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CAVALLERIZZO, PAESE ARBERESHE |
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"Il Fallimento di una delocalizzazione: l'abitato arbëreshë di
Cavallerizzo”
(Comune di Cerzeto, Calabria, Italy)
“The failure of Relocation: the arbëreshë village of Cavallerizzo
(City of Cerzeto, Calabria, Italy)
Atanasio Pizzi
Architect and editor of the site “Sheshi i Pasionatith”
Fabio Ietto
Geologyresearcher UNICAL, DiBEST
Antonio Madotto
Secretary of the “Cavallerizzo Vive-Kajverici Rron” organization
- Sommario
Cavallerizzo is a village of arbëreshë minority in the Province of
Cosenza, established by the Sanseverino prince of Bisignano in the
early XVI century by Albanian refugees who settled in the local
mountains. The village is situated close to “San Fili-San Marco
Argentano, which extends over fifty kilometers. In 2005 a landslide
affected the southern outskirts of recent expansion of the village;
the historic center was not affected by the landslide; however the
entire village was declared unfit and abandoned along with its
arbëreshë heritage. The project aims to create a living museum of
typical activities of the Albanian minority, and restore its Balkan,
Spanish and French architectural influences and urban planning,
moreover add a geological survey for the western edge of the Valley
of Crati.
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Cenni storici
L’abitato di Cavallerizzo è una frazione del
comune di Cerzeto, fa parte dei centri arbëri della provincia
cosentina (Calabria Italia Meridionale) ubicato tra le colline del
Monte Mula che scendono a Est verso il fiume Crati (Fig.1). Il suo
nome deriva da un cavallerizzo dei principi Sanseverino noto come
San Giorgio di San Marco.
I territori sui quali si ubica il borgo, sono menzionati già dal
1065, con la loro donazione all’Abazia di La Matina. Nel 1462 furono
acquistati da Luca Sanseverino primo Principe di Bisignano.
Questi mise in atto nella provincia fiorenti attività tali da far
acquisire ai suoi possedimenti l’appellativo di
granaio
regio. L’indotto
produttivo ben presto subì, purtroppo, gli effetti della carestia,
della peste e dei terremoti che videro come scenario la Calabria di
allora. I successori di Luca, Girolamo, Bernardino e Pietro Antonio
per cercare di dare linfa economica ai loro territori accolsero
nuove e operose genti di origine albanese. I quali dopo un iniziale
”nomadismo”che si dilungò sino alla metà del XVI secolo,
s’insediarono definitivamente in casali disabitati, nei pressi di
chiese o conventi. In seguito trascritti gli atti di sottomissione
con le autorità locali agli esuli, fu concesso il diritto di
edificare manufatti in muratura oltre ad avere i privilegi di
trasferire alle discendenze quanto a loro disposizione. Ebbero così
inizio quelli che oggi si riconoscono come
agglomerati urbani diffusi
arbëreshë, contenitori fisici di usi, costumi, consuetudini e
religione che si tramandano oralmente da oltre cinque secoli. Dopo
una parentesi di confronto e scontro etnico/religioso con le
istituzioni locali, queste si attenuarono con l’istituzione del
Collegio Corsini nel 1732. L’istituto eretto per formare clericali e
laici, ha consentito in seno alla minoranza, che si formassero
uomini di cultura in campo religioso, giuridico, letterario e
scientifico, che divennero riferimento nelle regioni e nella
capitale partenopea.
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Analisi dei sistemi urbani albanofoni
Gli agglomerati diffusi arbëreshë nascono secondo
regie disposizioni e grazie al modello di famiglia allargata,
secondo quanto disposto nel Kanun. I quartieri di Cavallerizzo,
Katundì, Moticèlleth,
Sheshi, Brègù e Nxertath (Fig.2), rappresentano il percorso
evolutivo che il borgo ha seguito per restituirci l’attuale assetto
planimetrico. Il processo di trasformazione dell’ambiente naturale
in quello costruito è avvenuto secondo i parametri morfologici,
floristici, orografici e climatici; fondamentali per gli esuli,
giacché simili a quelli della terra d’origine. È in queste macro
aree che le costanti dei sistemi urbani: il recinto, la casa e il
giardino, hanno trovato l’ambiente ideale per restituire gli ambiti
odierni; il recinto delimita il territorio, ove la
famiglia allargata
aveva il controllo assoluto; la casa, anch’essa circoscritta dal
cortile era costituita da un unico ambiente in cui conservare le
poche suppellettili e alimenti; il giardino è luogo della prima
spogliatura, dimora dell’orto stagionale. Nel periodo che va dal XV
al XX secolo, gli esuli lentamente hanno riposto il modello
familiare allargato per quello urbano e poi, in tempi più recenti
vive quello della multimedialità. Quando la famiglia allargata
inizia ad assumere la conformazione urbana si da inizio alla
realizzazione dei primi isolati (manxane),
secondo schemi articolati o lineari. Inoltre lo sviluppo degli
agglomerati tendenzialmente accoglie le direttive dell’urbanistica
greca che allocava gli accessi degli abituri sulle strette vie
secondarie, ruhat.
La gjitonia, (dove vedo e
dove sento), sin dal XVI secolo ha resistito alla modernità
diventando il luogo della ricerca dell’antico legame indispensabile
per la consuetudine arbëreshë (Fig.4),. La Gjitonia ha origine dal
tepore del focolare, si espande con cerchi concentrici, nella
piazzetta sheshi e
si estende lungo le ruhat,
sino a giungere negli angoli più reconditi dei territori comunali e
non solo. La gjitonia si avverte, si respira, si assapora, si vede,
si tocca, senza mai poter essere tracciata. Gli agglomerati
Albanofoni rappresentano il cardine che lega lingue, religioni e
storie dissimili, in grado di produrre il modello d’integrazione più
riuscito del mediterraneo. Il piccolo abituro,
shpia, in origine
realizzato con rami intrecciati poi con blocchi di terra mista a
fango e paglia, (Fig.2), in seguito, è stato ottimizzato attraverso
l’utilizzo di materiali autoctoni più idonei come: pietre, calce e
arena. Dopo il terremoto del 1783 e la conseguente realizzazione
della Giunta di Cassa Sacra, gli stessi ambiti urbani minoritari
ebbero un nuovo sviluppo architettonico e gli agglomerati inizarono
a svilupparsi verticalmente. Gli ambiti urbani calabresi assunsero
una nuova veste distributiva che allocava i magazzini e le stalle al
piano terra mentre le abitazioni erano al primo livello. I
successivi frazionamenti, richiesero l’uso delle scale esterne,
profferlo, in
quanto, non tutti avevano la possibilità di costruire nuove
abitazioni, modificando radicalmente in questo modo le prospettive
all’interno dei borghi. Il ciclo di crescita si arricchisce
ulteriormente dopo il decennio francese, con la costruzione dei
nuovi palazzotti nobiliari, espressione di una classe sociale
emergente. Ciò avviene solo per le classi più elevate perché quelle
meno abbienti continuano a occupare i vecchi abituri e quella media
esterna la nuova posizione sociale, imitando frammenti dei palazzi
post napoleonici.
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Inquadramento geografico e geologico
L’abitato di Cavallerizzo ricade lungo il margine
occidentale del graben del Crati, delimitato da allineamenti
tettonici normali orientati N-S., a cui appartiene la faglia San
Fili-San Marco Argentano, che si sviluppa per oltre 50km, (IOVINE et
al. 2006),su cui sono depositati diversi abitati e la stessa
Cavallerizzo. Alla faglia è attribuito il sollevamento del complesso
cristallino-metamorfico, caratterizzante l’intera Catena Costiera
Calabrese, rispetto ai depositi tortoniano-quaternari di riempimento
del bacino del Crati. I versanti a maggiore acclività, sono
costituiti da terreni metamorfici con una buona circolazione idrica
sotterranea. Tali litologie, soprattutto in prossimità del sistema
tettonico orientato N-S, si presentano molto alterate con fenomeni
di argillificazione diffusa e alterazione superficiale (IETTO 2010).
La porzione verso valle è invece caratterizzata da depositi
neogenici argillosi del bacino del Crati, caratterizzati da bassa
permeabilità. La zona di contatto tettonico tra il complesso
cristallino metamorfico a monte e i depositi impermeabili a valle,
costituisce una zona di accumulo idrico e sorgivo. La morfologia, la
litostratigrafia e il carattere idrogeologico della porzione di
versante attorno a Cavallerizzo rappresentano, quindi, condizioni di
chiara predisposizione a fenomeni franosi, prevalenti tra le isoipse
600 e 400m. La maggiore potenzialità al dissesto s’innesca
soprattutto per le coperture detritiche eluviali, date le scadenti
caratteristiche meccaniche e la frequente degradazione verso termini
argilloso-plastici. La condizione si concentra alla periferia
meridionale dell’abitato di Cavallerizzo, rimasta scarsamente
edificata fino al 1970. La porzione settentrionale dell’abitato
poggia, invece, su terreni più resistenti e non presenta evidenti
fenomeni di scivolamento. Va in oltre rilevato che uguale assetto
geomorfologico si ripete per tutti i centri abitati allineati lungo
il medesimo asse tettonico S.Fili-S.Marco Argentano.
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La frana e le conoscenze storiche
La notte del 7 marzo 2005 una frana lungo il
margine meridionale dell’abitato (Fig.3), coinvolse il quartiere di
recente espansione denominato
Nxerta, costruito
su una copertura detritica eluviale già interessata da fenomeni
gravitativi già dal XVII secolo, come riportato nei relativi archivi
storici, in cartografie del 1903 e nella carta geologica del
1960(IETTO 2010). La condizione d’instabilità del versante fu
segnalata da IETTO (1978), a seguito della messa in opera della
condotta idrica Abatemarco, interrata nello stesso versante; nonché
da (GUERRICCHIO1998) per la verifica di un fabbricato lesionato.
Entrambe le relazioni suggerivano possibili soluzioni d’intervento
per la messa in sicurezza del versante, dei pochi edifici allora
presenti e della condotta idrica soggetta a ripetuti disservizi.
Interventi mai realizzati, né presi in considerazione durante il
successivo sviluppo edilizio. A seguito dei fenomeni gravitativi,
nella porzione meridionale dell’abitato di Cavallerizzo, furono
condotte dal Comune due campagne d’indagine geognostica nel 1982 e
nel 1998-99, a fronte di ciò l’istituto CNR-IRPI di Cosenza attivò
un sistema di monitoraggio dell’area in frana. Il collasso del 2005
ebbe ad attivarsi dopo un periodo di elevate precipitazioni
atmosferiche, come richiamato nella rete di monitoraggio CNR-IRPI,
che provocarono condizioni di saturazione idrica del versante. Il
cinematismo della frana fu di tipo rotazionale nella porzione alta
per poi attivarsi in colata, interessando un’area già ampiamente
instabile e posta in crisi dalla speculazione edilizia dal 1980.
Elevata danni furono riscontrati solo nel quartiere periferico
denominato Nxertath,
interessando solo l’11,5% del costruito totale; mentre nessun danno
si rinviene nella restante parte dell’abitato, intatto a tutt’oggi.
Dal 2005, non risultano altri evidenti movimenti che interessi il
centro storico e nessuna evoluzione è stata riscontrata nell’area
frana. L’assenza di scivolamenti in atto fu riscontrata anche nel
2009, quando le precipitazioni atmosferiche invernali fecero
registrare un valore cumulato maggiore rispetto a quello del 2005
(IETTO 2010). Pertanto non è da escludere che all’anomalo incremento
piezometrico, riconosciuto come causa di attivazione della frana
(RIZZO, 2005a; 2005b), abbia concorso la condotta idrica Abatemarco,
prontamente deviata all’indomani dell’evento. A tutt’oggi in assenza
di interventi, per la mitigazione delle condizioni di rischio, resta
elevata la possibilità di coinvolgimento delle aree urbane
limitrofe. Pertanto il dato inconfutabile risulta che, per aver
frettolosamente valutato gli ambiti di frana, si è intrapreso un
percorso storicamente fallimentare.
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La delocalizzazione dell’abitato di Cavallerizzo
A seguito della frana del 2005 fu interdetto l’accesso all’intero
centro urbano di Cavallerizzo, ordinanza ancora tutt’oggi in vigore
e i cui motivi furono ufficialmente resi noti solamente nell’ottobre
del 2009. Le su dette motivazioni, basate solo su un rilevamento
geomorfologico di superficie, indicherebbero l’esistenza di una
paleofrana coinvolgente l’intero abitato, integrato con indagini
geognostiche eseguite negli anni novanta del secolo scorso (quindi
prima dell’evento 2005), oltre ad uno studio di telerilevamento
satellitare che indicherebbe una traslazione dell’abitato di circa 1
cm/anno. Tale movimento risulterebbe comunque diffuso lungo tutti i
centri abitati, ubicati a Nord e a Sud di Cavallerizzo, con velocità
di scivolamento variabili da 2 a oltre 6mm/anno, desumendo però una
condizione di elevato rischio frana, in condizioni sismoindotte, per
il solo borgo di Cavallerizzo. È opportuno rilevare che le
condizioni di rischio potenziale, per frane sismoindotte, sono
estendibili comunque a gran parte della Calabria Nord occidentale,
compreso il nuovo insediamento per la delocalizzazione in località
Pianette. Va inoltre rilevato che dopo la prima conferenza di
servizi, tra maggio e giugno del 2006, si diede avvio alla fase di
sottoscrizione degli atti cui la popolazione era obbligata a cedere
la vecchia abitazione, sottoponendo a questo iter anche coloro che
innanzi a questi atti non si sono mai presentati a sottoscriverli.
Nel 2007 fu quindi definito il progetto esecutivo di ricostruzione e
nel corso del 2008 illustrato lo stesso alla popolazione. Il 7 Marzo
de 2008 fu deposta la prima pietra di quello che sarebbe dovuto
essere un paese arbëreshë con le
gjitonie.
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Il Non Progetto
Quando gli organi decisionali, sancirono che era
indispensabile garantire l’incolumità fisica unitamente alla tutela
storica di Cavallerizzo, per la redazione e messa in atto del
progetto, non fu indicato come prioritario la figura dello storico o
dell’esperto d’ambito in grado di rispondere sulla secolare
tradizione arbëreshë, ma in maniera molto discutibile si è dato
avvio al progetto ritenendo che i minoritari arbëreshë si potessero
paragonare a una qualsiasi popolazione dispersa negli ambiti del
mediterraneo innescando scelte progettuali tali da scambiare la
Gjitonia con i
Quartieri e
modificando radicalmente il rapporto tra costruito e non costruito
(fig.4). Così anche per i sistemi viari,che nel progetto vengono
riportati come aree mercatali. Questi esempi, assieme ad altri
secondari, per questo non meno rilevanti, confermano quanto sia
stato sottovalutato il modello arbëreshë. Un’analisi di quanto
messo a dimora in località
Pianette, indicherebbe un uso improprio di studi prodotto in
ambiti mediterranei, poiché si sono paragonate le dinamiche
urbanistiche e architettoniche dei paesi arbëreshë verosimilmente a
quelli prossimi o nei dintorni dall’equatore, realizzando nella
valle del Crati scenari in cui è difficile riversare i riti e la
consuetudine dei minoritari.
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Cavallerizzo Vive
A Cavallerizzo, il 28/07/2007, un gruppo di
abitanti fondò l’associazione “Cavallerizzo
Vive-Kajverici Rron”. Nel 2008 tale associazione presentò un
ricorso al T A R Lazio. La censura in merito all’opposizione del
trasferimento dal borgo storico fu respinta perché tardiva; mentre
quelle basate sull’opposizione di de-localizzare l’abitato è stato
accolto. Il 3/3/2010 il T A R del Lazio annullò il verbale della
conferenza di servizi del 31/07/2007 approvante il progetto
definitivo del nuovo paese per l'omessa attuazione della V I A e
precisò che, la ricostruzione di un centro abitato rappresenta
un’urgenza ma non rientra nelle condizioni di stato di emergenza,
non sussistendo le condizioni di pericolosità in atto e quindi in
grado di minacciare l’incolumità di beni e/o persone. La Protezione
Civile, Prefettura di Cosenza e Comune di Cerzeto proposero appello
che l'11/12/2013 il Consiglio di Stato respinse, riconfermando di
fatto la sentenza già emessa dal T A R Lazio. Il Comune di Cerzeto,
a seguito di ciò, invece di prendere atto del danno subito nel corso
di un decennio, ostinatamente, presentò richiesta di annullamento
della sentenza emessa nel 2013 che lo stesso Consiglio di Stato, in
data 14 maggio 2014, dichiarò in via definitiva, abusiva. Di contro,
l’abitato storico di Cavallerizzo, con i suoi oltre 550 anni di
vita, ha sempre vissuto con fenomeni d’instabilità e dal 2005 ha
dovuto rispondere in maniera autonoma anche a processi vandalici che
si sono attivati in seguito all’incuria e all’abbandono. Oggi i
risultati scaturiti da quest’affrettata operazione si possono
elencare rispettivamente in: un nuovo insediamento abusivo, il
vecchio paese dichiarato inagibile a seguito dell’ ordinanza
comunale e la scissione della comunità di Cavallerizzo in due
fazioni, che non sanno neanche dove festeggiare il santo protettore
San. Giorgio.Tutto ciò sancisce il fallimento dell’intera gestione,
attuata privando i residenti di ogni baluardo decisionale,
producendo alla comunità frammentata e disadattata, successive
distorsioni sociali, espressione del legame materiale e immateriale
smarrito.
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Conclusioni e Progetto
Alla luce di quanto emerso è palese la necessità
di tutelare il centro storico di Cavallerizzo, perché la rara
consuetudine minoritaria, inghisata in quegli ambiti, attende
l’idoneo restauro che la collochi con rispetto nello scenario
sociale, culturale e scientifico calabrese cosi come intergrato
prima dell’evento franoso. L’abitato di Cavallerizzo nasce perché è
il risultato dell’azione di una civiltà cui è parte indissolubile
perché non il frutto dell’azione costruttiva di un singolo ma
cerniera di culture e perciò va salvaguardato. Dopo gli avvenimenti
succedutisi a circa dieci anni dall’evento franoso, alla luce delle
sentenze, si dovrebbe giungere a un ragionevole esame e consentire
la messa in sicurezza degli ambiti di frana. Il centro storico,
attraverso opportuni interventi deve far rivivere il patrimonio
storico costruito in 550 anni di vita arbëreshe. Il recupero
dell’agglomerato deve avere come fine prioritario la ricollocazione
della minoranza storica che va condivisa non solo con l’associazione
Cavallerizzo Vive, ma da tutta la regione arbëreshë. Un progetto che
ha come indicatore la storia albanofona, intrisa nelle ostinate
murature che continuano a riverberare una lingua antichissima;
innestando le consuetudini agro, silvicole e pastorali tipiche degli
arbëreshë, in solida convivenza con il territorio comunale. Va
realizzata attraverso una convenzione con il Comune di Cerzeto,
l’UNICAL, la Provincia di Cosenza, la Regione Calabria e il CNR un
centro multidisciplinare e controllo delle problematiche geologiche
e geomorfologiche caratterizzanti l'intero versante che perimetra il
bordo occidentale di valle Crati. Tutto ciò mira a rendere l’abitato
in linea con il progetto di restauro e recupero funzionale, previo
abbattimento di tutte le barriere architettoniche e di ogni tipo di
superfetazione fuori dalle regole storiche dei quartieri
Katundì, Moticèlleth,
Sheshi e Brègù. Un esempio di valorizzazione attuato
attraverso studi, ricerche d’archivio storicamente comprovate e
supportate dall’ausilio di tecnologia per rendere Cavallerizzo un
esempio per la regione
storica arbëreshë. L’auspicio è quello di vedere protagonisti
i fratelli della comunità di Cerzeto riappropriarsi di Cavallerizzo
e renderla parte attiva della
Regione Storica Arbëreshë.
-References: Aldo Di Biasio. 2004
“Politica e
Amministrazione del territorio nel Mezzogiorno d’Italia tra
Settecento e Ottocento”; Edizioni Scientifiche Italiane; P. Dodaj 1941
“Il Kanun le basi morarli
e giuridiche della società albanese” Besa; G. E. Rubino. 2008“Architetture
e Città Antologia Meridionale: Calabria e Campania”; G.
Edizioni; A. Gonzalès R. 2005“Exstremadura
Popular Casas y Pueblos”; coleccion arte/arqueologia; Italo S. 2010
“Insediamenti Albanesi
Nella Valle del Crati Volume Primo”; Nuova Santelli; F. Arturo 1992“Patrimonio
architettonico dell’ateneo Federiciano”; Arti Tipigrafiche
editrice; I. Mazziotti. 2004
“Immigrazioni Albanesi in
Calabria nel XV secolo”; Edizioni il Coscile; B. Capasso 1905“Napoli
Greco Romana”; Arturo Berisio; P. DeLeo 1988 “Minoranze
etniche in Calabria e in Basilicata” Di Mauro Editore A. Pizzi 2003 “ Sheshi i Pasionatith” F. Altimari 1686
“Le minoranze linguistiche
albanesi in Italia Profili Storico - letterali”; E.T.S.;
V. Giura 1983 “Per la
storia degli albanesi d’italia”; –
“Per la politica di tutela
delle minoranze”; M. Mandalà 2007 “Mondus
Vult decipi – i miti della storiografia arbëreshë”; Palermo:
A. C. Mirror A. Guerricchio 1998
“relazione geologica
preliminare sulle indagini geognostiche da effettuare nell’area di
pertinenza di un fabbricato IACP lesionato”; Comune di
Cerzeto; Ietto A.1978
“Il fenomeno franoso
presso Cavallerizzo di Cerzeto - Analisi e schemi d’intervento”;Relaz.
Geologico-tecnica; ufficio acquedotti Casmez Calabria; Ietto F. 2010-Cavallerizzo
di Cerzeto (CS):la probabilità di frana e la distruzione di un
luogo.
Iovine G., Petrucci O., Rizzo V., Tansi C., 2006
“The march 7 2005
Cavallerizzo (Cerzeto) landslide in Calabria Southern Italy”.AttiConveg.
Intern.
IAEG 2006, Nottingham United Kingdom (IAEG paper number 785), Geol.
Soc. London; Lucarelli F. & Forte E. 1992
“Diritto all’ambiente e procedure d’impatto”, Editore Idelson,
Napoli; Pinna B. 1999
“La forma dell’oggetto
architettonico e artistico” in “Conoscenza ed educazione
all’ambiente” di G. Nuvoli, Editore Angeli F.; p.p. 65-102; Rizzo V. 2005a “Relazione
del sopralluogo sul dissesto idrogeologico nel Comune di Cerzeto
(Località Cavallerizzo)”- 1° Relazione del 25/03/2005,
incarico del Dip. Prot. Civile, protocollo n° DPC/PRE/0013944 Rizzo V. 2005b “Relazione del sopralluogo sul dissesto idrogeologico nel Comune di Cerzeto (Località Cavallerizzo)”-2° Relazione del 20/04/2005, incarico del Dip. Prot. Civile, protocollo n° DPC/PRE/0013944.
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