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Il buon cibo per la salute anche dell'anima | |
pubblicato l'8 Gennaio 2014 - Costume e societàUn libro di Maria Antonella Cauteruccio e di Maria Zanoni spiega la relazione tra alimentazione e salute, non solo per il corpo, ma anche per la mente ed il cuore
Roma, 07 Gennaio 2014 (Zenit.org) Antonio GaspariUn antico proverbio calabrese recita “Salute e pane asciutto” e significa che quando si sta bene in salute, basta mangiare anche solo pane.
Ed è proprio per raccontare quanto la storia, la cultura, la salute fisica e mentale e la religione degli umani sia legata all’alimentazione, che Maria Antonella Cauteruccio, psicologa della salute, e Maria Zanoni, docente di Italiano e Storia specializzata negli studi sull’antropologia, usi, costumi e tradizioni popolari, hanno scritto il libro Salute e pane asciutto – Mediterraneo tra cultura dell’alimentazione e stile di vita, edito dal Centro Arte e Cultura 26. Ha scritto nella prefazione Pierfranco Bruni, Rappresentante al Ministero Beni Culturali della Commissione UNESCO: “Un libro che ha una dimensione in cui la storia dell'alimentazione diventa la cultura di una identità. Non solo antropologia della vita quotidiana. Ma antropologia di essere radicati ad uno stile di vita i cui segni della solarità e del paesaggio della stagione stanno proprio nella certezza di una appartenenza”.
Più che un libro è una ricerca, ha aggiunto Bruni, che indaga nella cultura dell’alimentazione in uno scenario millenario e magico che è quello della Calabria e del Mediterraneo. Una ricerca che intriga. Per questo motivo ZENIT ha intervistato una della due autrici, la psicologa della salute Maria Antonella Cauteruccio.
Che c’entra l’arte culinaria con la salute e la natura dell’uomo? Maria Antonella Cauteruccio: Alimentazione e salute sono strettamente legate fra loro: regimi dietetici appropriati sostengono lo sviluppo e la salute degli esseri umani. Alla base vi è la riscoperta della validità e della convenienza del modello alimentare mediterraneo. Emerge proprio il profondo legame esistente fra il modo di mangiare, come il tipo di alimenti consumati e la modalità del loro consumo, ed il preoccupante aumento di certe malattie tipiche delle moderne società progredite dell'Occidente. Mi riferisco alle cosiddette "malattie da benessere" o "malattie da civilizzazione", quali obesità, diabete, aterosclerosi, ipertensione, malattie cardiovascolari in genere, calcolosi, ecc. Non a caso nei detti popolari si sostiene che la salute si cura a tavola, fonte quest’ultima, per eccesso o per difetto, di tante malattie.
In che misura il bisogno biologico di sfamarsi può diventare anche cura e salute per il corpo? Maria Antonella Cauteruccio: Siamo di fronte ad una triade meravigliosa che vede al centro un uomo, che da un lato ha bisogno di soddisfare bisogni primari (il nutrimento), dall’altro è il protagonista di strategie opportune, per il suo equilibrio corpo-mente (qualità e significati del nutrimento) e il più possibile applicabili per la vicinanza culturale ed ambientale (modello alimentare mediterraneo). Alimentazione mediterranea, prevenzione, salute: queste le parole chiave del nostro stile di vita! Il bisogno di nutrizione è comune a tutti gli esseri viventi. Nell’uomo, però, anche se questo deriva dal bisogno biologico, la risposta che esso ne riceve è elaborata socialmente. Infatti al bisogno primario del cibarsi si aggiunge l’influenza dalle esperienze di vita sui comportamenti alimentari, che investono la stessa nutrizione, l’attività di produzione del cibo e il patrimonio comune di idee e di modelli mentali tra le generazioni. È il patrimonio culturale che si traduce in stile di vita e comportamento alimentare. Sotto il profilo della salute ci si dovrebbe preoccupare non solo della "quantità" degli alimenti, ma anche della loro "qualità". Il modo di alimentarsi è infatti uno dei più importanti e controllabili fattori di rischio, che possono rendere più facile e più probabile la comparsa delle malattie più diffuse. L’alimentazione umana è qualcosa di più che un semplice processo di nutrizione; a ragione si può affermare che gli alimenti hanno anche una dimensione culturale. Molti di essi servono comunque solo a soddisfare la vista, l’olfatto e il gusto, a prescindere dai loro effetti benefici.
Nel libro scritto insieme a Maria Zanoni, lei sostiene che il singolo alimento consumato in un contesto sociale assume significati culturali aggiunti e simbolici. Può spiegarci? Maria Antonella Cauteruccio: Gli alimenti e i conseguenti regimi alimentari appaiono intrecciati ad una rete di condizioni, processi, funzioni, significati culturali e vissuti psichici. Il pasto diviene il luogo dell’integrazione familiare e della trasmissione di modelli alle nuove generazioni, un momento di condivisione, incontro con gli amici, rituale religioso o anche semplice pausa nei frenetici ritmi quotidiani del lavoro. Ogni cultura ha una logica riguardo alla selezione e combinazione degli alimenti-base. Una tradizione gastronomica ha un patrimonio di ingredienti o alimenti-base, che è caratterizzato dalla combinazione di questi alimenti, ma è solo quando vengono date delle “regole” culturali, aggiuntive o simboliche, che entriamo nel vero senso della tradizione. Si può, quindi, sostenere che un pasto trasmette significati che potranno essere caricati di valutazioni positive o negative. Un po’ come le leggi della comunicazione: le singole parole costituiscono gli elementi-base per una frase di senso compiuto, ma la stessa frase assume un significato profondamente diverso solo all’interno di un contesto più ampio e rappresentativo! Un alimento, al di là del proprio valore nutritivo, diventa ricco di nutrienti culturali.
Il tipo di alimentazione e la cucina dei cibi è strettamente connessa ad atti di amore e donazione, che fanno molto riflettere sul significato che le religioni danno all’alimentazione. Nel Cristianesimo per esempio Gesù Cristo celebra l’ultima cena e annuncia il suo sacrificio, offrendo la sua carne e il suo sangue come cibo che salverà l’umanità. Qual è il suo pensiero in proposito? Maria Antonella Cauteruccio: L’ultima cena e la celebrazione quotidiana del suo ricordo in ogni parte del mondo con la Santa Messa, rappresentano per ogni cristiano la massima espressione del bisogno del cibo come nutrimento spirituale. Gesù ha scelto gli alimenti base più semplici e comuni per trasformarli in nutrimento spirituale: la sostanza del pane diventa sostanza del corpo di Cristo, quella del vino sostanza del suo sangue.
Per cambiare la realtà più profonda non abbiamo bisogno di utilizzare alimenti di particolare struttura. Nell’ultima cena Egli prende il posto di ogni altro discepolo e chiede a noi di viverlo ogni giorno. Siamo di fronte al più alto livello di condivisione. Del resto la Scrittura è piena di momenti di condivisione. Quello che Gesù ha fatto è un atto eterno, che richiama in ognuno di noi alla responsabilità di vivere il sacrificio, la condivisione con l’altro con la consapevolezza che ogni gesto produce un effetto reale e spirituale su di noi e sui nostri fratelli.
Che cosa l’ha spinta a scrivere questo libro? Maria Antonella Cauteruccio: Innanzitutto la coautrice del libro, l’antropologa Maria Zanoni, fine ricercatrice degli usi, costumi e tradizioni popolari della Calabria. Dai nostri scambi di idee emergeva sempre come dagli spaccati di vita quotidiana da lei “fotografati”, si potevano ricostruire le caratteristiche mediterranee del nostro popolo: varietà, colore e parsimonia! Queste tre parole, se applicate all’alimentazione con consapevolezza, potrebbero diventare il segreto di uno stile di vita alimentare salutare. Nasce così in me l’idea di capitalizzare il lavoro svolto come psicologa della salute in un reparto di cardiologia riabilitativa e prevenzione cardiovascolare. In quel contesto quotidianamente guidavo i pazienti a rischio, o già provati da un accidente cardiovascolare, in un percorso clinico di modifica del proprio stile di vita, in modo consapevole e personalizzato.
Quali sono gli obiettivi che spera di raggiungere con la diffusione di questo libro? Maria Antonella Cauteruccio: Il libro, scritto a quattro mani in una dimensione psico-antropologica, esamina la situazione alimentare, il ruolo svolto dall’ambiente fisico, sociale ed economico nel determinare le varie tipologie alimentari, la loro evoluzione nel tempo e l’influenza sulla salute della popolazione. Allo stesso tempo tenta di riconsolidare un modello alimentare, quello mediterraneo, adeguato alle esigenze nuove della società, nel rispetto dei valori tradizionali naturali, simbolici, culturali, che sono dell’Italia tutta. Lo stile divulgativo del libro mira a far superare l’opinione di alimentazione corretta, come mera somministrazione farmacologica. L’alimentazione dovrebbe diventare il nutrimento consapevole globale del corpo e dello spirito, per una qualità della vita pregevole. Un sano stile di vita che ci viene anche tramandato dalla Scrittura. In molti brani del Siracide e dei Proverbi non è difficile trovare proprio nella misura, nella moderazione e nel controllo di sé, le chiare indicazioni per un equilibrato e saggio comportamento a tavola. Una condotta niente affatto proibizionista, ma radice solida per la vera crescita di un uomo nuovo
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