Centro Cultura e Arte 26 - Ricerca antropologica etnofotografica e promozione beni culturali, arte, tradizioni di Calabria

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PERCORSI MEDITERRANEI

Grecanici


 

I GRECANICI DI CALABRIA

gli abitanti dell'area ellenofona, la Bovesìa, che parlano il greco di Calabria.

La Calabria, molo naturale al centro del Mediterraneo, accanto alle preziose testimonianze paesaggistiche, artistiche, architettoniche, documentarie, scritte e orali, possiede beni materiali, manufatti, significativi per il loro valore storico-antropologico.

Anche i beni materiali, cosiddetti “minori”, possono divenire una risorsa culturale europea, con il loro carattere di documento e veicolo di comunicazione, in una rete storica, scientifica e didattica. Possono divenire una risorsa in grado di promuovere lo sviluppo del turismo culturale, e quindi anche dell’economia, delle aree rurali, con opportuni interventi, che comportano investimenti ingenti e una politica sinergica ed integrata del territorio.

Salvaguardia e promozione passano soprattutto da circuiti economici e sociali, a livello nazionale e locale, in sinergia con attività terziarie, secondarie e primarie, e mirate operazioni di marketing del territorio, in funzione di un’industria turistica da modernizzare nelle sue modalità di comunicazione e organizzazione.

Il recupero delle testimonianze umane dei secoli passati, attraverso lo studio e la valorizzazione dei manufatti edilizi, delle espressioni della cultura materiale, che caratterizzano un ambiente storico-geografico, permette la ricostruzione scientifica dei sistemi insediativi, delle tecniche costruttive, delle tecnologie agricole, dei metodi di produzione, degli usi sociali ed economici e delle condizioni di vita materiale di un popolo nel tempo.

Oggi, i beni culturali sono passati da un riduttivo modo di pensare ad essi solo come un insieme di risorse da catalogare, conservare e ammirare, ad essere considerati elemento da utilizzare per innescare anche processi di valorizzazione economica.

La funzione economica dei beni culturali è strettamente connessa alla loro fruizione, che rappresenta un valore d’uso per il territorio, sia sotto il profilo economico che sotto quello dell’identità storica e sociale della collettività.

Il ricco patrimonio di cultura materiale comune a molte regioni mediterranee, che grande influenza ha avuto nel processo di trasformazione sociale, economica e culturale, è quello meno noto e documentato, più abbisognevole di interventi di recupero e valorizzazione.

Soprattutto la cultura materiale, tradizionale grecanica, all’interno del mediterraneo, va interpretata nei suoi aspetti storici e antropologici, oltre che linguistici.

Vecchi mulini, frantoi, palmenti, filande, diffusi su tutto il territorio calabrese, sono testimonianze utili per ricostruire, nei suoi aspetti materiali, civiltà e culture diverse che hanno fatto storia, oltre che l’antico dinamismo economico della regione.

Va rivalutato questo ricco patrimonio di archeologia industriale, poco conosciuto, poco sfruttato con adeguati investimenti pubblici, e in preda al degrado, anche per l’isolamento geografico dei siti stessi. Proprio quell’isolamento ha custodito la lingua e le tradizioni.

Questa ricerca è rivolta, infatti, ad un’area “rurale”, nella parte più meridionale della Calabria, la "Bovesìa", preziosa per la conoscenza della nostra identità, per la bellezza e l’importanza storica dell’ambiente naturalistico in cui sono sorti e nel quale ancora vivono numerosi “palmenti”, vasche per la vinificazione scavate nella roccia, appartenenti ad epoche diverse, da quella pre-ellenica a quella bizantina, come attestano le croci in essi incise.

Senza dubbio, è difficile stabilire quando furono costruiti e da chi; ma i palmenti, primordiali industrie di trasformazione dei prodotti agricoli sono beni culturali importanti per indagare la centralità che l'area assunse nelle relazioni economiche e civili del Mediterraneo e ancor più per indagare le nostre radici.

Superando l’antica concezione che il termine “rurale” indichi un’area agricola, povera e arretrata dal punto di vista culturale, miriamo alla conoscenza del suo patrimonio (lingua, usi, costumi, beni materiali, religione, tradizioni, prodotti tipici) per la loro tutela e fruizione sociale, in quanto erede di civiltà greca-romana-bizantina-araba, incrociatesi nel Mediterraneo e fondamento della nostra storia.

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L’area ellenofona che va da Melito Porto Salvo a Bruzzano Zeffirio (a metà strada, lungo la costa ionica, tra il territorio di Bova e quello di Locri) storicamente conosciuta come “Bovesia”, è un territorio bruzio-bizantino legato, dal punto di vista storico-culturale e artistico, a Capo Zeffirio e quindi a Locri stessa.

 

Questa terra, aspra sulle colline aspromontane ricche di fiumare, dal clima mite sulla costa, regno di gelsomini e bergamotto, porta i segni di antiche civiltà che l’hanno attraversata e conserva l’antico dialetto grecanico.

 

Questo si è conservato, proprio per l’isolamento dei nuclei abitati, in un territorio attraversato da numerosi corsi d’acqua che hanno reso difficili le comunicazioni ed i trasporti e spezzettato le aree coltivabili.

 

Ma il discorso sulla grecità calabrese non può essere ridotto solo ad un problema di minoranze etniche, anche se l’epicentro è nei paesi intorno a Bova in cui si conserva la lingua, insostituibile, monumento di quest’isola ellenofona, la cui tutela è segno di coscienza etnica.

 

Il problema è che i confini dell’area culturale grecanica, in cui insistono i paesi di Bagaladi, Brancaleone, Africo, Melito, San Lorenzo, Roghudi, Roccaforte del Greco, Staiti, Palizzi, Pietrapennata, Pentidattilo, amministrativamente non coincidono con l’isola ellenofona dove resiste l’idioma parlato (Amendolea, Condofùri, Gallicianò, Roghudi, Chorio, Bova, Bova Marina e San Giorgio Extra).

 

In questi borghi agro-pastorali, avvolti in un misterioso senso di solitudine, si respirano antichi profumi e s’incontrano i segni di una storia antica.

È la storia di una terra che nel VII secolo, annessa alla giurisdizione bizantina del Tema di Sicilia, ebbe il nome di Calavrìa,  trasferito dal Salento all’antico Brutium.

La fase bizantina, con i suoi aspetti politici e culturali, ha dato una spinta propulsiva alla grecità calabrese.

Gli eredi ellenofoni della Magna Graecia convivevano civilmente con i latini, quando nel 568 i Longobardi invasero la regione, stanziandosi nella parte settentrionale e lasciando all’Impero d’Oriente l’area meridionale.

 

Da allora nella Calabria bizantinizzata elementi latini, greci, arabi, armeni, con forme di culto differenti, convivevano di fatto, soprattutto nei paesi intorno a Reggio, epicentro spirituale di gran parte della regione.

 

Furono quelli gli anni della contrapposizione tra rito romano, affermato dal Papato, e rito orientale delle diocesi bizantine.

È il periodo delle invasioni islamiche che seminarono devastazione e morte per circa due secoli, fino all’arrivo dei Normanni e dei successivi dominatori Svevi e Angioini.

 

Tra il VII e il XV sec. in tutta la Calabria si verificò il fenomeno dell'insediamento di monaci, provenienti dalla Siria, dalla Grecia, dalla Palestina e, comunque, da tutto il Regno di Bisanzio, invaso dagli Arabi.

I monaci, cosiddetti basiliani, hanno svolto un ruolo fondamentale, come elementi di aggregazione delle popolazioni in fuga dalla costa, per le incursioni islamiche, favorendo lo sviluppo di centri interni, con un’economia autosufficiente basata sull'agricoltura.

 

Tracce significative del passaggio dei basiliani in terra di Calabria, restano, oltre alle chiese, “costruite alla greca”, alla toponomastica, agli insediamenti rupestri (chiese-grotte), anche molti palmenti, che offrono interessanti spunti d’indagine archeologica ed etno-antropologica.

la costa della Locride

 

cascata nell'Aspromonte

 

la fiumara di Amendolea ed i ruderi del castello

 

Pentidàttilo (RC)

 

la rocca degli Armeni

 

la vallata dello Stilaro

 

Bova (RC)

   
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