pubblicato il 30 Novembre 2014 -
Letteratura |
La letteratura dimentica e i poeti sono feriti dalla propria
terra.
A Novanta anni dalla nascita si può dimenticare un poeta?
La recita di Franco Costabile in un suicidio che è "male
oscuro"
di Pierfranco Bruni
I simboli parlano come se fossero un linguaggio ormai acquisito, ma
i simboli nel linguaggio non sono altro che un intrecciare di
metafore. Il linguaggio della poesia e della narrativa costituisce
una proposta, oltre ad essere punto di contatto tra la parola e il
tempo, di un dialogante modello comunicativo.
Il Sud della poesia di un poeta completamente dimenticato come
Franco Costabile ha sempre proposto una griglia di simboli che si
definiscono in un linguaggio non solo poetico ma archetipico. Oltre
la strascicante realismo ci sono versi che tagliano il impatto, il
cui senso stesso della parola recupera un tracciato che ha immediati
ragioni, ma anche delle ragioni di un linguaggio che è quello ben
ancorato alla sua terra e alla sua esistenza.
Terra come esistenza ed esistenza come una geografia mai
dimenticata. Una terra che è ricordo e memoria, ma anche
rappresentazione di luoghi e di vissuti. Giuseppe Berto parlando di
Franco Costabile ebbe a dire che "le nostre parole erano semi che
cadevano sul terreno buono, avrebbero dato frutti". Una metafora
quasi gidiana o evangelica.
Le parole come semi nel vocabolario della scrittura - vita diventano
per Berto, che legge e comprende Costabile, scavi di esistenze
trivellate nell'anima. Costabile è un poeta dall'esistenza corta e
dal mosaico ampio, il cui incastrare tasselli è un incidere nella
sabbia della memoria ma non della nostalgia.
Sì, la Calabria ha il suo senso. Forse senza la Calabria come terra
non avremmo avuto il poeta della "rosa nel bicchiere", che ascolta
ogni petalo come se fosse una proustiana madeleine di un ricordo
deciso ma sfuggente.
Ci sono realtà che si decifrano come ceselli di metafora. Il dolore
è un permanente girovagare che cerca comunque di aggredire la realtà
e non solo di rappresentarla come pensò Pasolini che misurava le
poetiche con il metro del proletariato visionario tra passione e
ragione.
Costabile non ha agganci con Lorenzo Calogero. Sono due viaggi
complessi e diversi. Calogero resta fino in fondo il poeta
della metafisica. Costabile resta nella lettura della dimensione
bertiana del "rinnovamento", senza mai scordare una interpretazione
sociale della terra del suo abitato che si fa geografia. Calogero è
sempre oltre la terra.
Ci resta quella "rosa nel bicchiere", in Costabile, come una
andalusa bandiera nel vento che lacera coscienza.
Era nato a Sambiase, in Calabria, nel 1924. Lo stesso anno di
Saverio Strati, il quale ha dedicato a Costabile una bella pagina
usando la metafora della "Calabria infame". Muore
suicida in una Roma sempre amata dalla Calabria nel 1965. Soltanto
qualche hanno dopo di Lorenzo Calogero e un anno dopo della
pubblicazione di quel "male oscuro" di Giuseppe Berto, il Berto che
amò la sua poesia.
Sono novant'anni dalla morte. In Costabile sono passate generazioni
di poeti ed è stato attraversato da generazioni di poetiche, ma il
suo verso è rimasto in quella lezione ungarettiana che ha segnato un
Novecento poetico nello spazio di una terra desolata e in
solitudine, ma pur sempre una terra dove nascono i simboli, come
ebbe a dire Berto. È vero, la letteratura dimentica i poeti e le
terre nelle quali sono nati non hanno memoria.