La
Calabria e la Basilicata condividono il Parco
Nazionale del Pollino e anche molti riti e
tradizioni contadine.
La
festa patronale di Sant’Antonio a Rotonda ha molte
espressioni comuni alla festa di Sant’Alessandro,
patrono di Alessandria del Carretto in provincia di
Cosenza.
Sono
feste dell’albero, legate alle tradizioni pagane di
fertilità che si sono fuse a ritualità cristiane,
comuni a tutta l’area del Mediterraneo.
Secondo la tradizione, l’albero tagliato nei boschi
e trasportato al paese contagiava con la sua
fertilità le persone, le piante e gli animali. E
questa forza fecondatrice era particolarmente
vigorosa perché colta nell’attimo del suo
rinnovamento, la primavera.
Ai momenti profani della festa si mescolano le
solenni funzioni religiose, con la processione del
Santo e le vivide espressioni di fede popolare e di
devozione.
Nella notte tra
l’8 ed il 9 giugno,
i numerosi componenti del gruppo “rocca”,
chiamati “roccaioli”,
partono dalla località Santa Maria, nei pressi del
Santuario della Madonna della Consolazione,
per dirigersi verso i boschi di
Terranova di Pollino,
un comune limitrofo, dove preleveranno l’abete,
che diverrà
“a
rocca”, già scelto la seconda domenica
di maggio.
Contemporaneamente, altri gruppi di persone, i “pitaioli”,
nella stessa notte, si dirigono verso la località
dove già dalla prima domenica di maggio era stata
scelta “a pitu”, e nella mattinata del 9
l’abbatteranno con le motoseghe per poi dare
l’ultimo tocco di rifinitura con le affilate
accette.
La “pitu”, un tronco di faggio, lungo circa
25 metri, viene tirato da tredici coppie di buoi
(inghirlandati di fiori e nastrini) fino ai piani di
“Pedarrèto”,
sorretto dai “pannulàri”, rami di faggio
sfrondati dai ramoscelli e levigati, usati come leva
per gli spostamenti del grosso tronco.
La “rocca” viaggia sempre davanti alla “pitu”,
tranne in un punto, in corrispondenza di una
fontana. “A rocca”
verrà condotta in località “Vacquarro”
dove resterà in attesa di potersi congiungere in
matrimonio col maestoso faggio,
“a pitu”.
Il
giorno 11 giugno, dopo l’incontro dei due alberi e
la loro benedizione, i cortei arborei proseguiranno
insieme il tragitto verso il paese, accompagnati da
altri tronchi di faggi, sfrondati e lisciati, detti
“pùrfiche”, trainati anch’essi da buoi.
Il trasporto viene effettuato tra varie pause per
pranzare, e cantare, al suono di organetti e
zampogne, tra balli e libagioni.
Un faggio ed un abete bianco, secondo un antico
rituale, accompagnati da una folla di persone, il 13
giugno in onore di Sant’Antonio convoleranno a
nozze.
E’ molto suggestiva l’interpretazione che vede
questo antichissimo rito riallacciarsi alle
“falloforie” latine, ai miti celtici di
propiziazione, animistici precristiani.
Il rituale, tuttavia, col passare del tempo, ha
acquisito un nuovo valore religioso e devozionale.
E resta un’alta testimonianza della stratificazione
delle culture mediterranee.
Tradizioni come questa meritano approfondimento e
valorizzazione.
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