MUSEI AUTONOMI DA SOPRINTENDENZE GESTITI DA INTELLETTUALI DI ALTO PROFILO INTERNAZIONALE |
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di Pierfranco Bruni
La riforma sui beni culturali sottolineata dal Ministro Dario
Franceschini pone una questione di fondo riguardante il rapporto tra
cultura e territorio. Tra gli articolati posti che hanno una loro
valenza proprio sul piano valorizzante dei territori, creare dei Musei
autonomi dalle Soprintendenze, con dei dirigenti di II fascia, è un dato
innovativo di estrema importanza e, tra l’altro, per la esperienza che
ho in questo campo, posso dire che si tratta di una chiave di lettura
che apre notevolmente allo sviluppo dialettico tra comunità e museo.
Ha fatto bene il Ministro Franceschini a porre l’accento su un tale
problema.
I Musei costituiscono, all’interno del contesto nel quale operano e si
trovano a vivere una contestualizzazione sia culturale che dialettica
con gli altri organismi istituzionali, un punto nevralgico di un sistema
culturale combinato tra le attività, la formazione, la valorizzazione e,
chiaramente, la fruizione.
Il Museo se non è fruizione resta soltanto un deposito di materiale. Ma
la fruizione può vantarsi soltanto grazie ad una concezione manageriale
della cultura stessa. Anche un Museo archeologico non può puntare i
riflettori direttamente e
meramente al campo archeologico. Certo, l’archeologia deve essere
predominante, ma deve essere vissuta dentro una comparazione con le
culture altre che costituiscono una visione geo – storica del
territorio.
Franceschini ha capito molto bene che l’interesse di un Museo deve
richiamare altri interessi e la cultura deve essere sempre più
considerata come un complesso di culture, attraverso una progettualità
articolata pur nella omogeneità di un sapere che diventa molteplicità di
nuovi saperi. I Musei concepiti come sono concepiti oggi non portano ricchezza e non danno un senso comparativo alle culture contestualizzate nella visione moderna del bene culturale, che deve restare legato al rapporto tra economia e turismo.
Un Museo pur non smarrendo la sua scientificità deve aprirsi alle
economie culturali del territorio e deve creare attrazione.
Il termine giusto. Bisogna fare in modo che la cultura sia attrazione.
Un Museo aperto e mai chiuso tra i soli addetti ai lavori, anche perché
il bene culturale è il “bene” della cultura e la cultura non è un evento
soltanto, ma una costante partecipazione tra quotidiane attività,
proposizione progettuale e richiamo di nuove realtà e fasce
generazionali che vivono su un territorio.
Bene. Questa riforma Franceschini ha un senso e il Museo deve avere la
sua autonomia e la sua dirigenza.
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