sei in
PERCORSI MEDITERRANEI
Grecanici
|
I GRECANICI DI CALABRIA
gli abitanti dell'area
ellenofona, la Bovesìa, che parlano il greco di Calabria.
La Calabria, molo
naturale al centro del Mediterraneo, accanto alle preziose
testimonianze paesaggistiche, artistiche, architettoniche,
documentarie, scritte e orali, possiede beni materiali,
manufatti, significativi per il loro valore
storico-antropologico.
Anche i beni materiali,
cosiddetti “minori”, possono divenire una risorsa culturale
europea, con il loro carattere di documento e veicolo di
comunicazione, in una rete storica, scientifica e didattica.
Possono divenire una risorsa in grado di promuovere lo
sviluppo del turismo culturale, e quindi anche
dell’economia, delle aree rurali, con opportuni interventi,
che comportano investimenti ingenti e una politica sinergica
ed integrata del territorio.
Salvaguardia e
promozione passano soprattutto da circuiti economici e
sociali, a livello nazionale e locale, in sinergia con
attività terziarie, secondarie e primarie, e mirate
operazioni di marketing del territorio, in funzione di
un’industria turistica da modernizzare nelle sue modalità di
comunicazione e organizzazione.
Il recupero delle
testimonianze umane dei secoli passati, attraverso lo studio
e la valorizzazione dei manufatti edilizi, delle espressioni
della cultura materiale, che caratterizzano un ambiente
storico-geografico, permette la ricostruzione scientifica
dei sistemi insediativi, delle tecniche costruttive, delle
tecnologie agricole, dei metodi di produzione, degli usi
sociali ed economici e delle condizioni di vita materiale di
un popolo nel tempo.
Oggi, i beni culturali
sono passati da un riduttivo modo di pensare ad essi solo
come un insieme di risorse da catalogare, conservare e
ammirare, ad essere considerati elemento da utilizzare per
innescare anche processi di valorizzazione economica.
La funzione economica
dei beni culturali è strettamente connessa alla loro
fruizione, che rappresenta un valore d’uso per il
territorio, sia sotto il profilo economico che sotto quello
dell’identità storica e sociale della collettività.
Il ricco patrimonio di
cultura materiale comune a molte regioni mediterranee, che
grande influenza ha avuto nel processo di trasformazione
sociale, economica e culturale, è quello meno noto e
documentato, più abbisognevole di interventi di recupero e
valorizzazione.
Soprattutto la
cultura materiale, tradizionale grecanica, all’interno
del mediterraneo, va interpretata nei suoi aspetti storici e
antropologici, oltre che linguistici.
Vecchi mulini, frantoi,
palmenti, filande, diffusi su tutto il territorio
calabrese, sono testimonianze utili per ricostruire, nei
suoi aspetti materiali, civiltà e culture diverse che hanno
fatto storia, oltre che l’antico dinamismo economico della
regione.
Va rivalutato questo
ricco patrimonio di archeologia industriale, poco
conosciuto, poco sfruttato con adeguati investimenti
pubblici, e in preda al degrado, anche per l’isolamento
geografico dei siti stessi. Proprio quell’isolamento ha
custodito la lingua e le tradizioni.
Questa ricerca è
rivolta, infatti, ad un’area “rurale”, nella parte più
meridionale della Calabria, la "Bovesìa", preziosa
per la conoscenza della nostra identità, per la bellezza e
l’importanza storica dell’ambiente naturalistico in cui sono
sorti e nel quale ancora vivono numerosi “palmenti”,
vasche per la vinificazione scavate nella roccia,
appartenenti ad epoche diverse, da quella pre-ellenica a
quella bizantina, come attestano le croci in essi incise.
Senza dubbio, è
difficile stabilire quando furono costruiti e da chi; ma i
palmenti, primordiali industrie di trasformazione dei
prodotti agricoli sono beni culturali importanti per
indagare la centralità che l'area assunse nelle relazioni
economiche e civili del Mediterraneo e ancor più per
indagare le nostre radici.
Superando l’antica
concezione che il termine “rurale” indichi un’area agricola,
povera e arretrata dal punto di vista culturale, miriamo
alla conoscenza del suo patrimonio (lingua, usi, costumi,
beni materiali, religione, tradizioni, prodotti tipici) per
la loro tutela e fruizione sociale, in quanto erede di
civiltà greca-romana-bizantina-araba, incrociatesi nel
Mediterraneo e fondamento della nostra storia.
inizio pagina
L’area
ellenofona che va da Melito Porto Salvo a
Bruzzano Zeffirio (a metà strada, lungo la costa
ionica, tra il territorio di Bova e quello di Locri)
storicamente conosciuta come “Bovesia”, è un
territorio bruzio-bizantino legato, dal punto di
vista storico-culturale e artistico, a Capo Zeffirio
e quindi a Locri stessa.
Questa terra,
aspra sulle colline aspromontane ricche di fiumare,
dal clima mite sulla costa, regno di gelsomini e
bergamotto, porta i segni di antiche civiltà che
l’hanno attraversata e conserva
l’antico
dialetto grecanico.
Questo si è
conservato, proprio per l’isolamento dei nuclei
abitati, in un territorio attraversato da numerosi
corsi d’acqua che hanno reso difficili le
comunicazioni ed i trasporti e spezzettato le aree
coltivabili.
Ma il discorso
sulla grecità calabrese non può essere ridotto solo
ad un problema di minoranze etniche, anche se
l’epicentro è nei paesi intorno a Bova in cui si
conserva la lingua, insostituibile,
monumento di quest’isola ellenofona,
la cui tutela è segno di coscienza etnica.
Il problema è che i confini
dell’area culturale grecanica, in cui insistono i
paesi di
Bagaladi,
Brancaleone,
Africo,
Melito,
San Lorenzo,
Roghudi,
Roccaforte del Greco,
Staiti, Palizzi,
Pietrapennata, Pentidattilo,
amministrativamente non coincidono con l’isola
ellenofona dove resiste l’idioma parlato (Amendolea,
Condofùri,
Gallicianò, Roghudi,
Chorio, Bova,
Bova Marina e San Giorgio
Extra).
In questi borghi
agro-pastorali, avvolti in un misterioso senso di
solitudine, si respirano antichi profumi e
s’incontrano i segni di una storia antica.
È la storia di
una terra che nel VII secolo, annessa alla
giurisdizione bizantina del Tema di Sicilia, ebbe il
nome di Calavrìa, trasferito dal Salento
all’antico Brutium.
La fase
bizantina, con i suoi aspetti politici e culturali,
ha dato una spinta propulsiva alla grecità
calabrese.
Gli eredi
ellenofoni della Magna Graecia convivevano
civilmente con i latini, quando nel 568 i Longobardi
invasero la regione, stanziandosi nella parte
settentrionale e lasciando all’Impero d’Oriente
l’area meridionale.
Da allora nella
Calabria bizantinizzata elementi latini, greci,
arabi, armeni, con forme di culto differenti,
convivevano di fatto, soprattutto nei paesi intorno
a Reggio, epicentro spirituale di gran parte della
regione.
Furono quelli
gli anni della contrapposizione tra rito romano,
affermato dal Papato, e rito orientale delle diocesi
bizantine.
È il periodo
delle invasioni islamiche che seminarono
devastazione e morte per circa due secoli, fino
all’arrivo dei Normanni e dei successivi dominatori
Svevi e Angioini.
Tra il VII e il
XV sec. in tutta la Calabria si verificò il fenomeno
dell'insediamento di monaci, provenienti dalla
Siria, dalla Grecia, dalla Palestina e, comunque, da
tutto il Regno di Bisanzio, invaso dagli Arabi.
I monaci,
cosiddetti basiliani, hanno svolto un ruolo
fondamentale, come elementi di aggregazione delle
popolazioni in fuga dalla costa, per le incursioni
islamiche, favorendo lo sviluppo di centri interni,
con un’economia autosufficiente basata
sull'agricoltura.
Tracce significative del
passaggio dei basiliani in terra di Calabria,
restano, oltre alle chiese, “costruite alla greca”,
alla toponomastica, agli insediamenti rupestri (chiese-grotte),
anche molti
palmenti,
che offrono interessanti spunti d’indagine
archeologica ed etno-antropologica. |
la costa
della Locride
|
cascata
nell'Aspromonte |
la fiumara di
Amendolea ed i ruderi del castello |
Pentidàttilo
(RC) |
la rocca
degli Armeni |
la vallata
dello Stilaro
Bova (RC) |
|
|
|
<<
torna a
percorsi mediterranei |
inizio pagina
|
|