BENI CULTURALI E TURISMO | |||
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DARIO FRANCESCHINI MINISTRO INNOVATIVO
DEI BENI CULTURALI
"Franceschini ha ragione nel parlare di cultura come economia. Una
proposta corretta e innovativa" - afferma Pierfranco Bruni, responsabile
del Progetto etnie del Ministero dei Beni Culturali
di Miriam Katiaka
Beni culturali, educazione alla conoscenza del patrimonio delle culture
e scuola. Sono alcune delle coordinate attraverso le quali poter puntare
alla valorizzazione e alla promozione della cultura in Italia.
Su questi argomenti abbiamo discusso con lo scrittore Pierfranco Bruni
che è, tra l'altro, vicepresidente nazionale del Sindacato Libero
Scrittori e responsabile del Progetto etnie del Ministero dei Beni
culturali dove ricopre la carica anche di direttore - coordinatore
archeologo.
Temi ritornati sullo scenario del dibattito con il nuovo ministro Dario
Franceschini, del quale so che Pierfranco Bruni nutre stima sia sul
piano istituzionale sia su quello letterario.
Dottor Bruni, lei che vive da anni nel campo della cultura come modello
progettuale oltre che come scrittore ed ha rivestito cariche fortemente
istituzionali anche come vicepresidente della Provincia di Taranto con
deleghe ampie alle Culture e ai Beni culturali, come vede le proposte
del ministro Franceschini espresse in questi giorni?
Sono grato di queste sue sottolineature. I beni culturali non sono solo
tutela. È un vecchio concetto che in una società come la nostra
bisognerebbe riconsiderare. Il ministro Franceschini sta ponendo dei
problemi seri che riguardano tutta una strategie sulle culture intese in
modo non solo teorico, ma abbastanza dialettico sia all'interno della
stessa struttura ministeriale sia nel pianeta delle culture sommerse. Fa
benissimo.
Noi dobbiamo pensare al rapporto tra cultura del patrimonio e
conoscenza, tra formazione e educazione. I beni culturali sono economia.
Mi trova completamente concorde nel legare la fisionomia di un
territorio ai nuovi saperi in campo di economia avanzata. Non si può
trasmettere il valore di un bene culturale avendo come pensiero il solo
concetto di tutela.
I beni culturali sono turismo, perché la visione del turismo non è piú
quella romantica. Il ministro quando sottolinea in legame tra cultura e
pedagogia gioca una partita che sarà il mosaico dei prossimi anni.
Portare i beni culturali come modello di una strategia economica
significa far entrare la cultura italiana nei grandi circuiti
internazionali. È un fatto importante e su questo deve trovare le
massime disponibilità e collaborazioni perché. La Nazione é mutata
rispetto anche ad alcuni anni fa.
Franceschini potrà farcela a mettere in moto una macchina che punti
anche all'immagine?
E perché no?
Franceschini vive nella cultura e conosce bene la realtà e il legame tra
la tradizione dei beni culturali e le culture che vivono oggi in Europa.
È un modo rivoluzionario di leggere i beni culturali ma sarà vincente.
Ci saranno delle riflessioni in merito ma questo ministero bisogna
sdoganarlo dai concetti precostituiti della tutela prima di tutto.
Non voglio creare un vespaio, ma se non c'è non si dà un valore concreto
tutto diventa metafisico.
Franceschini ha visto bene il quadro della situazione.
Dietro tutto ciò c'è una nuova filosofia...
Sa, finora si è gestito il bene culturale in forma hegheliana e
storicista se non marxista anche sotto i governi di centrodestra, ed io
conosco bene quel periodo, perché non bisognava turbare il pensiero di
alcuni intellettuali. Franceschini, che comunista non è, credo che possa
fare buone cose. Insomma Kant, per restare nella visione filosofica,
potrebbe essere una guida in un pensiero anche giuridico della ragione
concreta. Il bene culturale resta un bene nella umanizzazione delle
civiltà, ma va considerato come strategia di sviluppo.
Bisognerebbe ripensare anche il rapporto con il mondo scolastico, ovvero
bisognerebbe rivitalizzare il rapporto tra educazione e beni
culturali...
Certo. Ma nella logica delle direttive di Franceschini, emerse
dall'intervista rilasciata ad un quotidiano nazionale, tutto ciò emerge.
Costituire una direzione generale che punti alla cultura come educazione
è un fatto altamente positivo. Non ci sono dubbi. Questo significa saper
guardare alla cultura con lo sguardo della cultura in un tempo che non
deve dimenticare il legame tra storia, eredità e nuovi modelli di
culture articolate. Il fatto è che bisogna puntare ai beni culturali con
la filosofia di un rapporto tra investimento, valorizzazione e
fruizione.
Dunque dalla Ragion pura a quella pratica. Con la scuola occorre creare
una metodologia integrata. I docenti facciano i docenti, comunque, e non
gli esperti di beni culturali.
La scuola ha una forte potenzialità nel processo di educazione e nelle
metodologie degli apprendimenti alla conoscenza della storia attraverso
i beni culturali. Una sinergia nuova che possa parlare di diritto alla
conoscenza e al dovere di rispettare le culture attraverso il concetti
di patrimonio culturale.
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