BENI CULTURALI E TURISMO

 

pubblicato il  30 MAGGIO 2014 -   Costume e società
DARIO FRANCESCHINI MINISTRO INNOVATIVO DEI BENI CULTURALI

"Franceschini ha ragione nel parlare di cultura come economia. Una proposta corretta e innovativa" - afferma Pierfranco Bruni, responsabile del Progetto etnie del Ministero dei Beni Culturali e Turismo

 

di Miriam Katiaka

 

Beni culturali, educazione alla conoscenza del patrimonio delle culture e scuola. Sono alcune delle coordinate attraverso le quali poter puntare alla valorizzazione e alla promozione della cultura in Italia.

Su questi argomenti abbiamo discusso con lo scrittore Pierfranco Bruni che è, tra l'altro,  vicepresidente nazionale del Sindacato Libero Scrittori e responsabile del Progetto etnie del Ministero dei Beni culturali dove ricopre la carica anche di direttore - coordinatore archeologo.

Temi ritornati sullo scenario del dibattito con il nuovo ministro Dario Franceschini, del quale so che Pierfranco Bruni nutre stima sia sul piano istituzionale sia su quello letterario.

 

Dottor Bruni, lei che vive da anni nel campo della cultura come modello progettuale oltre che come scrittore ed ha rivestito cariche fortemente istituzionali anche come vicepresidente della Provincia di Taranto con deleghe ampie alle Culture e ai  Beni culturali, come vede le proposte del ministro Franceschini espresse in questi giorni?

 

Sono grato di queste sue sottolineature. I beni culturali non sono solo tutela. È un vecchio concetto che in una società come la nostra bisognerebbe riconsiderare. Il ministro Franceschini sta ponendo dei problemi seri che riguardano tutta una strategie sulle culture intese in modo non solo teorico, ma abbastanza dialettico sia all'interno della stessa struttura ministeriale sia nel pianeta delle culture sommerse. Fa benissimo.

Noi dobbiamo pensare al rapporto tra cultura del patrimonio e conoscenza, tra formazione e educazione. I beni culturali sono economia. Mi trova completamente concorde nel legare la fisionomia di un territorio ai nuovi saperi in campo di economia avanzata. Non si può trasmettere il valore di un bene culturale avendo come pensiero il solo concetto di tutela.

I beni culturali sono turismo, perché la visione del turismo non è piú quella romantica. Il ministro quando sottolinea in legame tra cultura e pedagogia gioca una partita che sarà il mosaico dei prossimi anni.

Portare i beni culturali come modello di una strategia economica significa far entrare la cultura italiana nei grandi circuiti internazionali. È un fatto importante e su questo deve trovare le massime disponibilità e collaborazioni perché. La Nazione é mutata rispetto anche ad alcuni anni fa.

 

Franceschini potrà  farcela a mettere in moto una macchina che punti anche all'immagine?

 

E perché no?

Franceschini vive nella cultura e conosce bene la realtà e il legame tra la tradizione dei beni culturali e le culture che vivono oggi in Europa.

È un modo rivoluzionario di leggere i beni culturali ma sarà vincente.

Ci saranno delle riflessioni in merito ma questo ministero bisogna sdoganarlo dai concetti precostituiti della tutela prima di tutto.

Non voglio creare un vespaio, ma se non c'è non si dà un valore concreto tutto diventa metafisico.

Franceschini ha visto bene il quadro della situazione.

 

Dietro tutto ciò c'è una nuova filosofia...

 

Sa, finora si è gestito il bene culturale in forma hegheliana e storicista se non marxista anche sotto i governi di centrodestra, ed io conosco bene quel periodo, perché non bisognava turbare il pensiero di alcuni intellettuali. Franceschini, che comunista non è, credo che possa fare buone cose. Insomma Kant, per restare nella visione filosofica, potrebbe essere una guida in un pensiero anche giuridico della ragione concreta. Il bene culturale resta un bene nella umanizzazione delle civiltà, ma va considerato come strategia di sviluppo.

 

Bisognerebbe ripensare anche il rapporto con il mondo scolastico, ovvero bisognerebbe rivitalizzare il rapporto tra educazione e beni culturali...

 

Certo. Ma nella logica delle direttive di Franceschini, emerse dall'intervista rilasciata ad un quotidiano nazionale, tutto ciò emerge. Costituire una direzione generale che punti alla cultura come educazione è un fatto altamente positivo. Non ci sono dubbi. Questo significa saper guardare alla cultura con lo sguardo della cultura in un tempo che non deve dimenticare il legame tra storia, eredità e nuovi modelli di culture articolate. Il fatto è che bisogna puntare ai beni culturali con la filosofia di un rapporto tra investimento, valorizzazione e fruizione.

Dunque dalla Ragion pura a quella pratica. Con la scuola occorre creare una metodologia integrata. I docenti facciano i docenti, comunque, e non gli esperti di beni culturali.

La scuola ha una forte potenzialità nel processo di educazione e nelle metodologie degli apprendimenti alla conoscenza della storia attraverso i beni culturali. Una sinergia nuova che possa parlare di diritto alla conoscenza e al dovere di rispettare le culture attraverso il concetti di patrimonio culturale.


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