Caravaggio ospita Caravaggio

pubblicato il 13 marzo 2009 - Editoriale Arte

Opere di Caravaggio in Mostra a  BRERA - dal 17 gennaio al 29 marzo 2009 

di  Adriana De Gaudio

 Compie duecento anni la Pinacoteca di Brera, inaugurata per la prima volta il 15 agosto del 1809, in occasione del genetliaco di Napoleone Bonaparte, re di Italia. In verità, esisteva già dal 1778 una prima raccolta di opere e disegni ad opera di Carlo Bianconi, primo segretario dell’Accademia di Brera, a cui si aggiunsero altre opere confiscate in tutta Italia agli ordini religiosi, per ordine di Napoleone nel 1805. Si deve all’artista Andrea Appiani, allora commissario governativo delle Belle Arti, l’aver successivamente ordinato cronologicamente la collezione di capolavori provenienti da tutta Italia che oggi arricchiscono la galleria.

 

Questa ricorrenza viene festeggiata con un susseguirsi di mostre interessanti che si snoderanno per tutto l’arco del 2009 .

La nostra attenzione si concentra sulla prima affascinante esposizione che mette a confronto quattro opere di Michelangelo Merisi, detto (Caravaggio, Bergamo, 1573- PortoErcole, Grosseto, 1610). Affiancano il celebre dipinto  la Cena in Emmaus (foto) (1606), presente a Brera fin dal 1939, altre tre stupende opere, appartenenti alla produzione giovanile: Il ragazzo col canestro di frutta (1593-1594), proveniente dalla Galleria Borghese di Roma; Il Concerto (1594-95) concesso dal Metropolitan Museum di New York; la prima versione della Cena in Emmaus (1596), giunta dalla  National Gallery di Londra.

 

La differenza stilistica tra la prima e la seconda produzione artistica del grande pittore lombardo si coglie dal confronto tra le due Cene. Diversa l’atmosfera in cui si svolge la scena, diverso lo stile e il linguaggio. Nell’opera giovanile londinese si respira il clima dell’arte lombarda, influenzata dal luminismo del Lotto, del Savoldo e del Peterzano, con rimandi anche ai veneti e ai manieristi fiamminghi. Caravaggio  indugia sui dettagli, enfatizza i gesti di stupore, rivelati dalla luce chiara che avvolge le figure senza renderne i volumi. Il Cristo risorto siede al centro del tavolo, coperto da una candida tovaglia. Si presenta imberbe “dal volto androgino, tra il maschile e il femminile come le immagini paleocristiane del Buon Pastore, non già in quelle di un uomo maturo come richiederebbe la sua età.

 

La giovinezza è un segnale  della vita eterna, di cui il Cristo fa dono ai fedeli…” (Calvesi). L’atto benedicente del Risorto è rivolto, al cibo posto sulla tovaglia e ai discepoli che subito riconoscono il Maestro.  L’inatteso svelamento del Risorto suscita diverse reazioni. Il discepolo, che vediamo seduto di spalle, incredulo, si solleva sui braccioli, nell’atto di alzarsi dalla seggiola; l’altro, seduto accanto a Gesù, spalanca le braccia, quasi mimando la croce. Sulla giacca porta appuntato una conchiglia, la quale connota il discepolo come pellegrino “ in viaggio per fede”. L’oste, non menzionato nei Vangeli, avvalora la convinzione di Caravaggio che Dio si manifesta agli umili. Ė in piedi, bloccato dall’emozione. La resa espressiva dei volti trova un forte riscontro nell’analisi realistica dei particolari: i vestiti laceri dei discepoli, i segni della loro vecchiezza,  la splendida “natura morta” costituita dal pane, una rosetta, dal cappone, dalle brocche di acqua e di vino, dal magnifico canestro di frutta, visto in un ardito trompe-l’oeil. Il canestro siglerà altre opere giovanili del Merisi, per essere a se stante nel dipinto(1597), sito nella pinacoteca ambrosiana di Milano.

 

Nella seconda Cena il linguaggio di Caravaggio mostra una profonda maturità stilistica, dovuta a episodi drammatici che hanno segnato la sua vita. Diversamente dalla precedente, la scena evangelica si svolge in un ambiente buio. La  luce, guidata in senso registico, parte da un punto impreciso del dipinto, scava i volti delle figure, illumina la mensa, lascia in ombra il resto. Il Cristo, pensoso, solleva la bellissima mano in atto di benedire il pane spezzato. La natura morta qui è limitata all’essenziale. Il pane e il vino evocano l’Eucarestia,  il piatto di insalata suggerisce l’ambiente misero della locanda, dove sono presenti l’oste e una serva. Particolarmente caratterizzato, il volto rugoso e scarno dell’anziana donna è reso con realistica forza espressiva.

 

Il ragazzo col canestro di frutta è secondo alcuni un autoritratto eseguito allo specchio, invece penso che sia un modello, utilizzato in altri dipinti. Colpisce il “furor lunare” che fa schiudere le labbra carnose del giovane, interpretato da alcuni studiosi come languido spasmo d’amore. Il tema coniuga giovinezza e natura in un accordo armonioso di elevata fattura stilistica. La luce morbidamente accarezza la figura, lasciando alle sue spalle una vellutata penombra.  Si apprezza la composizione anche per l’armonizzarsi dei colori: il nero della ricciuta chioma del ragazzo si sintonizza con quello degli occhi, dei chicchi lucidi di uva, dei fichi rugosi; il rosso delle mele con quello delle ciliegie; il verde delle foglie digrada tonalmente.

 

Il Concerto, opera commissionata dal cardinale Del Monte, è un’allegoria musicale.

Un suonatore di liuto e uno di corno stanno per provare gli strumenti, prima di iniziare il concerto. Un altro giovane tiene in mano lo spartito mentre il suo strumento musicale, il violino, è adagiato sul tavolo insieme agli altri spartiti. I giovani vestono abiti classici. A quanto si dice, per questo dipinto hanno posato gli stessi musici, ospiti nel palazzo Giustiniani. I modelli si sono prestati per altri dipinti: Bacco,1596-97( Firenze,Uffizi), Il fanciullo col canestro di frutta, sopra esaminato.

 

Il suonatore di corno si suppone sia l’autoritratto di Caravaggio. Al trio musicale si unisce un quarto giovane che sembra eludersi da contesto: è curvato in avanti, in atto di prendere un grappolo d’uva. Alle spalle del giovane si intravedono le ali e al suo fianco la faretra:entrambi attributi di Cupido, la cui presenza motiva la destinazione amorosa del concerto. Di solito Cupido è raffigurato con l’arco in mano non con una manciata di acini.   Nell’Iconologia di Cesare Ripa, opera dedicata al Cardinale Del Monte, si legge che sia la musica sia il vino aiutano a sollevare lo spirito. Se osserviamo bene il dipinto,però, l’atmosfera che si respira non è affatto allegra, anzi si coglie un senso di spossatezza dai giovani corpi e un velo di malinconia dai loro sguardi umidi.

                                  

INFO: Pinacoteca di Brera - Via Brera, 28 Milano

 Orario:8,30- 19,15

Chiuso il lunedì

 Biglietto: 10 euro

Per informazioni e prenotazioni:

02 72263204

 

   

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