Centro Cultura e Arte 26 - Ricerca antropologica etnofotografica e promozione beni culturali, arte, tradizioni di Calabria

   mappa del sito  

   contatti  

   link  

sei in

CINEMA

settima Arte


Cinema: settima arte

recensioni e presentazioni di film di successo

a cura di Claudia Rende


L’Area Cinema – Settima Arte, dedicata alla critica cinematografica, è curata da Claudia Rende.
Con passione e competenza, fornisce elementi di giudizio accattivanti per sviluppare una buona cultura della Settima Arte.
La garanzia della buona qualità è data dai commenti chiari e non invadenti, ricchi di informazioni su ciascun film analizzato.
Il percorso critico è imperniato non solo sulle ultime novità, ma anche su analisi interessanti di film restaurati e interazioni letteratura-cinema.
 

X Men 3: Conflitto finale

X Men: The last stand, USA, 2006
Regia: Brett Ratner
Cast: H. Jackman, H. Berry, F. Janssen, I. McKellen, R. Romijn, J. Marsden, P. Stewart
Sceneggiatura: S. Kinberg, Z. Penn
Produzione: Marvel
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 1h e 45'


Capitolo conclusivo della saga dei mutanti guidati dal professor Xavier (P. Stewart). Wolverine (Hugh Jackman) & company dovranno vedersela con una doppia minaccia: da una lato Magneto (I. McKellen) e il suo esercito di mutanti di cui fa parte anche Jean Grey, che ha completato la sua mutazione ed è diventata la Fenice, dall'altro gli uomini che hanno trovato una cura per il gene mutante.
Il film, il più bello della trilogia, è talmente coinvolgente che qualsiasi anticipazione ne rovinerebbe la visione, la sceneggiatura è strepitosa e gli effetti speciali incredibili.
Brett Ratner (Rush Hour, After the sunset) è stato un ottimo sostituto di Bryan Singer (che ha dovuto rifiutare la regia perché impegnato in "Superman returns", infatti, anche se il film ha un ritmo più serrato e più scene d'azione dei due precedenti, non si trascurano i personaggi e le loro storie: Wolverine che è sempre stato un tipo solitario questa volta dovrà decidere da che parte schierarsi, Jean Grey, invece, farà i conti con la sua doppia personalità.
In questo episodio si aggiungono nuovi mutanti: Bestia (Kelsey Grammer) e Angelo (Ben Foster) tra i buoni, Fenomeno (Vinnie Jones) e Callisto (Dania Ramirez) tra i cattivi.
X Men 3 è davvero il gran finale della serie sui mutanti ideata negli anni Sessanta da Stan Lee (che nel film è l'uomo che innaffia il prato vicino casa di Jean Grey) e Jack Kirby, ma i fans non devono preoccuparsi, per il 2007 sono previsti due prequel: "Wolverine" e "Magneto".
La lotta tra Bene e Male è arrivata al termine, chi vincerà?………..

 

inizio pagina

Il Codice Da Vinci

The Da Vinci Code, USA, 2006
Regia: Ron Howard
Cast: T. Hanks, A. Tautou, I. McKellen, J. Reno, P. Bettany, A. Molina
Sceneggiatura: A. Goldsman
Produzione: Columbia Pictures Corporation, Imagine Entertainment
Distribuzione: Sony Pictures
Durata: 2h e 28'


Ron Howard porta sul grande schermo quello che è stato definito il più grande successo letterario degli ultimi dieci anni.
Il curatore del Louvre, Jacques Saunière (J. P. Marielle), viene ritrovato cadavere nella posizione dell' "Uomo Vitruviano" di Leonardo Da Vinci con dei simboli sul corpo. Per decifrarli, il capitano addetto alle indagini, Fache (J. Reno), contatta il professor Robert Langdon (T. Hanks) esperto di simbologia. Langdon aiutato da Sophie Neveu (A. Tautou), nipote di Saunière, scopre che l'uomo è stato ucciso, dal monaco Silas (P. Bettany), perché custodiva un segreto sconvolgente per la Chiesa. Grazie agli indizi lasciati dal curatore, i protagonisti cominciano una caccia al tesoro, non priva di ostacoli, che li porterà fino a Rosslyn in Scozia, dove il più grande segreto di tutti i tempi dovrebbe essere celato.
Il film, privo di suspance, è estremamente lento e prevedibile. Gli indizi vengono risolti troppo rapidamente se si considera che si tratta di un segreto custodito per millenni, inoltre, lo spettatore anticipa il protagonista nella risoluzione degli enigmi (forse troppo banali).
Il film risulta essere anticlericale: l'Opus Dei sembra quasi un "clan mafioso" che manda sicari in giro per il mondo ad uccidere pur di mantenere il segreto.
Deludente l'interpretazione dei protagonisti, fatta eccezione per Ian McKellen, che risultano freddi e inespressivi.
Questo film riuscirà a raggiungere solo il pubblico che non riesce a distinguere un vero thriller da una storia piena zeppa di falsi storici così evidenti che non si può non notarli.
L'unica verità del "Codice Da Vinci" è che la storia è di pura fantasia e che il film brilla più per pubblicità che per qualità.
Un thriller "supersponsorizzato" niente di più.

 

inizio pagina

Mission Impossible 3

Id, Usa, Cina, Italia, 2006
Regia: J.J. Abrams
Cast: T. Cruise, P. Seymour Hoffman, V. Rhames, J. Rhys-Meyers, Maggie Q, L. Fishburne
Sceneggiatura: A. Kurtzman, R. Orci, J.J. Abrams
Produzione: T. Cruise, P. Wagner
Distribuzione: UIP
Durata: 2h e 06'


Dopo Brian De Palma e John Woo tocca a J.J. Abrams dirigere la terza missione impossibile dell'agente speciale della IMF (Impossible Mission Force) Ethan Hunt (T. Cruise).
Questa volta Hunt è in procinto di sposarsi con Julia (M. Monaghan), che naturalmente ignora la sua vera identità, non è più un agente operativo bensì un addestratore di reclute, ma quando una sua allieva (K. Russell) viene rapita durante una missione dal trafficante Owen Davian (P. Seymour Hoffman, fresco di Oscar per "Truman Capote - A sangue freddo"), è costretto a tornare in azione.
Davian è ossessionato dalla "zampa di lepre" (una misteriosa arma chimica molto potente). Per averla è disposto a tutto: rapisce Julia e costringe Hunt a rubarla per lui in solo 48 ore altrimenti ucciderà la donna. E' l'inizio di una funambolica corsa contro il tempo che porta l'agente a lanciarsi dai grattacieli e correre sui tetti di Shangai. Nella sua missione Hunt non è da solo come succedeva nei due precedenti episodi, stavolta ha una squadra al seguito: il suo amico Luther Stickell (V. Rhames), Declan (J. Rhys-Meyers) e Zhen (Maggie Q).
A ricoprire l'ambiguo ruolo di direttore dell'IMF, Laurence Fishburne che ostacolerà Hunt nella sua impresa. Il finale è un po' scontato ma non indebolisce il film, che regala allo spettatore scene rocambolesche ad alto tasso adrenalinico.
Il regista dirige il film con maestria e mescola bene i punti di forza dei primi due film, del resto Abrams di spie se ne intende dato che ha creato e diretto "Alias" da cui il film ha ereditato la struttura: non sono solo scene di azione spettacolari ma anche analisi dei personaggi e dialoghi più curati che rendono questo capitolo più completo dei precedenti.
Intrattenimento allo stato puro questo è M:I:III.

 

inizio pagina

La sposa cadavere

The corpse bride, Gran Bretagna, 2005
Regia: T. Burton, M. Johnson
Cast: J. Depp, H. Bonham Carter, E. Watson, C. Lee
Sceneggiatura: C. Thompson, P. Pettler, J. August
Produzione: A. Abbate, T. Burton
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 1h e 16'



Dopo "Nightmare before Christmas", Tim Burton torna a dirigere un film in stop motion (pupazzi veri animati fotogramma per fotogramma).
"La sposa cadavere" è un musical macabro ambientato in epoca vittoriana, che narra la storia di Victor Van Dort (J. Depp), un ragazzo un po' impacciato che, durante le prove del suo matrimonio con Victoria Everglot (E. Watson), non riesce a pronunciare il fatidico "sì".
Costretto dal pastore Golswells (C. Lee) ad imparare a memoria le parole, il giovane si incammina nella foresta ripetendo ad alta voce il giuramento.
Mentre prova e riprova finisce con l'infilare l'anello nuziale su quello che lui crede un ramoscello, ma in realtà non è altro che il dito di Emily (H. Bonham Carter) una sposa assassinata che improvvisamente diventa uno zombie e pretende di essere legalmente sposata con il ragazzo.
L'incredulo Victor viene così trascinato nella Terra dei Morti, un mondo fatto di teschi che cantano, pub dei morti e simpatici scheletri più buffi che spaventosi.
La differenza tra il mondo dei morti e quello dei vivi è paradossale: il primo è vivace, colorato e divertente, il secondo è grigio, austero e rigoroso. Victor non ci metterà molto a capire che non esiste niente che possa allontanarlo dal suo vero amore.
Tim Burton e Mike Johnson (coregista) hanno lavorato per dieci anni a questo film ottenendo un risultato eccellente.
Si coglie la giusta combinazione tra horror e buffo, macabro e comico, ormai "marchio di fabbrica" del regista e si impara che non si è mai troppo piccoli o troppo grandi per un film d'animazione firmato Tim Burton.
Non perdetelo.

 

inizio pagina

Good night and good luck

Id., USA, 2005
Regia: G. Clooney
Cast: D. Strathairn, G. Clooney, R. Downey Jr., J. Daniels, P. Clarkson
Sceneggiatura: G. Clooney, Grant Heslov
Produzione: G. Clooney, Grant Heslov, Steven Soderbergh
Distribuzione: Mediafilm
Durata: 1h e 30'


Dopo "Le confessioni di una mente pericolosa" George Clooney torna a dirigere un film che tratta personaggi realmente esistiti e storie realmente accadute.
Questa volta il protagonista non è un mitomane bensì un vero eroe americano: Edward R. Murrow. Nei primi anni Cinquanta, forse il periodo più cupo politicamente per gli Stati Uniti, a causa della guerra fredda tra USA e Russia, il senatore Joseph McCarthy dà il via ad una vera e propria caccia alle streghe, ossessionato dal sospetto che tra gli americani potessero esserci delle spie comuniste. Murrow (D. Strathairn), brillante anchorman della CBS, mette in luce, nel suo show "See it now", i lati oscuri del politico che perseguita onesti cittadini con l'accusa di simpatizzare per il comunismo. Murrow riuscirà a fermare, anche grazie all'appoggio del suo produttore Fred Friendly e nonostante intimidazioni e minacce di morte, il maccartismo e a liberare l'America dalle liste nere e da uno dei più grandi pericoli della sua Storia.
Oggi Murrow è considerato uno dei più grandi giornalisti della storia della TV americana così come Woodward e Bernstein, che svelarono lo scandalo Watergate e ai quali è dedicato il film di A. J. Pakula del 1976 "Tutti gli uomini del Presidente"con Dustin Hoffman e Robert Redford.
Il film è girato in bianco e nero perché Clooney ha voluto che avesse l'aspetto di un documentario.
Un buon film, sicuramente da vedere.
 

inizio pagina


La fabbrica di cioccolato

Charlie and the chocolate factory, USA, Gran Bretagna, 2005
Regia: T. Burton
Cast: J. Depp, F. Highmore, H. Bonham Carter, C. Lee, J. Fry
Sceneggiatura: J. August
Produzione: R. D. Zanuck, M. Siegel, B. Grey
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 1h e 15'


Il regista Tim Burton prende per la gola i suoi fans dirigendo il remake di "Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato" (di Mel Stuart, con Gene Wilder).
In questa versione molto più gotica della precedente, Willy Wonka è interpretato dall'istrionico e ambiguo Johnny Depp, che ha dato al personaggio un profilo ombroso che non è mai venuto alla luce nel primo film.
Un giorno il piccolo Charlie (Freddy Highmore) trova, in una tavoletta di cioccolato Wonka, uno dei cinque biglietti d'oro con cui il vincitore potrà fare una visita guidata della straordinaria fabbrica.
Un vero e proprio paese dei dolciumi dove si può mangiare tutto, dagli alberi lecca-lecca ai fiumi di cioccolato; tutto creato da Willy Wonka e dai suoi aiutanti, gli Oompa Loompa (nani fabbricati in serie). Un posto dove ogni bambino vorrebbe vivere.
Unico punto debole il bizzarro ed eccentrico proprietario non molto ospitale.
I bambini attirati dalla fabbrica come Hansel e Gretel dalla casa di marzapane, non hanno la minima idea di ciò che li aspetta.
Willy con fredda indifferenza si sbarazzerà dei bambini e dei loro cinici genitori, uno alla volta. Solo Charlie riuscirà a scoprire il segreto che si cela in fondo al cuore del folle "candyman".
Suo padre, dentista (Christopher Lee), era un accanito nemico di tutti i dolciumi e, oltre a negarglieli, lo costrinse a portare un apparecchio per la corretta masticazione, che sembrava un'arma di tortura.
L'apparente crudeltà del cioccolataio non è altro che solitudine.
Il regista ha snellito la sceneggiatura, eliminando le parti cantate che toglievano continuità all'originale del 1971.
Il tocco burtoniano si avverte sin dall'inizio: il film è cupo e visionario; ma ormai, si sa, Burton dice la sua anche nei film apparentemente solo per bambini.
Caldamente consigliato.

 

inizio pagina

Il mercante di Venezia

The merchant of Venice, Italia/USA/GB/Lussemburgo, 2004
Regia: M. Radford
Cast: Al Pacino, J. Irons, J. Fiennes, L. Collins
Sceneggiatura: M. Radford
Produzione: C. Brokaw, B. Navidi, J. Piette, M. Lionello Cowan
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 2h e 4’


Finalmente sugli schermi italiani la nuova versione cinematografica de Il mercante di Venezia, forse l’opera più controversa di William Shakespeare, questa volta diretta da Michael Radford.
Venezia, XVI secolo. Per aiutare Bassanio (J. Fiennes), che vuole sposare Porzia (L. Collins), il mercante cristiano Antonio (J. Irons) chiede in prestito 3000 ducati all’usuraio ebreo Shylock (Al Pacino), il quale esige dal mercante una libbra di carne del suo corpo se non salderà il debito entro i termini pattuiti. Shylock, attende da tempo l’occasione di vendicarsi per le persecuzioni e le umiliazioni subite e quando Jessica (Z. Robinson), sua figlia, scappa con Lorenzo (C. Cox), protetto di Antonio, egli giura che il mercante gliela pagherà cara. Antonio dovrà pagare il suo debito e la contesa finirà davanti al tribunale del Doge.
Il regista non ha rielaborato l’opera e si è strettamente attenuto al testo originale e alle ambientazioni, ciò dimostra che Shakespeare é sempre attuale: evidenzia i sentimenti umani scavando nei problemi morali e psicologici dei personaggi piuttosto che raccontare solo i fatti.
Al Pacino è semplicemente straordinario (ma il merito va anche a Giancarlo Giannini che, nella versione italiana, gli presta la voce), il suo Shylock, é un uomo solo, ferito nell’orgoglio e per questo accecato dal desiderio di vendetta per le ingiustizie subite. Da Oscar il monologo in cui l’usuraio dà voce alla rabbia per la persecuzione degli Ebrei in una Venezia cristiana. Pacino rende l’opera così attuale da non sembrare scritta secoli fa e la sua interpretazione è così intensa da adombrare persino l’ottimo Jeremy Irons.
Il film, accurato, ma a tratti un po’ lento, fa dell’opera, da sempre considerata antisemita, un insegnamento sulla tolleranza.

 

inizio pagina

Il Fantasma dell'Opera

The Phantom of the Opera, 2004
Regia: J. Schumacher
Cast: G. Butler, E. Rossum, P. Wilson, M. Driver, M. Richardson
Sceneggiatura: A. Lloyd Webber, J. Schumacher
Produzione: A. Lloyd Webber
Distribuzione: Warner
Durata: 2h e 23’

Finalmente lo straordinario musical di Andrew Lloyd Webber è diventato un film. Ad adattarlo per il grande schermo sono stati lo stesso Lloyd Webber e il regista Joel Schumacher, che ha diretto con grande maestria un cast all’altezza della situazione.
La vicenda si svolge nella seconda metà dell’Ottocento a Parigi nel teatro dell’Opera. La stella del teatro, la Carlotta (Minnie Driver) dà forfait il giorno di una prima importante e viene chiamata a sostituirla Christine Daäe (Emmy Rossum), ballerina, figlia di un noto violinista dell’epoca. La ragazza, che si scoprirà essere una brava cantante, ha studiato musica e canto per anni, grazie ad un maestro di cui lei non conosce il nome e che crede sia “l’Angelo della Musica” mandatole dal padre, morto quando lei era solo una bambina. In realtà, quell’uomo è “il Fantasma dell’Opera” (Gerard Butler) che da anni vive nei sotterranei del teatro terrorizzando gli artisti e di cui nessuno ha mai visto il volto perché coperto da una maschera. Quando il Fantasma, innamorato di Christine (per la quale prova un’ossessiva gelosia) si accorge che il Visconte Raoul de Chagny (Patrick Wilson), proprietario del teatro, mostra interesse per la ragazza che intanto è diventata la primadonna della compagnia, impazzisce. Questo darà il via ad un susseguirsi di violente passioni e scontri. La situazione precipita quando si scopre che Christine ricambia l’amore del Visconte (anche se è allo stesso tempo attratta dal Fantasma) e ciò porterà allo scontro finale tra i due uomini che si contendono l’amore della cantante.
Il film non è in lingua originale con sottotitoli in italiano (peccato!) come già era successo, ad esempio, per Evita e Jesus Christ Superstar. Infatti, Lloyd Webber ha voluto che ogni nazione avesse una propria versione. In Italia i protagonisti sono stati doppiati nelle parti cantate da cantanti che hanno già partecipato a musical di successo: il Fantasma è doppiato da Luca Velletri (Nôtre Dame de Paris), Christine da Renata Fusco (Grease), il Visconte da Pietro Pignatelli (Pinocchio).
Degna di nota l’interpretazione di Gerard Butler, il fantasma ha il fascino magnetico e demoniaco di un vampiro: si avverte il male in lui ma è difficile stargli lontano. Anche Emmy Rossum è convincente nell’infondere al suo personaggio la giusta dose di ammirazione e odio nei confronti del Fantasma. Meritevoli le scenografie barocche e sfarzose così come i costumi.

 

inizio pagina

L'ultima alba

Tears of the Sun, USA, 2003
Regia: A. Fuqua
Cast: B. Willis, M. Bellucci
Sceneggiatura: A. Lasker, P. Cirillo
Produzione: M. Lobell, E. Rifkin, I. Bryce
Distribuzione: Medusa
Durata: 2h e 1’

Bruce Willis doveva essere incapace di intendere e di volere quando ha accettato il copione di questo film, oppure, può darsi si sia lasciato prendere dall’entusiasmo quando ha saputo che nel cast ci sarebbe stata Monica Bellucci (meglio stendere un velo pietoso sulla sua interpretazione, che ha già fatto danni in “Matrix Reloaded” e “Matrix Revolutions”). Il regista è Antoine Fuqua, già autore di “Training Day”, che ha fruttato nel 2001 un Oscar a Denzel Washington, tuttavia, sicuramente non sarà questo film a farlo ottenere a Willis. Il tenente A. K. Waters (B. Willis), al comando di una squadra di Navy Seals specializzata in missioni rischiose, è incaricato di recuperare la dottoressa Lena Kendricks (Monica Bellucci), che si trova in una missione nella giungla nigeriana, perché il luogo è soggetto ad un colpo di stato organizzato da militari ribelli. La trama piatta poco originale e la presenza di scene inverosimili rendono la storia ancora più banale di quanto non lo sia già. I discorsi sono molto noiosi e la lentezza con cui procede il film fa sì che lo spettatore si stanchi di seguirlo fino alla fine. Neanche la colonna sonora di Hans Zimmer, un maestro del genere d’azione e del genere drammatico, riesce a rendere piacevole “L’ultima alba”, che non può essere considerato né d’azione né drammatico. L’unico aspetto veramente drammatico di questo flop è che i produttori lo abbiano paragonato a “Salvate il soldato Ryan”. In conclusione: “Risparmiate i soldi del biglietto!”.

 

inizio pagina

X Men 2

Id., USA, 2003
Regia: B. Singer
Cast: H. Jackman, P. Stewart, I. McKellen, H. Berry, F. Jenssen, B. Cox
Sceneggiatura: M. Dougherty, D. Harris
Produzione: L. Shuler Donner, R. Winter
Distribuzione: Fox
Durata: 2h e 5’


Gli X-Men sono tornati.
Wolverine (Hugh Jackman), Tempesta (Halle Berry), Jean Grey (Famke Janssen), Cyclope (James Marsden), Rogue (Anna Paquin) e i loro amici devono combattere un nuovo spietato nemico: William Stryker (Brian Cox), uno scienziato militare che ha ordinato un’incursione nella scuola per giovani dotati allo scopo di rapire nuovi mutanti per compiere i suoi folli esperimenti. In seguito si scoprirà avere a che fare con il passato di Wolverine e del professor Xavier (Patrick Stewart). Questo temibile avversario ha al suo seguito Lady Deathstrike (Kelly Hu, già vista ne “Il Re Scorpione”, ma in Italia è più conosciuta come la Kaori dello spot Philadelphia), una mutante con gli stessi artigli di Wolverine. I supereroi devono anche scoprire dove si nasconde il mutante Nightcrawler (Alan Cumming) e perché ha attentato alla vita del presidente degli Stati Uniti. Come se non bastasse Mystica (Rebecca Romijn-Stamos) riesce a far evadere Magneto (Ian McKellen) dalla prigione di plastica in cui era stato rinchiuso nel precedente episodio… Insomma l’azione non manca. Questo film è molto più travolgente e completo del precedente uscito nel 2000, infatti si può dire che il primo film sia stato una specie di presentazione dei mutanti, dei loro poteri e delle impressioni che suscitavano nelle persone.
Bryan Singer ha diretto il film con stile ed ha lasciato in giro molti indizi per un terzo capitolo.
Più o meno realistici, ma comunque d’impatto gli effetti speciali (da notare l’effetto con cui scompare Nightcrawler). La scenografia è ad alto livello: abile lo scenografo che ha ricostruito in studio l’attentato al Presidente nella Casa Bianca, dopo il divieto del Presidente Bush ad effettuare le riprese.
Come Daredevil, Spiderman e Hulk, X-Men è un prodotto Marvel nato dall’ingegno dello sceneggiatore Stan Lee. Questi supereroi hanno sì dei poteri eccezionali ma allo stesso tempo sono anche persone fragili e imperfette. Fumetto, quindi, fino ad un certo punto. Nel film sono celati anche significati più profondi e temi sociali attualissimi.
Un aspetto interessante del film è che non è strettamente necessario aver visto il primo episodio per capire questo affascinante seguito. In poche parole… questo film è entusiasmante!

 

inizio pagina

Daredevil

Id., USA, 2003
Regia: M. Steven Johnson
Cast: B. Affleck, J. Garner, M. Clarke Duncan, C. Farrel, J. Pantoliano
Sceneggiatura: M. Steven Johnson
Produzione: A. Arad, G. Foster, A. Milchan
Distribuzione: Fox
Durata: 1h 43’


Brillante avvocato di giorno, implacabile giustiziere di notte. Questo è Daredevil, ennesimo supereroe dei fumetti Marvel, nato nel 1964 dalla macchina da scrivere di Stan Lee e dalla matita di Bill Everett. Eroe dal cuore tormentato e allo stesso tempo disabile, rimasto traumatizzato a dodici anni a causa dell’assassinio del padre. Matt Murdock (Ben Affleck) è un avvocato giusto e leale rimasto cieco da bambino, a causa di un liquido radioattivo, che quando non riesce ad ottenere giustizia in tribunale, diventa Daredevil, spietato giustiziere assetato di vendetta. Crescendo ha sviluppato in maniera straordinaria gli altri sensi, tanto da riuscire ad agire con la massima scioltezza in situazioni di pericolo. Gli altri personaggi del film sono: Elektra Natchios (l’attrice Jennifer Garner), figlia di un facoltoso magnate greco, esperta di arti marziali, che si innamora di Matt ma vuole uccidere Daredevil perché lo ritiene responsabile dell’omicidio di suo padre. In realtà il colpevole è Bullseye (l’irlandese Colin Farrell), assassino dalla mira infallibile che lavora per Kingpin (Michael Clarke Duncan), elegante e potente gangster che anni addietro aveva assassinato il padre del protagonista, per cui, lo scontro tra i due è inevitabile. La debole trama è retta dall’amore di Matt per Elektra, dalle uscite comiche del simpatico avvocato e collega (interpretato da Jon Favreau) e dal cacciatore di scoop (Joe Pantoliano). Le riprese frenetiche (quasi tipo video clip), sono forse un po’ troppo veloci perché possano far godere, agli appassionati del genere, gli emozionanti combattimenti a colpi di Kung Fu (da notare quello tra Matt ed Elektra nel parco e quello tra Daredevil e Bullseye), oltretutto la maggior parte di questi avviene al buio. Il vero guerriero del film è Jennifer Garner (come ha dichiarato lo stesso Ben Affleck), che, grazie all’allenamento per il telefilm “Alias”, ha reso moltissimo nelle scene d’azione. Tra le differenze riscontrate nel film rispetto al fumetto, la più grande è senza dubbio la figura di Kingpin, infatti, nel fumetto il gangster è bianco. Un’altra differenza è nei costumi: nel fumetto Daredevil indossa prima una tuta gialla e poi una rosso fuoco ricavata dall’accappatoio da pugile del padre, nel film invece, la tuta è di pelle e il colore è rosso bordeaux, una tonalità molto simile a quella del sangue. Elektra, invece della tuta rossa da ninja (forse per non confonderla con Daredevil) indossa top, pantaloni e stivali neri sempre di pelle: un incrocio tra Britney Spears nel video di “I Love Rock and Roll” e Lucy Liu in “The Payback”. Nel film ci sono alcuni errori di montaggio e alcune imprecisioni: ad esempio, nella scena della metropolitana l’orologio segna le 11:50, in quella successiva, invece, le 11:30. Nella scena del combattimento tra Daredevil ed Elektra, ci sono delle lenzuola appese ad asciugare, ma si possono vedere chiaramente i segni dovuti alle piegature, ciò dimostra che sono nuove di zecca, messe lì apposta per la scena! Quando Bullseye cade dalla moto non ha niente in mano, mentre quando è per terra, nella scena successiva, ha in mano il bastone di Daredevil. Piccole disattenzioni che però non rovinano il film, diretto da Mark Steven Johnson, che è alquanto complesso, infatti, esplora il tema del Male a fin di Bene visto anche attraverso la religione. “Daredevil” è il film per chi ama i fumetti e i film d’azione.

 

inizio pagina

La regola del sospetto

The Recruit, 2003
Regia: R. Donaldson
Cast: Al Pacino, C. Farrel, B. Moynahan
Sceneggiatura: R. Towne, K. Wimmer, M. Glazer
Produzione: R. Birnbaum, J. Apple, G. Barber
Distribuzione: Buena Vista
Durata: 1h e 54’


“Tutto è un test, niente è ciò che sembra”. Questa è la regola che James Douglas Clayton (Colin Farrell), mago dell’informatica, deve imparare quando viene reclutato da Walter Burke (lo straordinario Al Pacino) per entrare a far parte della C. I. A.. Portato in un centro di addestramento chiamato “la fattoria” viene sottoposto a qualsiasi tipo di test, dalla macchina della verità alla tortura. Qui conosce Layla Moore (Bridget Moynahan), della quale si innamora. La prima missione che gli viene assegnata è molto difficile: deve sorvegliare Layla e scoprire per chi sta lavorando, perché sta misteriosamente copiando, dai computer della C. I. A., il programma Ghiaccio Nove, capace di distruggere l’intero sistema elettrico degli U. S. A.. E’ un compito duro: deve dubitare di tutto e di tutti, forse anche di se stesso, per scoprire la verità. Il film, tutt’altro che una banale spy story, sviluppa la concezione della spia non come persona fredda e distaccata che deve solo eseguire i compiti assegnatele. James D. Clayton ne è un esempio calzante: i suoi sentimenti prevalgono sul dovere. Il thriller è sponsorizzato C. I. A., infatti, proprio il portavoce dell’Agenzia, Chase Brandon, ha dato consigli utili agli attori su norme comportamentali e tecniche di reclutamento. Grande l’interpretazione di Al Pacino: il suo personaggio è diabolico, misterioso e ambiguo allo stesso tempo; infatti, passa velocemente dal ruolo di amico a quello di freddo addestratore. Bisogna sottolineare che il merito va anche a Giancarlo Giannini, che gli presta la voce in fase di doppiaggio. Degno di nota il lavoro dello scenografo Andrew McAlpine, che è riuscito a ricostruire abilmente sia “la fattoria” che il Quartier Generale della C. I. A. a Langley, avendo a disposizione poco materiale informativo. Questo film, diretto dal regista di “Senza via di scampo”, Roger Donaldson, è un thriller appassionante e imprevedibile in grado di far sospettare fino alla fine di tutti i protagonisti. L’unica persona di cui lo spettatore non deve sospettare è chi dice: “Il film è da vedere”.

 

inizio pagina

Un boss sotto stress

Analyse That,USA, 2002
Regia: H. Ramis
Cast: R. De Niro, B. Crystal, L. Kudrow
Sceneggiatura: P. Steinfeld, P. Tolan, H. Ramis
Produzione: J. Rosenthal, P. Weinstein, S. Herrington
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 1h e 35’


Robert De Niro e Billy Crystal di nuovo insieme nel seguito di “Terapia e pallottole”, la commedia, del 1999, che raccontò con divertente leggerezza la storia del boss Paul Vitti (De Niro), che in preda ad attacchi di panico e sensi di colpa, irrompe nella vita dello psichiatra Ben Sobel (Billy Crystal) in procinto di sposarsi con Laura (Lisa Kudrow), obbligandolo a prenderlo in cura. Il successo è arrivato grazie all’affiatamento del cast e alla storia originale, perciò non si poteva non girare questo seguito. Questa volta il boss, affetto da un presunto esaurimento nervoso che lo porta a cantare a squarciagola le canzoni di West Side Story, viene rilasciato da Sing Sing e affidato alle cure dello stressato psichiatra ora felicemente sposato. I tentativi, a dir poco disastrosi, di reinserimento del mafioso nella società, creano una serie di situazioni più o meno riuscite. I duetti De Niro-Crystal sono spassosi, ciononostante il film non riesce a superare “Terapia e pallottole”.
La cosa che non piace di questo film è il doppiatore di De Niro: è vero che è difficile sostituire l’indimenticabile Ferruccio Amendola, ma il nuovo doppiatore (Stefano De Sando) attribuisce molto spesso al protagonista un accento romano ed una tendenza a strascicare le ultime sillabe che è assolutamente fuori contesto (in alcuni dialoghi, si ha difficoltà a seguire ciò che dice). Non si può certo dire che sia adatto al personaggio (anche se in Ronin è stato all’altezza della situazione).

 

inizio pagina

007 La morte può attendere

007 Die another day, 2003
Regia: L. Tamahori
Cast: P. Brosnan, H. Berry, T. Stephens, R. Pike, J. Dench, J. Cleese
Sceneggiatura: N. Purvis, R. Wade
Produzione: M. G. Wilson, B. Broccoli
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 2h e 15’


In occasione del suo quarantesimo compleanno cinematografico, è uscito nelle sale: ”007 La morte può attendere”, ventesimo film della saga di James Bond, l’agente segreto più famoso di Sua Maestà Britannica.
La sua prima apparizione risale al 1962, con “Licenza di uccidere” e dopo molte avventure, flirt e cocktail Martini, la spia più amata dal pubblico (secondo la leggenda, una persona adulta su due avrebbe visto almeno un film di 007) è di nuovo sulla cresta dell’onda, virile e seducente come sempre.
Sono stati apportati alcuni cambiamenti: il regista è Lee Tamahori, la nuova Bond girl è Halle Berry, la mitica Aston Martin ritorna come “auto di servizio”, sostituendo le Bmw degli ultimi tre film e mentre Madonna canta “Die another day”, la canzone-guida, oltre ai soliti titoli di testa con corpi femminili stilizzati, vediamo 007 sottoposto a torture. Cambiamenti ma anche conferme, come il ritorno per la quarta volta di Pierce Brosnan nei panni di James Bond, Judi Dench in quelli di M e John Cleese, in quelli dell’armiere del Servizio Segreto succeduto a Q (interpretato, per 19 film, da Desmond Llewellyn scomparso due anni fa). Ancora una volta il film mantiene lo stile al quale la serie ci ha abituato, infatti, seguendo la tradizione, si inizia con del surf notturno (molti pensano che questa sequenza sia stata realizzata al computer, invece è vera), per poi proseguire con uno spettacolare inseguimento a bordo di un hovercraft. Questa volta Bond, accusato di tradimento, dovrà sventare i piani dell’ennesimo megalomane, il multimiliardario Gustav Graves (interpretato da Toby Stephens), che proprio su se stesso, sperimenterà una nuova terribile macchina in grado di cambiare i lineamenti del volto umano, manipolando il DNA. Il tutto si svolge a ritmi frenetici tra: Corea, Hong Kong, Cuba, Londra e Islanda.
Il personaggio di James Bond non si è evoluto molto, appena qualche inevitabile aggiornamento. E’ sempre lo stesso “single”, elegante nel suo completo firmato Brioni, con licenza di uccidere che guida belle macchine ed ha incontri occasionali con belle donne, mentre salva il mondo da qualche psicopatico. In poche parole: Bond è esattamente quello che ogni ragazzo vorrebbe essere.
Il film è interessante, sia per il grande pubblico sia per i cultori delle gesta di 007, il suo punto di forza è il fascino ineguagliabile di un uomo che allo stesso tempo è assassino e gentiluomo.

 

inizio pagina

Ma che colpa abbiamo noi

Italia, 2003
Regia: C. Verdone
Cast: C. Verdone, M. Buy, A. Catania, M. Amato, S. Pesce, A. Caprioli
Sceneggiatura: C. Verdone, F. Satta, P. Plastino, P. De Bernardi
Produzione: Virginia Film
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 1h e 56’


Dopo tre anni di assenza dal set, torna Carlo Verdone e coglie nel segno, con una commedia corale alla “Compagni di scuola”, per parlare con leggerezza di nevrosi e psicoanalisi.
La storia è quella di otto persone che fanno terapia di gruppo e che a causa dell’improvvisa morte della loro psicoanalista (avvenuta in piena seduta!), sono costrette a cercare un degno sostituto, non riuscendoci, tentano di sperimentare una terapia di gruppo autogestita. Verdone ha messo insieme un bel campionario di nevrosi, fra depressioni, insicurezze, carenze di affetto e sensi di colpa (come dice il titolo del film, rubato ad un vecchio successo dei Rokes). C’è Flavia (Margherita Buy), infelicemente legata ad un uomo sposato, che ha la mania per le scarpe; Chiara (Anita Caprioli), studentessa universitaria, bulimica, che vive tra chat line e frigorifero; il malato d’insonnia Ernesto (Antonio Catania), che cacciato di casa dalla moglie dopo l’unico tradimento della sua vita, riesce a dormire solo in treno. Inoltre, del gruppo fanno parte: Luca (Max Amato), un elegante e scontroso omosessuale che non riesce a tagliare i legami che lo rendono succube di un uomo sposato; la cinquantenne Gabriella (Lucia Sardo), che non riuscendo ad accettare l’avanzare dell’età, colleziona lifting e uomini per paura di restare sola; il violoncellista obeso Alfredo (Luciano Gubinelli), che a quaranta anni vive ancora con la madre anziana. Non manca il malato misterioso, Marco (Stefano Pesce), trentenne silenzioso che vive in una casa originale piena di immagini e di suoni, il cui male di vivere sarà svelato solo alla fine del film. Per sé Verdone ha scelto il ruolo di Gegè, cinquantenne brillante alle prese con un padre-padrone che lo umilia in pubblico e lo tratta come un incapace.
Il film è ben costruito: la sceneggiatura estremamente complessa, riesce ad intrecciare le vicende dei personaggi.
Il tema attualissimo è quello della fragilità delle persone, della solitudine e della mancanza di punti di riferimento. Nel film si riscontra un perfetto equilibrio tra comicità e malinconia. Questa commedia fa ridere ma allo stesso tempo riflettere sul nostro tempo confuso, dominato dalla solitudine e dalle nevrosi.
“Ma che colpa abbiamo noi” è forse uno dei più bei film di Carlo Verdone.

 

inizio pagina

Chicago

Id.,USA, 2002
Regia: R. Marshall
Cast: C. Z. Jones, R. Zellweger, R. Gere, Q. Latifah, J. C. Reilly
Sceneggiatura: B. Condon
Produzione: M. Richards
Distribuzione: Buena Vista
Durata: 1h e 53’

Finalmente nelle sale l’originale rilettura cinematografica dell’acclamato musical teatrale di Bob Fosse.
“Chicago” si basa su un fatto di cronaca che negli anni Venti, inondò le pagine di quotidiani e tabloid. Protagoniste della storia, due assassine: Velma Kelly (Catherine Zeta-Jones), stella del varietà, colpevole di aver ucciso marito e sorella sorpresi in flagrante e Roxie (Renée Zellweger), moglie insoddisfatta che uccide il proprio amante perché illusa con la falsa promessa di farle intraprendere una brillante carriera. Rinchiuse nello stesso carcere, si rendono conto di quanto possa essere vantaggiosa, per entrambe, l’ossessiva curiosità del pubblico. Le due donne diventate rivali, vengono difese dallo stesso avvocato, Billy Flynn (Richard Gere), che in cambio di una sostanziosa parcella, garantisce di salvare chiunque dalla pena di morte (da notare ciò che afferma con convinzione: “Se Cristo fosse nato a Chicago e fosse venuto da me con 5.000 dollari, sarebbe finita diversamente”). Per questo motivo, il marito tradito di Roxie (John C. Reilly), gli affida la vita di quella donna, che nonostante tutto, non può non amare. L’ironico avvocato, non è altro che il “burattinaio” che fa danzare il destino di Velma e Roxie a suon di titoli di testa sui giornali, infatti, influenzato dalla cinica stampa locale, sposta, con molta disinvoltura, la sua attenzione dall’una all’altra. Tutto dipende dalla stampa, che tratta l’omicidio come una forma di spettacolo, proprio come Roxie, che trasforma, con l’immaginazione, tutto ciò che le accade in numeri musicali di un grande show, del quale è protagonista.
Il film è diretto da Rob Marshall, che, al suo debutto cinematografico, racconta con maestria la corruzione delle istituzioni giudiziarie, il cinismo della stampa e di come la società sceglie i propri eroi fra gli assassini.
“Chicago” può far sperare nella rinascita del musical, che per troppo tempo è rimasto in letargo. Il cast, che forse inizialmente, offriva minori garanzie musicali è stato strepitoso.
 

inizio pagina


Prova a prendermi

Catch me if you can,USA 2002
Regia: S. Spielberg
Cast: L. Di Caprio, T. Hanks, C. Walken, M. Sheen, J. Brolin, J. Garner
Sceneggiatura: J. Nathanson
Produzione: S. Spielberg, W. F. Parkes
Distribuzione: UIP
Durata: 2h e 21’


Steven Spielberg, dopo il grande successo del thriller fantascientifico “Minority Report”, ritorna nelle sale con una commedia brillante, che racconta la vera storia di Frank William Abagnale jr, un truffatore sedicenne dalle mille identità (pilota della Pan Am, pediatra al Georgia Hospital, avvocato per lo Stato della Louisiana), che negli anni Sessanta riuscì a spacciare assegni falsi per milioni di dollari.
Nei panni dell’impenitente truffatore Leonardo Di Caprio, che raddoppia il successo ottenuto con “Gangs of New York” di Scorsese, dimostrando la sua grande versatilità di attore. Insieme a Di Caprio, nel film, un bravo Tom Hanks, che interpreta il ruolo di Carl Hanratty, l’agente dell’F.B.I. che gli dà la caccia per sei anni.
I temi del film sono quello della famiglia frantumata e non più ricomponibile (da notare la commovente interpretazione di Christopher Walken nel ruolo del padre di Frank) e quello dell’ingenua società anni Sessanta, in cui l’apparenza e il denaro sono tutto: la gente vede solo quello che vuole vedere, infatti, a Frank basta comprare una divisa per diventare pilota d’aereo e gli basta guardare la TV perché si spacci per pediatra.
La commedia dura due ore e mezza, che passano rapidamente senza mai stancare lo spettatore.
Sicuramente un film da vedere, adatto a chi piace la commedia ironica e frizzante.

 

  inizio pagina  

©  Copyright 2005 - 2014  Tutti i diritti riservati - Centro Arte e Cultura 26 ( C.F:94001680787 )

Associazione culturale di ricerca antropologica etnofotografica fondata da Maria Zanoni nel 1978