. Il mito antico della
“Magna Grecia” si inarca in storie bizantine,
filtrate dal Cristianesimo orientale, dalla fuga
dei monaci dall’iconoclastia. Con il filo di
questa narrazione venata di profondo lirismo,
ritorna a noi vivo il mistero perenne, che
attraversa la Storia, le corruzioni del tempo,
le onde del mare Jonio e le pagine di Cordasco.
Prof. Donato Antonio Loscalzo
docente di Lingua e Letteratura Greca
Università degli Studi di Perugia
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DALLE FALDE DEL
POLLINO ALLE SPONDE DEL PIAVE
di Gaetano Maria Bloise
Edizioni Centro Cultura e Arte 26 - anno 2018
"Ai ragazzi del '99 di Castrovillari che
parteciparono alla grande guerra".
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Un prezioso volume edito nel
Centenario della Grande Guerra 1914-2018, con il
Patrocino del Ministero degli Interni.
Una ricerca minuziosa dell'Avvocato Ninì Bloise
con il preciso intento di non dimenticare i
giovanissimi militari - i ragazzi del 1999 - che
appena diciottenni vennero arruolati per
combattere nella Prima Guerra Mondiale, pagando
un enorme contributo: la sola Calabria ebbe
ventimila caduti.
Un libro per non dimenticare.
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SOLSTIZIO SUL PIAVE - Ettore Manes ritratto di
un eroe
di
Claudia Rende
Edizioni Centro Cultura e Arte 26 -
anno 2014
Presentazione
Il
saggio delinea la figura del Capitano
castrovillarese Ettore Manes, caduto a Fosso
Palumbo (Treviso) nel 1918, a soli 24 anni,
pluridecorato per meriti militari, spirito
eroico, amante della Patria e grande esempio
di nobiltà d'animo.
Egli
scrisse una pagina di storia tragica
dell'Italia in un conflitto nel quale la
Calabria si è distinta tra le regioni con il
maggior numero di mobilitati effettivi (78%)
e, purtroppo anche di soldati morti, segno
tangibile dell’entusiasmo e del senso del
dovere delle regioni meridionali, che hanno
pagato con il sacrificio delle loro genti
l’impegno unitario
Nel
volume, corredato da foto d'epoca, ogni
singolo documento è contestualizzato
nell’esperienza di guerra di un soldato
esemplare, che può essere da stimolo per
promuovere la conoscenza della storia tra le
generazioni più giovani e valorizzare il
patrimonio storico di luoghi e memorie della
prima Guerra Mondiale.
Dopo una sintesi delle vicende della grande
guerra, che portò importanti novità in campo
strategico-militare, come i mezzi blindati,
i gas asfissianti, le mitragliatrici, il
saggio mette in evidenza le atrocità del
conflitto, gli stenti dei soldati nelle
trincee, l'elevato numero di morti, dispersi
e feriti.
Insomma, l’evento che avrebbe dovuto
rigenerare la società italiana e europea,
sembrò aver prodotto l’esatto opposto.
Cosicchè
oggi ricordare quella atroce esperienza può
servire a far riflettere sul valore della
pace, per sfatare
il mito dell’"esperienza di guerra", secondo il quale la nazione acquistava
un carattere sacrale e religioso e il sangue
dei caduti appariva un giusto tributo.
La ricerca è incentrata
sulla contestualizzazione della storia
locale in quella generale, lasciando parlare
le tracce che fanno la storia, con
l'obiettivo di ricordare la guerra, per
costruire la pace.
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DENTRO LE VOCI
di Angelo Biscardi
Edizioni Centro Cultura e Arte 26 - 2017
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PRESENTAZIONE di Arcangelo Badolati
Un sogno coltivato sin da bambino: raccontare la
storia sportiva, sociale e politica della
propria città sulle pagine di
un grande quotidiano. Un sogno che Angelo
Biscardi ha coronato
grazie all’abnegazione, ai sacrifici e alla
passione mostrati in
questi anni, da quando è diventato giornalista e
collaboratore della
Gazzetta del Sud.
Prima ha cominciato seguendo
le imprese della
squadra calcistica del cuore – il Castrovillari
– poi s’è lanciato
nell’agone amministrativo e politico approdando,
infine, al delicato
settore della cronaca nera e giudiziaria.
Cronista imparziale e
attento osservatore della realtà castrovillarese
e dell’intera area del
Pollino, Angelo ha trasformato la sua “passionaccia”
in una ragione
di vita. E così, giorno dopo giorno, armato
della sua inseparabile
macchina fotografica ha seguito gli eventi che
hanno segnato la
storia di questo pezzo della Calabria Citra. Mai
una sbavatura,
mai una sterile e inopportuna presa di
posizione: Biscardi rientra
nel novero dei giornalisti di razza, quelli che
scovano la notizia
e la raccontano ai lettori senza infingimenti,
sconti o ritrosie.
In
questo libro s’inseguono momenti di cruciale
importanza per la
comunità civile: dalla storica venuta del Papa
nel 2014 alle mille
battaglie condotte in difesa del lavoro e
dell’ambiente, fino alla via
crucis della chiusura del viadotto “Italia”
lungo l’autostrada del
Mediterraneo. Biscardi ha sempre fedelmente
ricostruito ogni fase
dei singoli eventi, facendo emergere sentimenti,
passioni, dolori
e felicità, ricavandosi di diritto un ruolo
nella storia della società
castrovillarese. Generoso e altruista, s’è
sempre posto, anche nei
momenti più complessi, al servizio di Gazzetta
del Sud.
Memorabili
sono i suoi resoconti calcistici, in grado di
toccare il cuore della
tifoseria rossonera.
Se c’è una cosa che non
possiamo perdonargli è
proprio la sua esagerata fede per i “lupi” del
Pollino, che diventano
<invincibili> in caso di successo e <sfortunati>
in caso di sconfitta.
Mai un solo cenno alle polemiche che pur
avvelenano spesso
il mondo del calcio. Commovente il ricordo, nel
libro, di due
personaggi le cui vite si sono incrociate con le
vicende di questa
terra: il maestro Luigi Le Voci e padre Adolfo
Della Torre. Due
simboli, ciascuno nel proprio campo, di
attaccamento agli ultimi
ed agli indigenti. Angelo è una insostituibile
risorsa, un patrimonio
prezioso per il nostro giornale e, di
conseguenza, per la comunità
del Pollino.
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NELLA TUA NUDA E
SOLITARIA STANZA
Dialogo
immaginario con Vincenzo Padula
di Enzo Cordasco
Edizioni Arte26 - 2015
PRESENTAZIONE di Maria Zanoni
La
Collana Percorsi Mediterranei si arricchisce del
saggio di Enzo Cordasco "NELLA TUA NUDA E
SOLITARIA STANZA", in cui sta il Mediterraneo
della parola, alla ricerca dell'anima, il Padula
dei linguaggi ritrovati nel Mediterraneo
vissuto.
Giacchè, ...gli studi forti sono propri dei
calabresi... affermava lo stesso
prete-scrittore, che dipingeva personaggi
inquieti ed inquietanti, trasudanti desideri,
paure, ansie di romantica spontaneità, ricca di
simboli e allegorie, ispirati da valori di
uguaglianza, solidarietà e giustizia.
L'animo sensibile e ispirato di Enzo Cordasco,
Autore/Attore/Critico teatrale sulla scena
poetica del Padula, ci porta per mano nel mondo
degli umili, dei contadini sopraffatti e
rassegnati, o ribelli contro ingiustizie e
soprusi, valorizzando il Dialetto, la lingua
madre, che dà plasticità alle immagini e
dispensa emozioni, valori, sapori, insomma, è lo
specchio della reale condizione del mondo
contadino.
Enzo Cordasco ci fa gustare i versi di Vincenzo
Padula, trasportandoci in una dimensione
surreale, in cui si avvertono «i suoi sentimenti
democratici, la sua umanità di poeta, la sua
illuminante attenzione di sociologo per “lo
sfasciume pendulo sul mare”».
L'AUTORE
ENZO
CORDASCO, nato a Francavilla Marittima, in
Calabria, vive a Perugia. Dopo gli studi
superiori classici e la laurea al Dams
dell’Università di Bologna in Storia, Critica
del Teatro e Drammaturgia, si specializza in
Arti dello Spettacolo e della Moda e
Comunicazione della Cultura nelle Università di
Bologna e di Siena, e in Management Artistico
all’Università Cattolica di Milano. Ha lavorato
per anni con il Teatro di Sacco di Perugia, in
qualità di Presidente e Responsabile
organizzativo, e con altri organismi di Teatro
Contemporaneo con i quali si è occupato di
scrittura creativa e scenica per workshop
teatrali e per spettacoli professionali. Ha
scritto anche saggi, testi poetici e di critica
teatrale in vari blog e riviste (Micropolis,
Umbria Contemporanea, Hystrio, etc.).
Cura il
Laboratorio Yourcenar Perugia, divulgando
l’opera della scrittrice, soprattutto la
produzione drammatica, in chiave performativa. È
socio e collaboratore culturale del Centro
Internazionale Antinoo per l’Arte e
Documentazione Marguerite Yourcenar di Roma, di
cui cura e coordina la sezione perugina.
Ha pubblicato:Un Teatro di voci e di ombre:
Marguerite Yourcenar sulla scena, CRACE Perugia,
2009, le raccolte poetiche e saggistiche Di
roccia e di vento. Le donne ardenti della
Yourcenar. Aletti editore, 2013, e Fulgide luci
dello Jonio: un memoir tra poesia e teatro.
Aletti editore, 2014, una silloge di 7 poesie
nell’Antologia Riflessi, Pagine editrice, Roma,
con audiolibro su www.poetiepoesia.com e Voci
dal timbro incerto: 15 poesie sulla diversità
contenute nell’Antologia Apeolite, Aletti
editore, 2014 (volumi cartacei e relativi
e-book). Collabora con Fondazioni e Associazioni
culturali in Umbria e in numerose regioni
italiane, tra cui il Teatro Dioniso di Brescia.
Fa
anche parte, come socio attivo, della SIEY
Société Internationale d’Etudes Yourcenariennes
(Clèrmont-Ferrand/Tours) e del CIDMY Centre
International de Documentation Marguerite
Yourcenar (Bruxelles).
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GESU' CRISTO
Fascino e follia
dell'Amore
di Adriana De Gaudio -
don Carmine Scaravaglione
edizione
Arte26 - 2010 -
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Prefazione di S. E. † Vincenzo Bertolone,
Vescovo di Cassano
Il card. Newman diceva che nessuno può
prevedere l'avvenire, (con buona pace
degli astrologhi imbonitori e di tutti
quelli che - tanti! - si lasciano
imbonire) certo, l'avvenire non si può
prevedere però è possibile definirne la
struttura. Quanto alla Chiesa, il suo
avvenire e sviluppo poggia sul mistero
della morte e resurrezione di Cristo:
sulla ricchezza della Tradizione, sulla
Liturgia, sulla pratica religiosa, sulla
pietas e sulla religiosità popolare.
Fin dal XIII secolo c'era l'uso di
esprimere la compartecipazione alla
passione di Cristo facendo un percorso
che in qualche modo riproduceva la via
dolorosa ascesa, ricreando le situazioni
narrate dagli evangelisti, dalla
preghiera del podere del Getsemani, dopo
la santa cena pasquale, al bacio di
Giuda come segnale alle guardie di
arrestare Gesù, al processo, eccetera
fino all'epilogo tragico della
crocifissione, seguita però dalla
gloriosa risurrezione.
Tradizionalmente ciascuna pagina
dolorosamente rievocatrice viene
chiamata "stazione". In questo modo
l'imitazione ha il sopravvento - per
quanto si faccia - sulla meditazione.
Basti pensare che nel Trecento le
stazioni erano 47! Questo perché la
Chiesa era incline a recuperare tutte le
leggende (cadute, Veronica, eccetera).
Le 14 stazioni classiche risalgono al
XVI secolo, e tuttavia dovrà passare un
altro secolo per avere non solo le 14
stazioni (che tuttora conosciamo e
percorriamo), ma anche con la stessa
successione e tipologia di episodi. Non
è detto, nonostante ciò, che così com'è
oggi questo "pio esercizio" non possa e
non debba essere modificato. I
nfatti, se lo scopo è quello di mettere
in risalto gli insegnamenti più profondi
della passio Christi, allora sarà
auspicabile apportare alcune
significative modifiche togliendo
qualche episodio (vedi sopra) e
sostituendolo con qualche lettura di
brani appositamente scelti: meditazione
e contemplazione se ne
avvantaggerebbero. Inoltre, sarebbe
apprezzabile che venisse privilegiato il
nesso tra Passione e Resurrezione con
l'inserimento di alcune stazioni che,
sottolineando la vittoria di Gesù sulla
morte e sulla sofferenza, diano una
visione più unitaria del mistero
pasquale ed al significato della vita
umana redenta. Il libro scritto a
quattro mani dalla De Gaudio e da mons.
Scaravaglione riflette la Via Crucis che
tutti conosciamo.
La divisione dei compiti, tra i due
Autori e, quindi, della visuale
dell'approccio e dell'apporto al tema, è
congeniale ai rispettivi saperi e ruoli:
la prima si è occupata dell'aspetto
iconografico della Passio, il secondo
spiega (catechisticamente ed
omileticamente) le pagine del Vangelo o
appartenenti all'immaginario, storico
(ma comunque presenti nella Via Crucis
da secoli, come detto), sempre avendo
riguardo per la prima parte del libro,
anzi citando continuamente la De Gaudio.
Il risultato è doppiamente vantaggioso
per i lettori (che spero siano numerosi)
i quali vedono "servirsi"
contemporaneamente storia dell'arte e
spiritualità religiosa, presente
quest'ultima nella maggior parte dei
pittori della cui produzione la De
Gaudio ha tratto le opere composte da
essi per illustrare il fatto evangelico.
Come ogni scelta, specialmente in ambito
artistico-letterario, anche questa è
ovviamente personale e così ella ha
ritenuto di poter rinunciare a Duccio di
Buoninsegna e Masaccio; ma, ripeto,
quando il criterio è soggettivo non c'è
neppure da discutere. 1 pittori da lei
scelti sono 19, di cui 5 moderni o
addirittura contemporanei/ viventi, come
il calabrese Schettini Montefiore. La
sua fatica si è estesa anche ad un
interessante excursus sul tema specifico
della crocifissione, coprendo un arco di
diciotto secoli: da una parete graffita
da una mano ignota fino a Chagall e
Guttuso. Tutto ciò denota molta
dedizione ed altrettanto scrupolo e
competenza. Concludo questa prima parte
con un testo di Natalia Ginzburg: “Il
crocifisso è il segno del dolore umano.
La corona di spine, i chiodi, evocano le
sue sofferenze. La croce che pensiamo
alta in cima al monte, è il segno della
solitudine nella morte.
Non conosco altri segni che diano con
tanta forza il senso del nostro umano
destino. Il crocifisso fa parte della
storia del mondo. Per i cattolici, Gesù
Cristo è il figlio di Dio. Per i non
cattolici, può essere semplicemente
l'immagine di uno che è stato venduto,
tradito, martoriato ed è morto sulla
croce per amore di Dio e del prossimo".
Quanto alle altre due mani, debbo
affettuosamente smentire mons. Carmine
Scaravaglione quando nell'Introduzione
dichiara che si limiterà a "riflessioni
veloci per non appesantire la lettura".
Ma sono ben lieto di smentirlo perché se
spesso ha indugiato, donandoci qualche
bel pensiero in più, ciò va a tutto
vantaggio del saggio e dell'opera nel
suo insieme. Sono d'accordo con Lui che
i pittori (gli artisti in genere)
accostandosi a Cristo lo hanno fatto per
"cercare di capire [...] le altezze
infinite [...] senza pretendere di
potere esaustivamente "bucare il
mistero". Ciò che conta è che l'uomo
(artista o non) non resti indifferente
alla passione di Cristo, che l'ha
affrontata e subita proprio per noi
uomini, perché fossimo redenti "Se il
peccatore - scrive mons. Carmine - sente
che la sua anima si sconvolge dinanzi
alla prova di tanto amore, allora è
iniziato il processo della sua
conversione.
Se resta indifferente, neanche l'amore
di Dio lo potrà salvare. Perché ogni
uomo si redime nel dolore di Gesù". La
comprensione del mistero della Croce è
un mezzo privilegiato di redenzione. In
unione intima con Gesù, che libera e
promuove l'uomo soffrendo e morendo,
anche l'uomo deve patire, deve metterci
qualcosa di proprio. Deve, ad esempio,
alla luce di un preciso insegnamento
della Scrittura (di S. Paolo in
particolare) accettare di completare
nella propria carne "quello che manca ai
patimenti di Cristo, a favore del Suo
corpo che è la Chiesa" (Col 1,24);
l'uomo deve, altro suggerimento,
accettare l'eventuale invito a
"condividere" la vita di chi
oggettivamente sta peggio, materialmente
e/o spiritualmente. In questo senso va
interpretata e vissuta, quando si è
chiamati a percorrerla, la Via Crucis.
Dobbiamo ogni tanto sentirci, più che
Veroniche, dei solidi Cirenei, che -
come congettura mons. Carmine - è stato
prima obbligato dai soldati romani, poi
non si è fatto pregare due volte. Piero
Bargellini, figura di intellettuale e
uomo delle Istituzioni di prim'ordine
(ce ne avessimo oggi!) tra le oltre 60
opere uscite dalla sua penna, pubblicò
nel 1969 un aureo libro dedicato ai
ragazzi (fiorentini e non) nel quale
parla in modo talvolta un po' romanzato
di "personaggi" della Passione. Del
Cireneo, appunto, scrive: "Uomo prendi
quel legno e aiutalo a rialzarsi. Non me
lo feci dire due volte. Aiutai
l'infelice a rialzarsi, presi la trave e
senza sforzo la portai fin sulla sommità
del monte. Qui giunto, non mi volli
fermare. [...].
Ma prima d'allontanarmi volsi lo sguardo
verso il condannato. Mi sorrise e io mi
sentii le ginocchia tremare. Tornai a
casa. Quando dissi ai miei figlioli
Alessandro e Rufo di quel sorriso, si
guardarono commossi. In seguito essi si
fecero cristiani" (Lui, Vallecchi,
Firenze, 147-148). Il Cireneo pur
vivendo nella città dell'uomo già mette
dei mattoni per edificare quella di Dio.
Bella la citazione di S. Agostino: "Due
amori fanno queste due città: l'amore di
Dio edifica Gerusalemme".
“L'amore del mondo edifica Babilonia”.
L'uomo è immemore oppure nega Gesù,
ovvero ne accetta solo la dimensione e
la sfera umana. Quindi niente morte,
niente resurrezione, niente morte e
redenzione. Niente Cristo insomma e
niente Luce. Eppure per questo
inesistente "Figlio dell'Uomo" morirono
i primi discepoli - sono parole di mons.
Scaravaglione -, morirono come testimoni
lungo i secoli, milioni di uomini e di
donne, vecchi e fanciulli "e la sua
presenza [...] resterà come presenza
reale che si dimostra nella fede".
Quella fede che per la De Gaudio non è
altro che la Croce, che dopo avere
"sognato a primavera" ed essere "parsa
poi nuda/ di legno sacro", ora porta
"dentro ogni giorno", dopo che il legno
è "rinverdito". Con questo pensiero
poetico di speranza è giusto concludere
la prefazione.
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