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Etnie e identità: patrimonio culturale di una Nazione. | |
pubblicato l'8 Gennaio 2014 - Editoriale Etnie
Un dibattito nella nostra quotidianità di Pierfranco Bruni
Il patrimonio storico e identitario di una Nazione è nella sua “materialità” dei beni ma anche nella sua “immaterialità”. Il dibattito si apre a ventaglio: dalle lingue ai fenomeni antropologici, dalle archeologie alla musica dal vivo. C’è, comunque, una visione particolare tra la cultura di un popolo, ovvero i beni culturali, e le radici etniche. Beni culturali e minoranze linguistiche (etnico - storiche - antropologiche - archeologiche) è un rapporto che si manifesta attraverso elementi e modelli che vivono sul territorio. Il territorio è una espressione emblematica che è a sua volta espressione di conoscenza e di consapevolezza storica. Il fattore didattico chiama in causa una questione pedadogica e storica. E nel caso delle minoranze etnico - linguistiche occorre principalmente un raccordo che invita a leggere queste comunità non solo in un contesto folcloristico e antropologico ma anche profondamente articolato su questioni di "rappresentanza" storica le cui identità sono anche dati matetiali. I beni culturali come testimonianza materiale e immateriale. Nelle realtà minoritarie si coniugano grazie a dei processi che sono dentro l'invito alla conoscenza del territorio. La storia delle minoranze etnico – linguistiche è una storia che ha vissuto stagioni di grandi conflittualità e di confronti sul piano storico, ma anche di importanti fasi in cui il senso dell'identità viene ad essere assorbito come modello di ereditarismo nella consapevolezza anche di una nobiltà e dignità culturale. La cultura popolare e i codici dell’appartenenza (anche attraverso una analisi archeologica e antropologica delle presenze documentarie che incidono sul territori) è un elemento fondamentale perché grazie ad essa la storia si intreccia con il mito, con fattori etnici, con elementi archeologici e artistici, con la ricerca sul campo. Gli archetipi, che sono il vissuto ma anche la presenza delle etnie, si lasciano ascoltare come modello identitario in una dimensione nazionale. Proprio in virtù di cio stabilire un raccordo tra i processi educativi e i beni culturali presenti tra queste comunità costituisce una chiave di lettura fondamentale per capire di più la cultura dell'appartenenza. I beni culturali sono la memoria di un popolo e l'espressione di una civiltà ma sono anche la capacità di una progettualità che va inserita in un percorso di metodologie pedagogiche. Le identità sono appartenenza. La pedagogia dei beni culturali è una traduzione di storia che deve inevitabilmente passare attraverso i codici di una realtà che è valore educativo. La pedagogia del tempo nella storia attraverso le radici di una civiltà che è testimonianza di identità. Le culture di minoranza etnico – linguistica hanno un patrimonio identitario non solo ricco di storia. All’interno della loro storia ci sono espressioni di civiltà che tracciano un percorso esistenziale all’interno di un paesaggio che è soprattutto valoriale e simbolico. Valori e simboli costituiscono un raccordo fondamentale che vive nell’humus di una appartenenza che richiama codici (e si richiama a) che sono la testimonianza di profondi radicamenti. La presenza cosiddetta minoritaria (di culture minoritarie) nei nostri contesti territoriali rappresenta una di quelle ricchezze fondamentali che già di per sé va letta come un bene culturale ma non depositato e abbandonato nei registri della storia o addirittura “musealizzato” in quanto è la cerniera tra le identità che hanno definito un contesto territoriale e culturale e le valenze esistenziali, antropologiche e religiose che hanno attraverso geografie e quei processi vitali che hanno permesso di caratterizzare il tempo e la fisionomia di un territorio. Ma è pur vero che il territorio è sempre l’esperienza e il documento di una realtà che è stata ma che continua ad essere grazie ad una archeologia del sapere che non dimentica l’archeologia dell’anima. Anche le civiltà moderne sono intrecciate, nella loro struttura, dell’archeologia del sentire che lega il sapere e l’anima. Un “territorio”, come direbbe Maria Zambrano, che è e resta metafisico oltre i modelli che la “prassi” pone nella Ragione della geopolitica.
Nella foto: Pierfranco Bruni (al centro) tra costumi sardi e catalani insieme a Stefan Damian (Università della Romania) e Neria De Giovanni, Presidente Associazione Internazionale Critici Letterari
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