pubblicato il 1° Giugno 2014 -
Letteratura |
Le solitudini nell'oscuro tra Gabriel García Marquez e Giuseppe Berto. Un
incontro tra i fantasmi della parola
di Pierfranco Bruni
C'è un incontro, quasi misterioso, tra solitudine e letteratura. Spesso mi
vengono a trovare, di notte o nelle albe appena rigate, i fantasmi
delle parole.
Già, perché le parole non sono soltanto un linguaggio nel gioco
della fantasia e nelle crespe della realtà. Sono fantasmi e scavano
scavano come nelle favole antiche che hanno radici di leggenda e
futuro di nostalgia.
Mi sono chiesto, non da oggi e neppure da ieri sera, quale è la
stretta tra la solitudine che ha gli intagli esistenziali di
cent'anni come in Gabriel García Marquez e quella solitudine
che è un girotondo nell'esistenza tagliata dal dolore e dal
ricordare nel Giuseppe Berto che scava nel "male oscuro"?
È un pensare rischioso, ma rischiando si specchia il veto e la
finzione.
Marquez e Berto?
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L'uccisione della punteggiatura è un attraversare la simbologia
della recita che non conosce spazi. Non bisogna avere pause. Si
legge senza uno stop.
Marquez ha raccontato gli anni, cento, filtrandoli con la spirale di
quella solitudine che non è data dal tempo o dai personaggi. È
la
solitudine spiegazzata dello scrittore che diventa l'assenza della
fragilità leggerezza e vacuità della letteratura. Tutto cammina
sulla sabbia della metafora.
Berto si arrovella nella irresistibile impazienza cercandosi nella
parola che deve diventare un raccontare. Ma il suo raccontarsi
spezza le impazienze soltanto quando conquista e si conquista nella
solitudine.
Due romanzi tra le solitudini. "Cent'anni di solitudine" e "Il male
oscuro". Due scrittori che sono stati coerenti, pur nelle loro
diverse formazioni culturali e ideologiche, ad una parola "magica"
che non è, come più volte è stato detto, realismo magico. Non esiste
una relazione tra il reale e la magia. Sono ambiguità critiche del
nulla. Quando il reale c'è non è magico. Quando campeggia la magia
il reale è semplicemente distante.
Il mare. Gli occhi. La malinconia. La follia che ha una scintillante
sensualità. L'osservare oltre lo specchio. Il fluire del tempo. E
poi ancora la solitudine che diventa inevitabilmente una folla. Le
solitudini.
Due romanzi in una generazione per due scrittori che mai si sono
persi nella cronaca della rappresentazione, ma ogni rappresentazione
si è fatta alchimia.
Tutto ciò può essere un rischio. Ma la letteratura è l'immaginario
nell'onirico. Ma cosa é la solitudine tra la vita e la letteratura?
Cosa è l'oscuro tra la letteratura e la vita? Rispondere non ha
senso.
Marquez e Berto sono scrittori camminanti nella solitudine tra i
fantasmi delle parole e il sogno impareggiabile.