Papa Francesco scomunica i mafiosi

 

pubblicato il 3 Luglio 2014 -   Costume e società

Il discorso del Pontefice durante la messa nella piana di Sibari: «i mafiosi, non sono in comunione con Dio, sono scomunicati”.

“Convertitevi, verrà il giudizio di Dio”, aveva detto ai mafiosi Papa Giovanni Paolo II.
Ora papa Francesco lancia l'anatema contro la mafia. Già mesi fa, nella parrocchia romana di san Gregorio VII, aveva indirizzato ai mafiosi questo imperativo, ripetuto per tre volte: “Per favore, cambiate vita! Convertitevi, fermatevi di fare il male!”. “Convertitevi, ve lo chiedo in ginocchio, per il vostro bene!”. “Avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro!”.

Così in Calabria, terra martoriata da vari fenomeni di malaffare e delinquenza, Papa Francesco lancia un preciso anatema contro la mafia, in risposta alle parole di monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio e segretario generale della Cei, che, nel suo indirizzo di saluto al Santo Padre, aveva affermato: “La ‘ndrangheta non si nutre solo di soldi e di malaffare, ma anche di coscienze addormentate e perciò conniventi”. Tracciando il ritratto di una Chiesa “fortemente incarnata nel suo territorio, e che in questo territorio vive con le sue luci e anche le sue ombre”, il presule ha parlato della “fatica che gli uomini e le donne fanno in questa parte d’Italia”, e che è acuita anche dalla “malavita organizzata”, che “rallenta il processo di crescita, non solo economica”.
“Qui trova la Chiesa calabrese - ha assicurato mons. Galantino al Papa - disposta a impegnarsi a risvegliare le coscienze, a educare alla vita buona del Vangelo”.

Fanno eco le parole del Pontefice: “La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato”. “La ‘ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere”.
Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare.

Questi uomini, i mafiosi, non sono in comunione con Dio, sono scomunicati.

Noi non abbiamo altro Dio all’infuori di questo! Oggi lo confessiamo con lo sguardo rivolto al Corpus Domini, al Sacramento dell’altare. E per questa fede, noi rinunciamo a Satana e a tutte le sue seduzioni; rinunciamo agli idoli del denaro, della vanità, dell’orgoglio e del potere".

Noi cristiani non vogliamo adorare niente e nessuno in questo mondo se non Gesù Cristo, che è presente nella Santa Eucaristia.
Forse non sempre ci rendiamo conto fino in fondo di ciò che significa questo, di quali conseguenze ha, o dovrebbe avere questa nostra professione di fede. Oggi chiediamo al Signore che ci illumini e ci converta, perché veramente adoriamo solo Lui, e rinunciamo al male in tutte le sue forme.
Ma questa nostra fede nella presenza reale di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, nel pane e nel vino consacrati, è autentica se noi ci impegniamo a camminare dietro a Lui e con Lui.
Il popolo che adora Dio nell’Eucaristia è il popolo che cammina nella carità".

L’omelia del Papa nella Messa a Marina di Sibari, cominciata con il riferimento alla festa del Corpus Domini,  di fronte ad una distesa sterminata di almeno 150mila persone, termina con questo invito, rivolto prima ai giovani e poi esteso a “tutti”, incoraggiando tutti a testimoniare la solidarietà concreta con i fratelli, specialmente quelli che hanno più bisogno di giustizia, di speranza, di tenerezza: “Non lasciatevi rubare la speranza!”.


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