Il 19 febbraio di ogni anno a Saracena
c'è sempre un tripudio di folla alla festa
patronale di San Leone, arcivescovo di Catania
nel periodo bizantino, che viene commemorato anche
con una solenne processione la seconda domenica di
Agosto.
La festa di febbraio rappresenta un momento di
maggiore attrazione ed aggregazione sociale, con la
suggestiva fiaccolata.
Tutto il popolo, soprattutto tanti giovani, si
riversa in piazza per partecipare alla suggestiva
fiaccolata che parte dalla Chiesa di San Leone, dopo
la funzione religiosa e la distribuzione del pane
benedetto, e si snoda attraverso il centro storico,
per ritornare in chiesa al grido di “Viva Santu
Liun’.
Ognuno porta una torcia, realizzata utilizzando la “varvasca”,
una pianta locale, precedentemente intrisa di olio;
mentre gruppi di giovani cantano al suono di
armoniche, tamburelli, chitarre e “cupi cupi”.
La festa è molto interessante; oltre a qualche
zampogna che ancora sopravvive, qualcuno suona una
specie di “troccola” e gruppi di giovanissimi, con
la bandana in testa, inneggiano al Santo attraverso
un artigianale megafono. È il segno dei tempi
cambiati.
Ma lo spirito della festa a Saracena è sempre quello
della tradizione. In ogni rione vengono accesi i
falò che arderanno fino al mattino seguente,
dando luce e calore alle allegre compagnie di amici
che danzano e cantano intorno a tavole imbandite di
piatti tipici della tradizione, innaffiati
dal buon vino locale e dal pregiato
moscato.
Questa è una festa molto sentita dal popolo, che
conserva i suoi riti radicati ed inattaccabili. È
una festa di antica origine in cui le credenze
popolari legate al fuoco, all’acqua, agli elementi
naturali, derivate da riti pagani, si fondono con la
tradizione religiosa cristiana.
È l’espressione del sentire religioso del popolo nel
quale, attraverso i secoli, la fede, molto radicata,
è il risultato di un miscuglio di credenze pagane,
di rituali paleocristiani, di riti di propiziazione,
che testimoniano, soprattutto nei tempi passati, la
necessità di affidarsi al trascendente per poter
affrontare le difficoltà della vita.
La funzione purificatrice e beneaugurale che si
estrinseca attraverso il falò sembra essere
l'elemento comune e ricorrente a quasi tutte le
feste del fuoco.
Al potere distruttivo e purificatorio delle fiamme
un tempo venivano attribuiti significati di speranza
per buoni raccolti dei prodotti della terra, di
rigenerazione e di rinascita, mentre il rito del
fuoco continuava a rappresentare il momento del
passaggio tra ciò che doveva aver fine (l’inverno) e
ciò che doveva rinascere (la primavera).
Certo oggi nell’immaginario collettivo non rimane
quest’antica simbologia, soprattutto dopo che la
Chiesa decretò l’abolizione di tutte quelle
tradizioni che erano ritenute di matrice pagana, e
s’individua nel falò un momento di festa nel quale
le nuove generazioni, con la loro rumorosa e
fantasiosa partecipazione, rendono omaggio al loro
Santo protettore.
La solidità della tradizione trova certamente il suo
fondamento nell'aspetto religioso e devozionale,
intriso anche di folclore, che ha nell’aspetto
sociale la sua più alta espressione di identità
culturale. |
©
Autore foto: Maria Zanoni
|
|