Le memorie e il tempo che non c'è più | |||
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Nella Calabria di Afredo e
Giulia cinque fratelli per una storia di dignità, nobiltà e
bellezza, nel tempo che passa di
Pierfranco Bruni Nella Calabria che è stata i destini sono storie che si intrecciano. Nella Calabria di Alfredo Bruni e Giulia Gaudinieri. Il tempo passa. Sempre. Porta via il vento delle giovinezze e restituisce ricordi. Immensi ricordi. Si fanno voce e le voci parlano con le parole degli echi. Ognuno di noi si porta dentro una storia. Una propria storia
che diventa però un destino di eredità.
Da mio padre ho
raccolte memorie, ma la mia famiglia non è stata soltanto mio padre, mia
madre, i miei nonni. Ci sono eredità che si raccontano. Su di me hanno
lasciato il segno gli zii paterni. Zio Mariano tra tutti. Il professore
che abitava a Cosenza. Ho sempre avuto una riverenza e anche un timore.
Soltanto a guardarmi mi intimidiva. Professore di matematica. Quanti
ricordi buoni e profetici mi portano a lui. A lui e a zia Maria,
donna Maria, devo tanto.
Lì, in quella casa,
a Cosenza, si è sempre respirata eleganza e nobiltà, cultura e rispetto.
Mi ha dato molto. È stato sempre un riferimento. Papà me lo diceva
sempre. Zio Mariano parlava con un accentuazione calma e ironica, a
volte, ma bastava poco per farlo infervorare. Mi ha aiutato molto. E se
penso a quello che ero negli anni del Liceo e a ciò che sono oggi,
arrotolando il nastro, la sua presenza è imponente e la licenza liceale
la devo a lui. Sono dignitosamente
sincero. Se non ci fosse stata la sua irruenza, anche forte e paterna,
nella mia vita non so se i miei studi sarebbero andati avanti. Mi
seguiva a distanza con i legami di sangue. Ci penso spesso, soprattutto
in questa mia età matura.
Zio Adolfo era il
silenzioso della compagnia dei cinque fratelli, ma anche molto timido e
riservato. Ricordo che anche in età antica fumava di nascosto. Erano
altri tempi. Io non lo ricordo mai irato e la gioiezza di zia Teresa era
tutta allegria. Sembrava un’attrice giunta dall’America e parlava
arbereshe come la nonna Giulia. Zio Gino, con la
sua signorilità, era il
quello che accoglieva i segreti con la sua pazienza. Chiedeva spesso del
mio lavoro e si emozionava ogni qual volta gli portavo un nuovo libro,
li teneva allineati in uno scaffale. Seguiva i miei impegni e sempre con
una profonda ironia mi incoraggiava a raccontare e a scrivere con la
gentilezza di Adalgisa, la sua compagna di una vita che non ha mai perso
quell’accento cassanese. Era segretario comunale e uomo che conosceva le
leggi.
Zio Pietro era,
invece, il mito. Viveva in Sardegna. A Cagliari. Era l’uomo di mondo.
Somigliava ad un attore francese. Arrivava in paese, nelle estati o
nelle festività natalizie, con un maggiolino sfolgorante. Ricordo che i
ragazzini gli correvano dietro. Mi portava, a me come ad altri nipoti,
dei regali originali. Nella mia grande casa di paese conservo ancora
alcuni di questi regali. La vita è un attraversamento di memorie. E poi
la donna con la quale si era sposata aveva una bellezza sarda e
mediterranea. Gabriella. Una sensualità onirica. Era bella
Gabriella. L’uomo di mondo con la giovane Gabriella. Faceva il geometra,
ma la sua grande passione era stata
sempre la fotografia. Era un artista. Gli ho volto molto bene
anche perché guardavo a lui cercando imitarlo. Zio Mariano era il
riferimento, la severità, la certezza. Zio Pietro era il
gioco, l’allegria, le macchine. Ho vissuto in una
famiglia straordinaria. Meravigliosa.
Non parlo, ora, di
papà Italo e di mamma Maria. Lo farò più avanti. Ma non si può parlare
di Italo e Maria separandoli da Adolfo e Teresa, da Mariano e Maria, da
Gino e Adalgisa, da Pietro e Gabriella. Sarebbe un’impresa impossibile,
ma neppure mi interesserebbe percorrere il viaggio. Il mio viaggio
resta insieme a loro e ai loro figli. Mio nonno Alfredo e
mia nonna Giulia Gaudinieri erano un emblema nello stemma di famiglia. Porto foglie
ingiallite tra pagine di diario scritte a metà e fotografie in bianco e
nero dove ritrovo spesso Italo e Mariano. Italo e Pietro. Italo è stato, e lo
dico in una sola battuta, un viaggiatore che non si è mai arreso davanti
a nessuno ostacolo. Ci sono storie che dovrò raccontare, ma questa
famiglia dei Bruni – Gaudinieri è una storia di nobiltà e di vissuti
d’eleganza e coerenza.
Ci sono anche
storie politiche dietro ad ognuno di loro. Nonno Alfredo, per
il paese, era un punto nodale. La nobiltà dei Gaudinieri, di origine
arbereshe, portava segnali di eleganza francese. Il tempo passa. Ma
questa storia che comincio a scrivere non ha alcuna ombra. Ho tra le
mani fotografie. Tra le carte di mio padre, tra l’altro, ho trovato
lettere. Antiche lettere che risalgono agli anni della Guerra e del
Fascismo. Racconto. Ormai
solo questo percorso dovrò ricostruire mentre invecchio. Gli uomini
e le donne che hanno fatto la storia della mia famiglia è in
quella che ha disegnato il cammino di mio padre e di mia madre. Ma trovo
le radici nella paternità che ha caratterizzato il mio essere e la mia
camminata nel tempo. Soltanto oggi riscopro questo scavo. Non smetto di
leggere due romanzi che mi accompagnano lungo questa mia scrittura. “Il
Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa e
“I Buddenbrook” di Thomas Mann.
Ho ordinato, dal
mio libraio, alcune copie perché vorrei che ogni erede di questi cinque
fratelli avesse sul comodino questi due romanzi che appartengono al mio,
al nostro destino. Aveva ragione Don
Fabrizio nel dire: “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci
sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti
Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della
terra”. Ma nonostante tutto io “vorrei che questo ballo non finisse
mai”. È pur vero. Ma il ballo anche per me avrà un suo finale come in Angelica e Tancredi. Le memorie sono tali perché segnano un tempo che non c’è più. Ma bisogna
conoscerlo questo tempo. Conosceremo per non smettere di emozionarci,
per non smettere di rendere la memoria un viaggio e per continuare ad
amare ciò che ci sta accanto senza lusinghe ma con grande devozione,
religiosità e bene. Scriveva Mann: “I
tempi progrediscono, ma secondo me si lasciano indietro le cose
migliori”. Non è retorica. Si continua a vivere, a volte, con i ricordi
perché sono i ricordi che non permettono di sbagliare e andare avanti
con il sorriso, la dignità, la severità, la pazienza, la nobiltà. Cinque
foglie di vita per una storia di famiglia tra Alfredo e Giulia e i
cinque fratelli.
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