Mario Luzi a 100 anni dalla nascita

 

pubblicato il 19 Giugno 2014 -   Letteratura

 

Parola e vita nella costante ricerca di infinito

di Pierfranco Bruni

 

A cento anni dalla nascita di Mario Luzi. Mario Luzi (Firenze 1914 – 2005) è un poeta nel tempo dello spazio nel quale i luoghi dell’essere sono fatti di sguardi ancorati alla memoria. Tanti i suoi libri da quel 1935 quando uscì La barca. Sino a L’adorazione dei Magi e dei pastori: un classico nella sua costante ricerca di infinito.

 

La parola come la vita in Luzi. La parola nella vita. E, chiaramente, viceversa. Spesso si dibatte sulla funzione della poesia. Un gioco infinito ma anche indefinibile. Ci cattura. Ci aggredisce. Ci abbandona. Vive dentro di noi. Vive fuori di noi.

Ma non voglio parlare di questo.

 

Il poeta è uno scrittore. Lo scrittore non sempre è un poeta. Il poeta è attraversato dalle alchimie. Lo scrittore forse del pensare, di quel pensare che può conoscere magia e mistero ma può anche non conoscere i sentieri dell'incantesimo. Voglio andare oltre. I luoghi dello scrittore. I luoghi del poeta. I vizi. Gli assurdi.
      Lo scrittore si forma con il linguaggio recuperando alla memoria i segni del quotidiano. Una volta recuperati questi gesti bisogna assorbirli e non renderli rappresentativi.
     

Ma sia il tempo che lo spazio definiscono il luogo o i luoghi, come già si diceva. Così Luzi: "Mistero, d'altronde, non deve essere pensato come impossibilità, o rinunzia a conoscere, ma come modo altro della conoscenza, come modo particolare di conoscenza; conoscenza per mistero è una elargizione della fede, un dono dell'iniziazione confortato dal pensiero teologico, ma lo è anche per altri campi tra cui, appunto, la poesia".
      A volte la poesia è anche silenzio. Bisogna saperla ascoltare. Il silenzio della poesia di Luzi è incanto dello sguardo.  Oltre ogni luogo reale ma nel luogo del sempre.


       Il poeta è il silenzio. Ma il silenzio è un linguaggio nell'indefinibilità dell'essere e del tempo. I rimandi letterari sono necessari, ma perché cercarli? Verranno da soli. Oltre i luoghi. O nei luoghi. Oppure, chissà? Il viaggio di Mario Luzi è un incidere nel solco di una memoria che supera ogni steccato geografico perché è la geografia dell’essere che si fa misterioso cammino. Un io nel simbolico che chiosa la favola indefinibile dell’uomo che non può dimenticare.


      Un viaggio che si fa oggi ancora di più indefinibile. Ed è quel viaggio nell’amore che va oltre i limiti. Così in una poesia del 2004 da Dottrina dell’estremo principiante: “L’amore aiuta a vivere, a durare,/l’amore annulla e dà principio. E quando/chi soffre o langue e spera, se anche spera, che un soccorso s’annunci di lontano,/è in lui, un soffio basta a suscitarlo./Questo ho imparato e dimenticato mille volte,/ora da te mi torna fatto chiaro,/ora prende vivezza e verità.//La mia pena è durare oltre quest’attimo”. Calore istintivo ed effetto singolare.

 

 

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