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CROCEFISSO A SCUOLA | |
pubblicato il 2 Dicembre 2013 - Editoriale Costume e società
NON TOCCATE I CROCIFISSI DALLE AULE SCOLASTICHE. NON OFFENDETE LA TRADIZIONE DEL CRISTO IN CROCE… di Pierfranco Bruni
Non toccate i crocifissi dalle aule scolastiche. Non spezzate la storia di una civiltà con una “normativa” amministrativa o un atto di mero attivismo ideologico. Non toccate Cristo dalla vita della speranza degli uomini e delle generazioni, che camminano lungo la certezza della Grazia o lungo i dubbi delle ombre o lungo le diverse vie per Damasco. Non togliete i CROCIFISSI dalle pareti perché non riuscirete a toglierli dalle anime di un Occidente che non ha mai smesso di accogliere gli Orienti. Purtroppo in alcune scuole italiane sembra che si sia ritornati a discutere su questo problema. Nessun occidentale protesta per le mezze lune nei centri musulmani. L’Italia è il Centro dell’Occidente cristiano. I popoli che l’Italia accoglie, con la misericordia della cristianità e nella cristianità dell’accoglienza e dell’accettazione, non hanno né il diritto né il dovere né la Ragione Pratica e alcuna Ragione Nolente o Volente nel (o di) proporre ai Dirigenti scolastici, ai Collegi, alle Amministrazioni comunali di schiodare il Cristo in Croce dalle pareti delle aule. Noi siamo Cristiani. Noi Occidente. Noi siamo la Tradizione della Cristianità, cattolica, ortodossa, eretica, gnostica… Ma siamo non solo nella eredità religiosa cristiana, ma anche nella cultura di una metafisica dell’anima in cui la cristianità è fondante. Non permetterò a nessuno di affermare ancora, con Benedetto Croce “Perché non possiamo non dirci ‘cristiani’”. Cosa deve e può significare quel “non possiamo non dirci”? Noi siamo cristiani. Il non possiamo non dirci è una sovrastruttura del pensiero. Ma lo siamo per la religiosità profonda, non teologica, attraversata dalla ricerca della Verità e dal bisogno di Mistero. Non possiamo permettere che la fede nella cultura della ricerca diventi Ragione Nolente con il rischio di una hegeliana giustificazione. Il Cristo in Croce non ha bisogno di giustificazioni perché è eredità di una civiltà, ma è anche Umanesimo del dubbio rivelante che vive negli uomini in cammino. Io ho rispetto delle culture altre e delle religioni di popoli altri come ho sempre rispettato quando mi sono trovato, per motivi di lavoro e di studi, nelle Nazioni non cristiane ad osservare, a non condividere certamente ma rispettando, con grande afflato tradizioni ed eredità che non appartengono alla mia Tradizione, al mio viaggio nel sacro, al mio essere tra il dubbio e le ombre delle idea come dice Giordano Bruno, ma non ho mai preteso di nascondere simboli che potessero non essere condivisi. Non si offende il cammino di una civiltà nella Verità della Fede. Lasciatemi il mio Cristo, ma con il coraggio e la forza delle idee e della fede non permetterò di offendere l’identità nella storia della mia civiltà. Eppure si continua ad insistere che dove ci sono alunni di altre fedi sarebbe opportuno non esporre il crocifisso. Non si tratta di tolleranza religiosa o di aprirsi ad un confronto. Poniamo il discorso oltre la questione prettamente religiosa. Ovvero entriamo in una delicatissima visione filosofica estetica cultural–politica antropologica. La nostra Tradizione in Italia, e direi in Europa, non si tocca, non può essere ferita più di quando è stata bistrattata, non può essere lesa la coscienza della fede e dell’umanesimo antropologico. Siamo in un Paese Occidentale e cristiano e come io rispetto i cimiteri con le mezze lune della Macedonia, e li ho rispettati, i non cristiani devono portare, in Italia, lo stesso rispetto per i nostri cimiteri con il Cristo raffigurato o la raffigurazione della Croce. La frase di Benedetto Croce è molto ambigua con tutto il suo saggio. Ma noi non siamo eredi di Croce. Siamo eredi del Cristo crocifisso, del Cristo tra l’Evento e la Passione e la Resurrezione. Pongo una questione non solo di tradizione religiosa, ma di eredità culturale. Difenderò sino all’ultimo respiro il Cristo che ha saputo segnarci i simboli e la Voce di Maria di Magdala. In questo Cristo, sempre da eretico (“teologale”) ma cristocentrico, è il mio cammino. Certo, c’è una teologia e a chi afferma che le Encicliche dei Papi sono soltanto retorica, io mi prendo il diritto di dire che soltanto la banalità può far affermare ciò. Possono essere condivise o meno le Encicliche, ma anche queste meritano il rispetto. Io ascolto con pazienza il dono della speranza. Benedetto XVI è stato il teologo del Mistero (strana questa frase?). Giovanni Paolo II è stato il viaggio che mi ha condotto alla fede tra il varcare la soglia della speranza e l’identità e il futuro nel mio Canto di Requiem. Sono rimasto ancorato a questi due porti. La speranza bisogna varcarla per superare l’attesa nel viaggio verso la Verità. Varcarla sempre e comunque, la speranza, diceva Giovanni Paolo II. Fedeli al Cristo che ci conduce nel deserto e ci porta oltre il deserto. E perché mai io non dovrei più incontrare lo sguardo del Cristo in Croce in un’aula scolastica? Perchè dovrei accettare icone che non mi appartengono e offendono, nel cuore della mia casa, il diritto di una Ragione alla testimonianza della spiritualità in Cristo? Non so se la bellezza potrà ancora salvarci, ma dobbiamo essere orgogliosi di essere cristiani: nelle azioni e non solo nelle parole. Non togliete i crocifissi dalle aule scolastiche. Io combatterò, combatterò sempre affinché il cristiano, il musulmano, il buddista stiano in amore e con l’amore. Forse quando capiremo che è l’amore che ci salverà potremo ritornare a capire che l’amore è bellezza oltre l’estetica e oltre gli Orienti che sono nella mia anima. Io difenderò sempre il Cristo in Croce anche dalle fiamme nelle quali è stata avvolta Giovanna d’Arco e da Campo de Fiori dove Giordano Bruno continua a recitarci “Il sigillo dei Sigilli”.
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